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Quando arriverà il giorno

Creato il 25 giugno 2012 da Cultura Salentina

di Lele Mastroleo

Quando arriverà il giorno

© Pasquale Urso

…quando arriverà il giorno

in cui la Bellezza

verrà a gridarti il disprezzo

ed i nani di Velasquez

ti salteranno al collo

per sgozzare la Fantasia,

per darti l’ultimo pasto

da condannato a vivere,

allora e solo allora,

potrai battere le ali,

e giocare finalmente

quel fante di picche

che nascondevi malamente

in ogni tuo taschino,

ed io ti inviterò a ballare

un’altra volta sulla riva dell’Idro

o nella grotta dei Cervi,

a fare notte e a far mattino,

con la malvasia delle piante rizze

e quella del levatico rissoso.

a sentire scoccare le ore

dalla torre campanaria,

a salutare le nuvole di oriente

o la luna ballerina

che stranita come sempre,

aspetta il tuo sorriso bambino,

prima di infilarti il suo coltello rosso

dritto in fondo alla gola,

per spingere le braccia più in alto

sino a rubarti la tua unica mela,

ad uccidere ogni tua meta.

quando arriverà il silenzio

sulle tue labbra

e la Fortuna avrà comprato

un cavallo nuovo,

alla frontiera dei tuoi pensieri,

allora ti prenderà le vesti

che coprono le parole,

e porterà con sè il vento di aprile

che ti ha visto nascere

e che ha visto le rose

coprire la pinnaccia

del tuo destino alla fonda.

a cercare la rondine

dei tuoi racconti,

che ti faccia sentire

il profumo mai usato

di una carezza nuova.

quando arriverà

quello sfiorarsi le mani

con altre mani

le braccia con altre braccia,

quel tuo tenere

il diario della gioia

a portata di mano,

per inciderne i caratteri

di sangue vivo e calce bianca,

con tutto l’incanto

della terra del rimpianto

e della leuca pianura

riarsa dal rimorso,

quando arriverà

la controra sugli stazzi,

nelle chiese dei santi gravidi

e nelle viuzze di catrame

che portano alla banchisa,

quando il giorno

si mescolerà al sonno dei bimbi

alle nere nostre donne

con lo scialle firmato dai briganti,

sarai crocefisso,

al palo della cuccagna.

e quando noi tutti qui,

non avremo più il sale,

per fermare le piaghe,

e nel nostro cielo borbonico

non voleranno più i gabbiani,

che portano il salmastro

e lo scapece marinato,

e la fatica di spostare la collina

sin dietro al sole

non servirà più a niente,

io sarò in giro a vendere il rumore.

Io sarò in giro a vendere il rumore,

quello strillo disilluso della mia vita,

quel:”Lele,chiudi la finestra.e serra l’uscio.

tanto la Poesia non verrà più”,

che urlava mio padre…


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