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Quando la Lega voleva cacciare il Banco di Napoli dal parlamento

Creato il 24 maggio 2012 da Ilazzaro @Ilazzaro

Quando la Lega voleva cacciare il Banco di Napoli dal parlamento

 

All'interno della camera dei deputati, c'è uno sportello del Banco di Napoli. Uno sportello che ha resistito agli anni e che fino a pochi anni fa costituiva uno dei pochi sportelli del banco, presenti sul territorio nazionale, fuori dai confini del Sud.

Pochi giorni fa mi è capitato di rileggere una vecchia inchiesta di Repubblica che, raccolte testimonianze autorevoli, metteva in evidenza la volontà della lega, nei suoi primi anni di governo, di chiudere quella filiale perchè espressione di una realtà territoriale pco affine ai propri interessi.

Così riportava quella inchiesta: Durante il mio periodo di presidenza – racconta ai pm la Pivetti - si è verificata una vicenda abbastanza sconcertante riguardante il Banco di Napoli”. “Ricordo – aggiunge - che io avevo intenzione di ridiscutere la questione relativa alla concessione ad un istituto di credito dell’agenzia bancaria all’interno della Camera dei deputati, concessione che dal 1871 è stata da sempre riconosciuta al Banco di Napoli”. “Per questo motivo – dice ancora l’ex presidente della Camera – ho predisposto una gara di appalto e ricordo che dopo l’apertura delle buste il Banco di Napoli è risultato tra gli ultimi istituti partecipanti. Nonostante ciò l’istituto partenopeo ha fatto pressione su tutti i componenti l’ufficio di presidenza per ottenere la riammissione nella rosa ristretta dei primi aventi diritto a partecipare alla gara definitiva”. “Ricordo – spiega la Pivetti – che protestai duramente per questa procedura esternando le mie proteste a tutti i componenti della presidenza e primi fra tutti Balocchi”. Maurizio Balocchi era il segretario amministrativo della Lega, nonché questore della Camera. “Notai allora con mia grande sorpresa – continua l’interrogatorio – che Balocchi, che in un primo tempo s’era dimostrato particolarmente ostile al Banco di Napoli, aveva cambiato opinione mostrando di voler accogliere le richieste di quella banca. Quel suo cambiamento fu decisivo per l’ammissione in gara della concessione al Banco di Napoli in quanto i voti leghisti allora erano determinanti”.

La situazione era la seguente: i lumbard volevano estromettere la filiale della banca partenopea. Dunque, Pivetti presidente della Camera, viene indetta una gara d'appalto per una nuova concessione. Ma il Banco di Napoli non si classifica nelle prime posizioni utili per ottenere la concessione. Vittoria leghista? Neanche per sogno perchè proprio le truppe di Bossi, con un magnifico colpo di scena cambiano idea. Per un motivo nobile? Tuttaltro. Così continua l'inchiesta di Repubblica, realizzata da Alberto Custodero:

Il retroscena di questa strana manovra politico-finanziaria tutta in casa Carroccio è svelato dalle carte giudiziarie del processo di Verona. Il motivo del cambio di rotta leghista sta con ogni probabilità nell’acquisizione dell’istituto napoletano da parte di un istituto settentrionale, per questo più gradito agli uomini di Bossi. Il procuratore di Verona su quella operazione avviò un’indagine giudiziaria, incaricando il professor Franco Della Sega e il dottor Maurizio Grassano di “accertare il prezzo, le modalità dell’acquisizione e del pagamento". E stando alla perizia contabile disposta dalla procura, la Banca Popolare di Brescia acquistò tra il ’96 e il ’97 – e dunque proprio nel periodo delle manovre leghista antipartenopee a Montecitorio - le 50 filiali del Banco di Napoli. I ct accertarono che il prezzo di acquisto fu di duecentonovanta miliardi di vecchie lire pagati dalla Bipop in due tranche, una di 247 il 28 ottobre ’96, l’altra di 42 il 20 marzo ’97. Alla fine della complessa operazione, l’istituto creditizio bresciano accumulò una situazione debitoria complessiva di circa mille miliardi, procurandosi le risorse necessarie all’acquisto sia tramite il ricorso al mercato interbancario, sia (per ovviare a un conseguente deficit patrimoniale), tramite l’emissione di un prestito obbligazionario Bipop per circa 250 miliardi quotato prima alla Borsa Valori lussemburghese. E solo in un secondo tempo in quella italiana. Il procuratore veronese a tal riguardo aveva chiesto ai suoi consulenti anche di trovare “i sottoscrittori di quelle obbligazioni”, individuati in “banche d’affari, istituti di credito e fondi comuni di investimento”.

Capito? Poichè il banco partenopeo nel frattempo, già saccheggiato ai tempi dell'unità d'Italia, era stato acquistato da una banca bresciana, ovviamente parliamo dell'acquisizione precedente a quella di Intesa San Paolo, gli esponenti della Lega Nord cambiarono profondamente idea...(diciamo così).

Ma la questione non è finita qui. La concessione sarebbe scaduta nel 2010, questa volta è l'onorevole Bernardini dei radicali ad occuparsene. Contestualmente alla proroga che estese nel 2009 la convenzione fino al 2010, si sarebbe dovuta aprire una gara. Mistero. Non c'è traccia di questo bando. E' la stessa Bernardini che, illo tempore, così dichiarava ad Alberto Custodero, “Nonostante le mie richieste di informazioni – dichiara la deputata radicale – dell’attuazione della delibera dei Questori di un anno fa non ho saputo più nulla. Né si trova nulla, sotto la voce gare pubblicche, sul sito www.camera.it”.

Sarà che forse nel frattempo il Banco di Napoli appartiene ad un gruppo Piemontese?

Chissà...intanto in testa mi ronza il ritornello di una canzone di Eugenio Bennato:

E u Banco ‘e Napoli è l’ideale per rifarsi delle spese,
per coprire il disavanzo della finanza piemontese.

 


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