Magazine Diario personale
Mare: Non vorrei essere ripetitiva, ma sono elasmofobica e l’idea di sgambettare in più di 6 litri di acqua mi terrorizza.
Caldo: soffro di ipotensione.
Abbronzatura: il rilascio di melanina da parte del derma altro non è che il disperato tentativo del nostro organismo di proteggersi dai danni provocati dai raggi UV: la reazione, i cui effetti vengono mostrati da giugno a settembre con tanto inspiegabile orgoglio, per me è paragonabile al segno di satana. Ragion per cui, l’unico luogo che mi vede vestita da capo a piedi è il bagnasciuga.
Spiaggia: non tollero la visione di obesi tra i cui rotoli spunta, il verde smeraldo di un costumino sfortunato. Io sono sensibile e, in quel costumino, mi ci immedesimo.
“Essere fastidioso come la sabbia nelle mutande”: riuscite a cogliere il senso recondito di tale affermazione?
Questi e molti altri i motivi per cui io non mi sottoporrei mai allo strazio di una vacanza a mare.
- Eh ma i bambini! Nessuno pensa mai ai bambini?- mi starete chiedendo.
- I bambini a mare io li odio- vi rispondo – e mai vorrei che qualcuno odiasse i miei, di bambini.-
Quindi, quest’anno il paese che ha avuto l’onore di ospitare la truppa cammellata è stato rulloditamburi il Belgio.
E anche la Francia. Ma per sua fortuna, per poco.
Bene, quando siamo tornati, siamo stati inondati da una sfilza di domande. Su tutte, la più frequente: -E com’è stato viaggiare con due bambine (la cui età media è quasi 2 anni)?
Risposta altrettanto frequente:
-Un massacro, un soddisfacente massacro.
Ci siamo mossi con due valigie, due pacchi di pannolini, due passeggini, un Ipad imbottito di cartoni animati, svariati ciucci, saldali e cappotti, ansia da prestazione, pennarelli e taccuini, un bambolotto a testa, un occhio all’econometro, un chilo di salviette imbevute (si sa, il bidet è oggetto sconosciuto ai nordici e Egle ha un controllo degli sfinteri del tutto insufficiente), terrore e meraviglia.
Adesso con la tranquillità che solo la propria casa può regalare, posso dire che le previsioni erano molto meno rosee della realtà. Abbiamo camminato per le città (Bruges, Anversa, Rouen, Caen, Gent, Bruxelles) anche per 12 ore consecutive, abbiamo mangiato panini preparati in albergo, abbiamo riposato nei parchi, abbiamo passeggiato nel museo di Magritte chiedendoci perché una mela si fosse posata sul faccione di un uomo col cappello, abbiamo indispettito camerieri francesi (che poi non è una cosa molto difficile) versando un succo inconsistente alla mela sulla tavola imbandita, abbiamo cucinato insieme a donnine taiwanesi che soffriggono i molluschi nella margarina, abbiamo giocato a nascondino dietro alle croci bianche al cimitero americano dello sbarco, abbiamo divorato cozze e patatine (piatto tipico, lassù in Normandia), abbiamo mostrato tutta la nostra napoletanità in miniatura (Matilde ogni volta che avvistava un posto di blocco della polizia, allacciava con finta indifferenza le cinture del passeggino), abbiamo messo a dura prova la pazienza del compagno di viaggio ‘Ncenzo, ci siamo trasformate in principesse con l’amica ‘Lenda, abbiamo piluccato aperitivi con Paola che vive a Bruxelles, abbiamo giocato con bambine bionde poliglotte e mangiato con loro donuts e muffin.
Certo, ogni tanto abbiamo anche versato qualche lacrima per i gatti lontani, per la stanchezza, per i letti scomodi, per i pomodori insapore.
Ma quando la vacanza è un viaggio, bisogna imparare a fare i conti anche con la saudade.
Insomma ci siamo divertiti.
E posso dire finalmente a gran voce: Valtur non mi avrai mai.
Tutte le foto sono state scattate e prontamente condivise dallo Squinzio particolarmente social.
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