Quando la dieta non basta – Parte 2

Creato il 29 dicembre 2014 da Ariannarossoni

Settimana scorsa abbiamo parlato di alcuni fattori -per così dire- comportamentali che frenano il vostro dimagrimento, o che per meglio dire rendono la sola dieta inefficace.
Ho lasciato per ultimo il punto riguardante lo stile di vita, per potervi dedicare un articolo intero: leggetelo con tutta calma mentre sorseggiate una tazza di tè verde sul divano, e lasciate sedimentare quanto vi scrivo. Forse, potrebbe invogliarvi a prendere carta e penna per stendere una bella lista di buoni propositi per il 2015…

Lo si stente dire spesso: non conta solo la dieta, ma lo stile di vita.
Il 90% delle volte per ‘stile di vita’ si intende lo sport, l’attività fisica quotidiana, acquisti salutari, e poco più.
A mio parere, c’è molto altro su cui poter (dover?) lavorare.

Si intraprende una dieta (a scopo dimagrante o terapeutico) perché qualcosa non va. 
Questo ‘qualcosa’ può essere il cibo in sé e per sé: l’aver mangiato eccessivamente o in modo non consono alla propria tipologia fisico-metabolica porta ad un aumento di peso e/o a disturbi organici. 
Capita in periodi di gozzoviglie (come le feste invernali), nei quali indulgiamo di più ai piaceri del palato.
Tuttavia, sono solo marginali i casi in cui il cibo è la causa diretta del problema: molto più spesso il cibo nasconde la causa reale del disequilibrio, o è solo uno dei fattori scatenanti.
Cosa voglio dire? Vi faccio qualche esempio, penso che molti di voi si possano riconoscere in queste casistiche. Tenete conto che “aumento di peso” può essere sostituito da altre problematiche: gastrite, colon irritabile, emicranie, stanchezza cronica, cistite ricorrente… 
Vi ritrovate in uno dei seguenti punti?
– Aumento di peso da abbuffate e fame compulsiva, che nascondono una condizione di stress dovuto a mobbing lavorativo/periodo intensivo di studi/licenziamento/dissapori con il partner/perdita di una persona cara.
– Aumento di peso dovuto all’inizio della convivenza con una persona che amate molto, ma che ha abitudini molto diverse da voi, e vi spinge più all’ozio ed ai cibi pronti che non a scelte sane.
– Aumento di peso a seguito di pressioni sul lavoro/esami universitari che non si riescono a passare/minor tempo libero in favore dei figli, da dover portare a scuola-catechismo-sport.
– Aumento di peso a causa di frequenti pasti consumati fuori casa (in mensa o alla tavola calda)/pranzi consumati di fretta davanti al computer o alla televisione/cene in tarda serata a causa di impegni lavorativi e familiari.
E così via.

Non si mangia solo cibo: si mangia la rabbia, lo stress, la mancanza di tempo, l’insoddisfazione, l’inadeguatezza.

In questi casi il cibo è solo una delle cause scatenanti: non si può pretendere che cambiando la dieta si risolva il problema.
Quando le cause hanno radici molto più profonde che non il semplice mangiar male o mangiar troppo, è indispensabile fare in modo di modificare le cause remote. 
Lo so, vi sto dicendo cose che non vorreste sentirvi dire: mettervi a dieta, rispettare con rigore le quantità e la frequenza dei pasti, impegnarvi a fare una spesa sana potrebbe non essere sufficiente per trovare il vostro peso forma o la vostra salute. Dovete fare di più.
E dove lo trovo il tempo, la voglia, la determinazione? Mi direte. E’ già tanto se ho cambiato modo di mangiare!

Trovare una propria armonia anche attraverso il cibo è molto importante, ed è una strada da intraprendere al più presto: noi siamo quello che mangiamo, ricordate? 
Ma siamo anche quello che proviamo, viviamo, pensiamo, sentiamo, condividiamo, subiamo, attraversiamo. Fisicamente e metaforicamente. 
Finché ignoriamo i problemi, non potremo mai superarli.

Penso che sia importante per ciascuno di noi interrogarsi su quali siano le cause alla base dei nostri problemi con il cibo, siano essi problemi di peso, problemi di salute (gastrite, reflusso, ipertensione…) o problemi nel rapporto con il cibo.
Me ne rendo conto quotidianamente con il mio lavoro: per quanto una dieta possa essere perfetta e studiata a misura sulla persona, spesso non basta. Ed è estremamente difficile far capire che non è sufficiente venire da me per imparare a mangiare bene: serve uno sforzo di introspezione in più, che va oltre all’applicazione dello schema dietetico che io posso stilare.

In Ayurveda esiste un concetto che si chiama prajna-aparadha, che può essere tradotto come ‘errore dell’intelletto’: si tratta di una sorta di “dimenticanza” dell’individuo dell’unità tra spirito e corpo, che nel tempo porta ad avere un comportamento stereotipato, senza introspezione, robotico. Un allontanamento dal nostro lato cosciente, che ci fa ignorare i primi segnali di un disequilibrio, o addirittura a negarli, in un pericoloso circolo vizioso per la nostra salute.
La medicina orientale è affascinante proprio per lo stretto legame che unisce il corpo e la mente, quasi totalmente ignorato dalla medicina occidentale, che al più si limita a designare come ‘psicosomatici’ alcuni disturbi che faticano ad essere curati con le medicine (ad esempio, il colon irritabile o la gastrite cronica). 
Un punto di incontro tra le due medicine sembrerebbe essere rappresentato dalla medicina funzionale, che tuttavia è ancora ai suoi albori, e che in Italia è pressoché sconosciuta.

Chiaramente, è doveroso sottolineare che non si tratta di “essersi procurati la malattia”: nessuno si va a causare un disturbo dell’alimentazione, un’intolleranza alimentare, l’amenorrea o il diabete! Quello che voglio dire è che -spesso- piccole modificazioni nello stile di vita portano a cambiamenti positivi insospettabili e non direttamente collegabili a ciò che mangiamo. Perché il nostro corpo è olistico: le conseguenze dell’agire su un organo risuonano anche su tutti gli altri nostri tessuti e centri vitali.
Ecco quindi che smettiamo di mangiare latticini e non solo risolviamo problemi di meteorismo, ma anche di tosse catarrale persistente. Oppure, iniziamo a mangiare più pesce pescato in mare e i dolori reumatici che ci affliggono in inverno si fanno meno debilitanti. O ancora, cominciamo a mangiare più verdura cruda fermentata, e la cistite che ogni mese ci affliggeva non si farà più sentire.
Gli esempi possono anche essere all’opposto, ossia metodi di cura che non hanno nulla a che vedere con l’apparato gastrointestinale, ma che si rivelano miracolosi per disturbi che cambiamenti dietetici non hanno mai risolto: ad esempio, ho almeno un paio di pazienti che sono guariti dal reflusso gastrico grazie all’osteopata, che ha lavorato sul riequilibrio di una cassa toracica che opprimeva la digestione. Altro esempio molto più scontato e conosciuto: pratiche di meditazione e di respirazione profonda che aiutano a vincere le abbuffate compulsive.

Prendetevi una sera, e dedicatela solo a voi stessi. Mettete scritto nero su bianco quali sono i punti problematici della vostra vita, piccoli o grandi che siano. Se siete sul mio sito, presumo che stiate già attuando o siate propensi ad attuare un cambiamento dietetico. Perché non affiancare ad esso un cambiamento più ampio del vostro stile di vita…?

A volte è più semplice di quanto si possa pensare.
Potrebbe ad esempio essere aprire un dialogo con il proprio partner che non degeneri in liti o prese di posizione. Masticare lentamente. Spegnere la tv e leggere un libro la sera. Non guardare il cellulare come prima cosa al mattino. Fare tre respiri profondi “di pancia” tutti i giorni. Buttare via vestiti taglia 40 nei quali non entreremo più. Iscriversi a un GAS (gruppo di acquisto solidale). Evitare di confrontarci con chi ha una vita completamente diversa dalla nostra. Comprare dei fiori da tenere in ufficio. Mandare una cartolina a chi non se l’aspetta.

Altre volte potrebbe richiedere un po’ più di impegno, fosse anche solo motivo d’orgoglio (e scusate se è poco).
Un corso di yoga o di cucina. Sedute di agopuntura. Un viaggio da fare da soli. Chiedere scusa. Avere la forza di piangere. Dire di no a chi non ci ringrazia mai. Ammettere di avere torto. Prendersi tempo per stare ai fornelli. Fare un’ora di palestra in meno per poter stare un’ora di più con i propri figli.

L’anno scorso vi avevo salutati così alle soglie del 2014. 
Quest’anno aspetto il 2015 augurandovi di avere la forza e la voglia di non perdervi mai di vista in nessuno dei 365 giorni che vi aspettano.

Vi auguro di addormentarvi la sera pensando ad almeno una cosa bella accaduta nell’arco delle 24 ore, che abbia reso la giornata degna di essere vissuta. Di non far sì che il prajna-aparadha prima citato vi porti lontano dal sentirvi Vivi.


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