Quando il linguaggio mafioso, anche se gentile, è un reato

Creato il 28 aprile 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale

La hostess imposta a un locale dal marito mafioso è estorsione. Lo ha sancito la Corte di Cassazione (sentenza 16045) ricordando che la minaccia si può nascondere anche dietro ad una richiesta espressa con toni morbidi e concilianti, se chi la fa ha un passato criminale e note amicizie con i clan mafiosi. 
La Corte ha ribaltato la decisione del Tribunale della Libertà di Palermo che aveva escluso il reato di estorsione ai danni di un gestore di un locale che aveva reclutato solo per quieto vivere, come donna immagine, una signora non più giovane e fuori dai canoni richiesti per quel ruolo ma sposata con un boss, racconta oggi il Sole24ore. 
I giudici palermitani avevano escluso il reato estorsivo dati i toni concilianti che l'imputato aveva adottato per far assumere la moglie: senza far cenno alla sua appartenenza alle cosche, l'uomo si era limitato a parlare delle vicissitudini personali dell'aspirante hostess che aveva assoluto bisogno di lavorare. 
Ma la Corte di Cassazione ha dato ragione ai pm confermando l'esistenza del reato continuato: la donna veniva chiamata a svolgere quel servizio non per merito suo ma per paura di ritorsioni criminali.

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