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Quando l’animalismo passa attraverso il sessismo

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

La PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) non è nuova a scelte sessiste per promuovere le sue campagne animaliste. Insomma, basta fare una breve ricerca di immagini in internet col proprio browser per farsene un’idea. Purtroppo anche altri nel tempo hanno utilizzato stereotipi di genere per difendere i diritti degli animali, come ad esempio accade qui e qui, casi di cui abbiamo già parlato in questo articolo.

Insomma, la donna è spesso paragonata ad un animale, quando non addirittura colpevolizzata. Partendo dal presupposto che anche noi siamo animaliste poiché riteniamo che i diritti degli animali debbano essere rispettati quanto quelli delle persone e che questi ultimi siano persino migliori di certi esseri umani, non mi capacito di come campagne con l’intento di un progresso sociale e di sensibilizzazione ad un tema importante come quello della violenza e dei maltrattamenti verso gli animali possano dall’altra parte veicolare messaggi misogini e sessisti promuovendo stereotipi e discriminazione di genere. Non si capisce insomma com’è che le due cose vadano spesso di pari passo.

La PETA il mese scorso è già stata al centro di molte polemiche per quanto riguarda questo video. La violenza perpetuata verso il genere femminile viene insomma paragonata a quella contro un pesce che giace sul bancone della cucina di uno chef. “Certe grida non si possono sentire”, cosi recita il claim della campagna, accostando le urla strazianti di donne che gridano a seguito di violenza domestica, a cui assistono anche minori, feroci aggressioni per strada e pestaggi al boccheggio muto di un pesce.

Non soddisfatti di questo risultato, e probabilmente alla ricerca di sensazionismo mediatico, gli ideatori delle campagne PETA hanno recentemente sfornato questa:

Quando l’animalismo passa attraverso il sessismo

La Canalis, che aveva già posato nuda per la PETA, rappresenta un cane. Un cane abbandonato in una macchina da un uomo. Come possiamo notare, oltre al paragone donna=animale, la figura femminile viene palesemente sessualizzata, tanto che GreenMe riporta le seguenti parole:

Elisabetta Canalis hot, abbandonata in macchina. No, non è stata mollata da un nuovo famossisimo fidanzato hollywoodiano: si tratta della nuova campagna in difesa dei cani abbandonati al caldo in auto della Peta. Giocando sul doppio senso della parola inglese “hot”, come sexy ma anche come caldo, l’associazione animalista americana ha scelto ancora una volta lei come testimonial.

La supermodella italiana Elisabetta Canalis sa cosa significhi essere “hot”- scrive la Peta in una nota – ha lavorato con la Peta posando nuda contro le pellicce, ma questa estate Elisabetta sfida un diverso tipo di calore per ricordare alle persone di non lasciare l’auto parcheggiata con i loro amati animali ancora dentro“.

Ricordiamoci che la difesa dei diritti degli animali NON passa attraverso il sessismo! Esiste anche chi divulga propositi animalisti senza necessariamente svilire le donne. Per questo siamo alla ricerca di esempi di “buone pratiche” o di idee per promuovere campagne animaliste che siano anche gender-friendly. Non è possibile che l’impegno per il rispetto verso altre forme di vita, indispensabile per una società più civile, passi attraverso la svalorizzazione della figura femminile nell’immaginario collettivo, piaga sociale dei nostri tempi. A noi sembra un controsenso, a voi?


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