Ognuno deve decidere cosa farci con i propri sogni, soprattutto con quelli inesauditi.
Io ho avuto per tanti mesi il miraggio di poter pubblicare la storia di Giulietta, una donna che ha sognato molto, in vita sua. In sacoccia teneva tanti sogni quanti sbagli, nel petto un buco insaziabile e al guinzaglio un cane bianco dal pessimo carattere.
Camminava per le calli di Venezia col suo walkman dagli auricolari in gomma piuma blu, un rossetto fucsia nascosto nell’Invicta come un peccato e la lingua piena di bugie.
Oggi, dopo aver rifiutato proposte editoriali a pagamento, perché mi piace essere più puttana che cliente, devo chiedere scusa a Giulietta per non essere stata abbastanza brava da raccontarla come meritava, e non essere stata capace di trovarle un editore serio.
Ma non la lascerò asfissiare trattenuta da uno sfintere di speranze, perché i troppi “no” sono diventati una sorta di blocco intestinale di cui mi voglio (e mi devo) liberare.
Purtroppo non ho mestiere, e non sarò mai una scrittrice. Rimango una tizia dal racconto compulsivo: era così con i colori – non mi staccavo dalla tela finchè non avevo vomitato tutto attraverso il pennello, senza ripensamenti – ed è così con la parola.
Non conosco il perfezionismo e il revisionismo: butto fuori, mi slabbro di parto e poi pretendo di sentire la creatura che piange, grida e rivendica.
Perché Giulietta sia scritta a dovere, dovrei – secondo molti che se ne intendono, e quindi plausibilmente – demolire il lavoro che ho fatto e provare da capo.
Ma sono già alla mia versione Z, e ben oltre lo scoraggiamento artistico.
Ho deciso di partecipare ad un concorso letterario, e di fare l’ultimo tentativo tollerabile per chi non abbia velleità masochiste (e anche qui, sono più mistress che slave): dopo di che, mi autopubblicherò.
Spero che chi ha amato il mio modo di raccontare, avrà voglia di seguirmi anche in questo sogno difficile: perché non io, ma Giulietta se lo merita davvero.
“Mi chiamo Giulietta, e domani mattina morirò.
Ho passato buona parte della mia vita inseguendo l’amore:
ho cominciato a vivere davvero solo quando ho smesso di farlo.
Non credete a tutto quello che vi dicono:
spesso ciò che conta di più ha un nome che non conoscete ancora.”
(Giulietta prega senza nome)