Immagine: flickr
"Nonno, quanto tempo hai vissuto in Germania?" - Domando a mio nonno materno, qualche settimana fa in vacanza in Italia, durante l'immancabile visita con pranzo-maratona (dove mangiare è un piacere soltanto ai primi piatti, dopo è quasi un tentativo di omicidio, ma fatto con amore).
"39 anni e un mese." - Mi risponde con voce rauca ma precisa, con un numero che mi avrà già detto tante volte da piccolo ma la memoria a quei tempi dimenticava facilmente le storielle del nonno, quelle ripetute anche cento volte, mai abbastanza.
"39 anni?".
"E un mese" - mi ripete, come se quell'ultimo mese fosse stato tanto importante da meritarsi una memoria così dettagliata. E magari lo è stato.
"39 anni... e dopo tutto questo tempo come mai non siete rimasti in Germania? Come mai siete tornati in Italia?"
Il nonno mi fissa per un attimo, come se le sue memorie fossero scritte sulla mia faccia e allora in uno sguardo concentrato c'è bisogno di leggerle o almeno di ripetersele tra i miei lineamenti crucciati e lo sguardo curioso.
"Non volevo più rimanere in Germania, volevo vivere la pensione qui, nella mia terra. Eppoi.. la Germania mi ha deluso, i tedeschi mi hanno deluso, ci trattavano male, ci sfruttavano... non mi andava più di vivere lì".
"E invece saremmo dovuti rimanere lì!" Interrompe dall'altra stanza la nonna, con la sua voce acuta e tagliente di chi ascolta da lontano e non può trattenersi da un commento secco e sicuramente già ripetuto.
"In che senso?" Mi rivolgo di nuovo al nonno, curioso di riascoltare storie magari già note ma adesso, con gli occhi di un emigrante, per immedesimarmi o soltanto cercare di capire, confrontare, rivivere altri tempi attraverso chi all'improvviso sembra più vicino nonostante le distanze.
"Emigrare 50 anni fa non era certo come oggi. Prima si emigrava senza neanche conoscere la lingua, gli italiani andavano dove avevano già un parente o un amico o un amico di un amico... o si partiva davvero all'avventura, per sentito dire, per mandare soldi a casa, perché qui non si trovava lavoro e c'era tanto bisogno di soldi.. all'estero si finiva in ghetti, vivendo in comunità a parte. E c'era ignoranza, tanta. E i tedeschi sfruttavano questa ignoranza".
"In che senso?""In che senso? Io lavoravo al Patronato Enasco ed ero lì proprio per aiutare gli emigrati italiani in Germania. Quante storie ho ascoltato... La più comune era di italiani che non potevano avere la pensione pur avendo lavorato lì per anni, perché gli avevano dato contratti di apprendistato, ma loro non lo sapevano! Bastava un prefisso in più appena prima della parola lavoro, gli italiani che appena parlavano un po' di tedesco.. figurati a leggerlo.. firmavano nella fretta di lavorare, di prendere qualche soldo..".
Poi il nonno si ferma, chissà quante memorie avrò riportato alla mente con una semplice domanda, chissà quante immagini di colpo riaffiorano davanti gli occhi come lucciole frenetiche, ognuna con la sua luce intermittente, con il suo ricordo illuminato.
"Nonno, e come vivevano gli emigrati italiani all'epoca?"
"Come? Come bestie. Si potevano affittare soltanto mansarde e cantine, che poi erano uno schifo... spesso si affittava soltanto il letto, mica un appartamento? Ed il letto era sempre caldo". "Caldo? Cioè?""Il letto si affittava per 6, per 8 ore, qualcuno si svegliava e un altro arrivava per dormire. E il letto rimaneva sempre caldo. C'era tanta povertà e non tutti si potevano permettere una stanza. E allora i locali affittavano anche solo i letti.. si dormiva con i topi che correvano per il pavimento.. uno schifo.. uno schifo.. ".
"E ce n'erano tanti di italiani nel sud della Germania a quei tempi?"
"Tantissimi, ma erano introvabili!"
"Cioè?"
"Non te l'ho mai raccontato? Il console venne nel nostro ufficio che voleva organizzare una festa, una grande festa per tutti gli italiani della zona, una festa per mangiare e bere gratis eh, mica a pagamento.. ma non riusciva a rintracciarli e noi sapevamo perché. Magari ne rintracciava cento, ma d'italiani ce n'erano mille, migliaia, di sicuro".
"E perché non si trovavano?"
"Perché all'epoca per qualche soldo in più si cambiava subito lavoro, ci si spostava da una parte all'altra, mica era un problema come oggi un trasloco! Una cosa veloce. E il problema era che gli italiani non aggiornavano l'indirizzo di residenza. Si era registrati magari lì, poi si spostavano e.. niente, senza aggiornare, magari non lo sapevano nemmeno, magari se ne fregavano, figurati, a quei tempi ci si preoccupava d'altre cose.. Così quando un ufficio cercava di rintracciarli, le lettere non arrivavano mai al destinatario."
Si ferma di nuovo, ma si vede che gli piace raccontarmi la storia, gli piace vedere il nipote interessato ed attento alle sue parole, da vecchio emigrante rimpatriato a nuovo emigrante in cerca di equilibri.
"Ma poi l'abbiamo fatta, la festa.. - continua - andai da quelli della nettezza urbana e domandai in quali giorni della settimana raccoglievano l'immondizia in certe zone della città. Martedì mattina mi dissero. Bene. Andai a farmi una camminata il lunedì sera e iniziai ad aprire qualche cassonetto dell'immondizia. Non appena trovato salsa di pomodori, spaghetti o qualsiasi altra cosa di cucina italiana, ecco! Sapevo che in quel palazzo c'erano italiani. La mattina seguente tornavo lì e sapevo già dove bussare: alla mansarda o alla cantina, gli italiani non potevano permettersi nessun altro posto, sapevo di non sbagliarmi!"
"E poi siete riusciti a fare quella festa?"
"Sì, sì, quanta gente.. quanta gente venne.. Quando seppero che si mangiava e beveva gratis.. Bastò avvisare qualche famiglia e poi il passaparola andò veloce. E il console mi fece i complimenti."
"Nonno, se la prossima volta mi fermo qui per qualche giorno, ti va di raccontarmi tutto? Voglio sapere tutto, lo registriamo.. la vita di emigrante di 50 anni fa, come si viveva, il lavoro, gli sforzi, tutto, visto con gli occhi di mio nonno." E al nonno scappa una lacrima, 40 anni di lavoro per aiutare gli immigrati italiani in Germania, nominato Cavaliere Ufficiale della Repubblica, è un pezzo di storia da raccontare, così come l'altro nonno, che di anni all'estero ne ha vissuto 20, forse meno felicemente. Storie di nonni che al nipote adolescente passavano come noiose e inconcludenti, ma che ora appaiono come le pagine di un libro da divorare e adesso è tempo di ascoltare, prima che sia troppo tardi.