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Il destino del “fu” Popolo della Libertà, e in generale dell’intero centrodestra italiano, è appeso ad un filo di lana. Lo stesso flebile filo a cui è appeso il destino del suo leader maximo. Non poteva essere diversamente: Berlusconi è stato per vent’anni al centrodestra così come il centrodestra è stato per vent’anni al suo fondatore. Forza Italia prima, il Pdl poi, e Forza Italia di nuovo, non sono state e non sono che semplici sigle, bandiere, feticci nati da una costola del Cavaliere e destinati a sopperire con lui. L’intuizione del cosiddetto “partito di plastica”,improntato ad una gestione manageriale ed imprenditoriale, che Berlusconi ebbe alla sua discesa in campo, ha sicuramente funzionato, e forse, vista l’imprevedibilità della politica italiana, funzionerà ancora. Di fronte al disfacimento di un sistema politico giudicato corrotto, mafioso e scialacquatore, il Cavaliere nell’ormai lontano ’94 ebbe un’intuizione sicuramente geniale e affascinante: utilizzare soltanto e al meglio le proprie indubbie capacità personali e patrimoniali. Abbandonare cioè l’antica impostazione del partito-struttura, con mille congressi , mille correnti, mille burocrati e mille sigle (basti pensare alla Democrazia Cristiana), e puntare tutto sul modello dell’uomo solo al comando, che ci mette la faccia, si assume le responsabilità del caso e ne risponde direttamente. Forte dell’essere riuscito come imprenditore, e con notevole grado di sex appeal, Berlusconi ha mietuto molteplici trionfi elettorali ed è diventato il protagonista dell’intera scena politica italiana. Se da un lato, questa identificazione della compagine moderata con il suo leader, o meglio proprietario, è stata la carta vincente del centro destra italiano (almeno elettoralmente); dall’altro, è sicuramente la sua rovina. Il Pdl, ora di nuovo FI, non sopravvivrà oltre il suo leader. Tanto che la crisi attuale del centrodestra italiano non dipende ad esempio da un’alleanza a freddo con lo storico avversario o a motivazioni interne e strategiche, ma coincide con quella del suo leader, sempre più prossimo all’abbandono forzato della politica attiva. Si danneggia Berlusconi e si danneggia irreparabilmente tutto il suo partito Allo stesso tempo i dirigenti forzisti non possono prendere le distanze dal proprio leader, non possono cioè impegnarsi a garantire la sopravvivenza e il rinnovamento del proprio partito perché incorrerebbero nel reato di lesa maestà, tradirebbero chi effettivamente gli ha garantito, tanto generosamente, un seggio parlamentare e una, se no insperata, carriera politica. Il centrodestra berlusconiano più che un partito è una famiglia, un clan fortemente patriarcale. D’altro canto, chi sarebbe in grado di prendere il posto del Cavaliere. Nessuno. Perché il requisito della fedeltà molte volte è inconciliabile con la capacità. Di un partito padronale fa parte solo chi è reverente nei confronti del capo; chi potrebbe diventarne concorrente ne rimane escluso, perché pericoloso. L’unica parziale,ma coerente soluzione,anche se improbabile, sarebbe quella dinastica. D’altronde Marina Berlusconi è già alla guida delle aziende di famiglia. Sicuramente il problema del partito di plastica non si risolverebbe, ma in qualche modo gli sarebbe garantita sopravvivenza. Altrimenti il tempo e la storia faranno inevitabilmente la loro parte, segnando il destino anche del Popolo della Libertà.