La libreria Billy Ikea edizione limitata che mi si staglia nel campo visivo ogni mattina ha una fantasia emo-hipster-psichedelica che è al di là del bene e del male. La spesa invece la faccio al Prix, e volevo dirlo a gran voce elargendo pubblicità gratuita, che poi del Prix, dopo un po’, non ne puoi più fare a meno. Al Prix di Casteo l’altro giorno, cioè stasera, cioè mezz’ora fa, c’era alla cassa una vecchia che urlava dove xe al mandorlato? Ghe xe queo moeo moeo, vogio queo moeo moeo, che se no xe moeo ghe asso sora i denti [nel senso di gradirei del mandorlato molto tenero affinché questo non si attacchi al lavoro del mio dentista, e viceversa]. Allora la cassiera, cioè la babajaga con un cappellino di lana viola, con fiocco azzurro e trecce posticce nere a loro volta di lana, le fa prova tor queo. E la vecchia rincara ma gà le mandorle, no vogio le mandorle [nel senso di prenda quello/ma esso contiene mandorle, gradirei non ci fossero mandorle (laddove è sottinteso che mi sembri perfettamente sensato non volere delle mandorle in un mandorlato)]. Eh, chiosa la babajaga-pippicalzelunghe, ti te vol la moge piena e la bote ubriaca [nel senso di eh, ma lei vuole la moglie piena e la botte ubriaca (sic)], prova tor quealtro rosa.
Allora, dopo che la vecchia ha aggiunto alla sua spesa contenente Pizza Party, Pancarrè Nik e Tovaglioli Happy un mandorlato rosa, ce ne andiamo [io e voi per mano nella notte veneziana s’intende] portandoci dietro il prezioso insegnamento che questa storia ci ha lasciato. Cioè che la vita è un posto duro in cui non puoi avere un mandorlato sia morbido che senza mandorle, ma in compenso puoi averlo morbido, senza mandorle e aromatizzato ai frutti di bosco.