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Quale libertà di stampa per l’Africa?

Creato il 12 febbraio 2013 da Afrofocus

Quale libertà di stampa per l’Africa?La settimana scorsa è stato pubblicato il rapporto globale per il 2012 di Reporters Sans Frontières, organizzazione non governativa francese che monitora la libertà di stampa nel mondo. La relazione annuale enumera – in ordine dal primo all’ultimo –  tutti i paesi del mondo e giudica il grado di libertà che giornalisti, agenzie d’informazione e cittadini godono in ognuno di essi, così come gli sforzi compiuti dalle autorità locali per garantire il rispetto di tali libertà.

Leggendo il rapporto basta poco per accorgersi che l’Africa ha una fedina tutt’altro che immacolata quanto a libertà di stampa. Tiranni di varia fatta hanno spesso tenuto ben controllata la circolazione delle notizie, facendo del continente un’area poco prolifica per lo sviluppo di una stampa indipendente.

Nel World Press Freedom Index, per il sesto anno consecutivo, l’Eritrea è in fondo alla classifica dei paesi dove è calpestata la libertà di stampa. La più giovane nazione africana (ha ottenuto l’indipendenza solo nel 1993) conta più di 30 giornalisti detenuti nelle patrie galere, mentre degli undici incarcerati dal 2001, sette sono morti in seguito alle condizioni di prigionia o si sono suicidati. Dall’abolizione dei media indipendenti oltre dieci anni fa, nel paese del Corno d’Africa non ci sono più mezzi di informazione indipendenti, a parte quelli esterni. Un chiaro segnale che il cammino verso la democrazia è ancora molto lungo.

La Somalia (175esima), dopo la Siria, è il paese al mondo più pericoloso per la vita degli operatori dell’informazione, con 18 morti nello scorso anno. E a peggiorare la situazione del Corno d’Africa, la regione dove si restringono maggiormente gli spazi di libertà di espressione nel mondo, c’è anche Gibuti (167esima) che scende di otto posizioni rispetto alla graduatoria del 2012. Il piccolo paese agricolo sul golfo di Aden registra una situazione analoga all’Eritrea, priva di media indipendenti, e da tempo tiene in stato di arresto un corrispondente del sito di informazione “La voce di Gibuti”, con sede all’estero. Infine, l’Etiopia perde dieci posizioni e si piazza al 137° posto, per la detenzione di numerosi giornalisti locali.

Ma è in generale quasi tutta l’Africa a posizionarsi nei bassifondi del rapporto di Reporters sans frontières (Rsf). Più della metà, 30 per la precisione, dei paesi del continente si colloca oltre la centesima posizione nel periodo preso in considerazione (1 dicembre 2011- 30 novembre 2012).

C’è pure da segnalare che le più rilevanti ascese e discese sono state riportate da Stati africani. I risultati sono incredibilmente migliorati per il Malawi, che registra il miglior balzo in avanti della classifica di quest’anno da 146esima a 75esima. Notevolmente migliorata la situazione anche in Costa d’Avorio, passata da 159esima a 96esima, che nell’edizione precedente era crollata a causa della crisi post-elettorale, l’omicidio di un giornalista e quello di un altro lavoratore dell’informazione, oltre che a causa degli scontri ad Abidjan ad aprile del 2011. Anche la Liberia sale di 13 posizioni piazzandosi 97esima, grazie alla decisione del presidente Ellen Johnson Sirleaf di firmare la Dichiarazione di Table Mountain, un documento a favore della libertà di stampa in Africa, sottoscritto nel 2007 a Città del Capo da oltre 1.600 editori, direttori e giornalisti di 105 paesi.

Registrano, invece, le peggiori performance, rispetto allo scorso anno, il Mali, sprofondato dalla 25esima posizione alla 99esima posizione a seguito dei tumulti popolari che hanno attraversato il paese, il colpo di stato militare a Bamako e la guerriglia degli islamisti e dei separatisti tuareg nel nord del paese. Inoltre, molte stazioni radio locali hanno sospeso le trasmissioni, mentre nella capitale numerosi giornalisti sono stati vittime di aggressione. Tutto questo, prima dell’intervento militare a guida francese, del mese scorso. L’altra nazione che crolla nelle classifiche è la Tanzania, che indietreggia di 30 posizioni (dalla 34esima alla 70esima) a seguito dell’uccisione di due giornalisti, nel giro di quattro mesi.

Ad alleggerire il fardello del continente, sono sei paesi africani che figurano nei primi 50 proposti dalla classifica di Rsf. Il primo è la Namibia al 19° posto, il secondo è Capo Verde al 25°, Ghana al 30°, Botswana al 40°, Niger al 43° e Burkina Faso al 46°.

Tra gli ultimi paesi elencati, c’è da rilevare che in Ghana e in Botswana è attiva una forte rete di blogger. In linea di massima, il settore dell’informazione è in crescita in tutto il continente e dove non c’è un sistema dittatoriale si stanno formando buoni spunti per un dibattito costruttivo. Ovviamente, per ragioni culturali, spesso il modo di interpretare il giornalismo di questi paesi è diverso dal nostro.

Avere quotidiani, leggere, confrontarsi è una vera conquista per le popolazioni africane. Sarebbe dunque un ottimo investimento puntare sull’editoria locale. Gli imprenditori dovrebbero studiare i dati della Federazione internazionale giornalisti sul rapporto tra numero di media africani e lettori interessati, capirebbero quante opportunità ci sono.

Ed il discorso fatto qui per il giornalismo potrebbe essere esteso anche in altri campi, come ad esempio, il cinema. In Africa, come si può facilmente immaginare, soldi per fare cinema non ci sono, eppure ci sono tantissimi festival locali che raccolgono ogni anno un ingente numero di film, prodotti a bassissimo prezzo e senza aspettare chissà quali interventi.



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