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Quando il gioco si fa duro (uno pseudogigolò)

Da Fishcanfly @marcodecave

è un lavoro pulito, perciò pochi possono farlo

Molte mi vogliono.

Mi cercano, chiedono appuntamenti, come se fossi un professionista. Di cosa? Del sesso. Ma la verità è che non sono solo un professionista del sesso, sono anche un amante di quest’arte. Inizialmente ero convinto che mischiare il piacere al dovere fosse un’ottima cosa. Quando ero piccolo me lo dicevano tutti: insegnanti, genitori, istituzioni. “Da grande non ha importanza cosa farai. L’importante è che farai qualcosa che ti piaccia!”

E così eccomi qui. A fare quello che mi piace.

Ma ultimamente ho qualche dubbio. Ho il dubbio che non mi piaccia più, o meglio che piaccia solo a chi fa piacere farlo, con me naturalmente. Per me è diventato qualcosa di meccanico. Credo anche di soffrire di “mobbing”, d’altronde a chi faccio causa? A me stesso? A lui?

Anzi è lui che dovrebbe fare causa a me. Vado avanti oltre le otto ore lavorative. Gestire gli appuntamenti è sfiancante, inoltre quando si impara a riconoscere le clienti, si cerca di distanziare quelle più pretenziose, e di inserire fra l’una e l’altra quelle più accomodanti. Ci sono volte in cui alcune clienti vogliono solo parlare, in quel caso faccio pagare il doppio.

Stare ad ascoltarle è qualcosa di estremamente irritante, specie se a richiederlo è il lavoro, a volte. Se avessi voluto ascoltare le clienti, avrei fatto un altro mestiere. Questo non è fatto per “ascoltare”, ma per “sentire”.

Nella mia stanza di lavoro ho messo anche una targa “Sul letto tutte sono uguali”: voglio garantire a tutte un pari trattamento, sempre che paghino. Qui non si effettua credito, né sconti. Sono uno dei pochi che non effettua prestazioni a domicilio. Il lavoro si fa solo sul luogo di lavoro, in condizioni igieniche garantite e a norma.

Quando il gioco si fa duro (uno pseudogigolò)

Con questa crisi diventa difficile anche farsi pagare, così sono costretto a ricorrere al pagamento anticipato. Per non parlare della concorrenza. Stanno spuntando nuovi centri di piacere ovunque, come funghi. Incredibile! Pivelli, chiaramente! Qualche cliente ha anche provato ad allontanarsi da me, salvo tornare e dire “Hai ragione, questa nuova generazione non sa nemmeno cosa significa far provare piacere a una donna: pensano solo al profitto!”

Ciò mi consente di tenere una certa tariffa e di non temere eccessivamente la concorrenza.

Fin qui tutto bene. Solo che poi finisce che ti innamori della persona sbagliata: la cliente.

Si capisce che è enormemente più complicato gestire questo tipo di lavoro con un pensiero simile nella testa. Non riesco più a dare alle donne l’unicità che loro pretendono, o meglio la parvenza di unicità, e non posso permettermi una tale caduta di stile. Sarei contrattualmente inadempiente! L’amore deve restare fuori da questa porta, non deve nemmeno pulirsi i piedi sul tappeto dell’ufficio.

DRIIIIIIIIIINNNNNNN!!!

Oddio, è lei. Cosa mi metto? Porcaccia ladra! Puzzo di sudore, e devo ancora lavarmi per l’appuntamento delle otto con Janet! Le avevo comprato quei cioccolatini…! Ah, sì eccoli qui! Okay, calma. Rallenta i battiti cardiaci.

Ricordati chi sei: un professionista. Uno tosto, un duro. Ora vai e apri quella porta. Le dici “Così non possiamo andare avanti, io ho un lavoro, una vita. Non posso essere coinvolto.” Cioccolatini e tanti cari saluti.

“Ciao!” – fa lei, sorridendomi.

“…”

“Ti sei mangiato la lingua?”

“…Questi sono per te…”

“Ah, grazie! I miei preferiti!”

“Prego…Senti così non possiamo andare…” – balbetto

“Cosa?”

“Dicevo non possiamo uscire così. Mi cambio e andiamo a prendere qualcosa, ok?”

“Sì amore!” – mi dice lei.

Quando il gioco si fa duro (uno pseudogigolò)

Ci tenevo a dirlo. Io non sono Richard Gere. E qui non siamo in American Gigolò.

Ecco, è così che ho conosciuto tua madre. 



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