Ha ragione il sottosegretario all’Ambiente a definire l’Ilva-Terra dei fuochi un decreto di emergenza e prendiamo atto della “tempestività” con cui il Parlamento sta affrontando la questione. Facciamo però notare che stiamo parlando di una “emergenza” che si protrae già da anni. Meglio tardi che mai, è vero, ma “ricordarsi” di un’urgenza non equivale ad affrontare una situazione critica “in tempo”, impedendone quanto più possibile le conseguenze negative.
Prendendo in esame la questione Ilva, ricordiamo che gli effetti ambientali causati dalle industrie di Taranto vengono denunciati da anni da scrittori e giornalisti. Cosimo Argentina ne ha parlato nel 2006 nel libro Nud’e cruda. Taranto mon amour – e a quell’epoca il problema non era certo nuovo – riproponendo all’attenzione l’argomento con Vicolo dell’acciaio quattro anni più tardi. Nel 2007 Ornella Bellucci ha scritto il reportage Il mare che non c’è, pubblicato in Il corpo e il sangue d’Italia. Otto inchieste da un paese sconosciuto. La Bellucci è inoltre autrice dell’inchiesta Taranto sotto le ciminiere, che consigliamo di ascoltare sul sito radioarticolo1.it.
Nel 2009 è stata la volta di Giuliano Foschini con Quindici passi e Carlo Vulpio con La città delle nuvole. Del 2012 è Il patto d’acciaio edito da Affari italiani, mentre nel 2013 Fumo sulla città di Alessandro Leogrande e Ilva connection di Loris Campetti hanno continuato l’opera di denuncia. Abbiamo citato solo alcune pubblicazioni, senza tenere conto degli articoli apparsi sulle testate giornalistiche. Voci evidentemente poco ascoltate, se ancora siamo qui ad aspettare provvedimenti, ma che indicano che si poteva e si doveva agire prima. Duole constatare l’ennesimo caso in cui la politica dimostra di essere irrimediabilmente in ritardo.
Marco Cecchini