“Quando c’era la luna” è il romanzo d’esordio, scritto a quattro mani, di Roberta Ambrogio e Sara Stroppa. Anche questo è un altro di quei libri che ho accettato di recensire e che poi è rimasto a sedimentare sul fondo della mia TBR. Me ne dispiace molto, ma a volte la vita vera ci si mette di mezzo. Bruxelles, gli esami più tosti, la laurea, mi hanno portato a rimandare più volte la lettura. Tra l’altro ho iniziato il libro diverse volte, abbandonandolo dopo una ventina di pagine quando quello che considero il prologo non era ancora finito. La storia non mi è piaciuta come avrei voluto, la lentezza e i troppi dettagli, mi hanno reso la lettura difficoltosa e nel complesso non sono riuscita ad apprezzarla anche perché ho odiato quasi tutti i personaggi.
Un venerdì sera come tanti al Moonriver, un nuovo pub aperto al centro di Roma, Virginia e Chiara conoscono Marco, Andrea e Luca. Siamo a Marzo del 2007 e diversi sono i motivi che li hanno portati tutti quanti lì, così come ognuno di loro, in fondo, ha una storia diversa dall’altro. Tra amori dirompenti, delusioni, arte e sogni, nel corso degli anni le loro vicende si intrecceranno, per renderli più forti e scoprire che la vita riserva sempre tante sorprese, anche quando niente sembra facile. Il tutto, sotto la compagnia costante e silenziosa della luna.
Credo che il problema di fondo sia la lunghezza del libro, tutto sommato questa è una storia d’amore, una romance, che si intreccia all’amicizia tra le due protagoniste femminili e anche se l’arco narrativo si dispiega in quattro anni, non è necessario descrivere ogni particolare della vita dei vari protagonisti. Questo a maggior ragione quando le due autrici scelgono di introdurre il punto di vista non solo di tutti i protagonisti principali ma anche quelli di alcuni secondari, che non aggiungono nulla alla trama. In certi casi più si taglia in fase di editing meglio è. Il fatto che la storia deve essere fluida, la trama dinamica, non ci si può fossilizzare su mille avvenimenti che presi nell’insieme non significano nulla. E mi dispiace perché le due autrici dimostrano di saper scrivere. La storia inizia nel 2007 quando Virginia e Chiara si ritrovano al Moonriver dove incontrano Andrea, Marco e Luca. Virginia è da un lato la classica brava ragazza, studiosa e responsabile, che preferisce rimanere a casa piuttosto che uscire, scontrosa e musona, beve il the in un pub e da subito si capisce che sarà quella che ci cade con tutte le scarpe. Senza esperienza, alle prime armi, è saggia solo a parole. Ha rinunciato alla sua grande passione per studiare nella capitale e resta sconcertata in più di un’occasione dal comportamento di Chiara, salvo poi commettere gli stessi errori. Non sono riuscita a comprenderla nella maggior parte dei suoi comportamenti. Quando arriva il momento di essere responsabile, Virginia si sente soffocare dalle responsabilità, non riesce ad abituarsi ai suoi nuovi ruoli e scappa. Scappa rinchiudendosi in sé stessa e non capendo che proprio in questa maniera perderà tutto ciò in cui ha sempre creduto. Ecco il suo comportamento mi è sembrato quanto meno poco coerente e immotivato. Ci sta la paura, anche in vista di quello che le sta succedendo, ma essere in tale maniera irresponsabile no. La sua migliore amica Chiara, non è da meno. Forte e determinata, nasconde in realtà una grande fragilità e spesso risulta spavalda solo a parole, o solo in determinate circostanze. Si getta a capofitto e con grande disinvoltura in tutte le nuove esperienze che le capitano a tiro: amore, lavoro, passioni. E di certo sbaglia, per poi rialzarsi e cambiare impegno e città con grande coraggio. Forse Chiara è un personaggio più riuscito di Virginia ma entrambe non sono riuscite a essere convincenti. Quello che non sono riuscita a capire è questo: all’inizio della storia si pone particolare accento sul fatto che le due studiano insieme Fisica e Astrofisica, quando nessuna delle due è interessata a questa facoltà. Io da una premessa del genere e col titolo mi ero fatta tutto un film di mirabolanti avventure tra agenzia spaziale, galassie, ricerca, NASA e quant’altro, ma alla fine a nessuna delle due interessa particolarmente, anzi Chiara abbandona l’università. Perché allora inserire questo dettaglio che viene abbandonato quasi immediatamente?
Dall’altra parte i personaggi maschili non sono da meno. Andrea, il ragazzo di Chiara, è un insicuro, che si abbandona a gelosia e rabbia e soprattutto orgoglio, distruggendo quasi tutti i rapporti importanti per lui. Ho odiato tutta la parte centrale che lo riguarda, soprattutto per come si comporta nei confronti del fratello Luca. Ok ha sbagliato, ma non puoi cancellare così un rapporto fraterno. Luca al contrario è il classico playboy redento, che commette la sua buona dose di errori, ma riesce e vuole porvi rimedio, è uno di quei personaggi positivi che crescono e migliorano, nonostante tutto. Certo forse cade troppo vittima di sé stesso e dei suoi sentimenti ma l’incontro con Sofia è provvidenziale, e necessario per il suo cambiamento, per la sua crescita, per la sua responsabilizzazione. Ultimo ma non ultimo Marco, il ragazzo di Virginia, migliore amico di Andrea (si le coppie sono di migliori amici), che francamente è il mio personaggio preferito, forse l’unico personaggio davvero coerente con sé stesso, che si è evoluto con concretezza all’interno della storia. Neanche lui sfiora la perfezione, ma almeno ho apprezzato la sua onestà. Tra l’altro è davvero un bravo ragazzo estremamente affascinante, veramente desideroso di migliorare le cose, senza perdersi.
L’ambientazione è divisa tra Roma e Bologna, in un caleidoscopio di viaggi, sentimenti e traslochi, per unire e dividere le varie coppie. Ho molto apprezzato l’ambientazione italiana, in un contesto editoriale in cui spesso e volentieri si preferisce ambientare all’estero e/o oltreoceano storie romantiche.
Il particolare da non dimenticare? Un cassetto pieno di fogli…