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Quando la verità (su Siena) può far male

Creato il 13 novembre 2014 da Michelepinassi @michele_pinassi
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Ho il privilegio di essere nato in una delle città più belle, ed uniche, del mondo, Siena. Unica non solo perché bellissima, artisticamente parlando, ma anche la sua società, così meravigliosamente unita e divisa, è capace di esprimersi in modi totalmente inaspettati ed inconsueti.

55.000 abitanti capaci di dividersi in 17 contrade ma uniti sotto la stessa bandiera, la balzana. Una città che è diventata grande, nel medioevo, grazie alla sua intraprendenza e volontà del popolo di autodeterminarsi: siamo stati tra i comuni trecenteschi a diventare Repubblica, con un territorio che si espandeva fino al mare.

Siena ha poi attraversato, praticamente indenne e conservando la sua principale fonte di ricchezza, la Banca Monte dei Paschi, i secoli fino ad arrivare ai giorni nostri, quando l’avidità di una classe politica incapace e delinquente ha depredato il forziere della città rubando soldi e futuro.

Quanto è accaduto è storia degli ultimi 20 anni, ben nota non solo ai senesi ma all’Italia intera, quando Siena è improvvisamente balzata agli onori delle cronache per ben poco onorevoli disastri e sconfitte. Come dice Montanari in un suo articolo odierno, a proposito dell’ultima bruciante sconfitta alla sfida per conquistare l’ambito marchio di Capitale della Cultura 2019:

…è stato troppo lungo il periodo in cui il destino della città si decideva nel chiuso delle stanze del Monte dei Paschi (quanti sindaci ha dato alla città?): ora che quell’epoca è finita per sempre, è necessario che siano le piazze e le sale pubbliche ad accogliere un dibattito che coinvolga tutti.

Già perché, percorrendo come gamberi la disastrosa cronistoria cittadina, la sconfitta di CEC2019 è forse l’epitaffio solenne ad un’era fatta di scandali, buchi di bilancio ed indagini ad “eccellenti insospettabili”: creare un Comitato di Candidatura privato, al quale il Comune di Siena partecipava ma di cui non era possibile, per i consiglieri, accedervi agli atti.

Scoprire solo a giochi fatti che sono stati spesi oltre 800.000 tra gadgets, eventi, presentazioni e costi del personale, per poi trovarsi a leggere, il giorno dopo l’infausto verdetto, un Bid Book decisamente imbarazzante (sempre per citare Montanari: “una città in mano ad un’oligarchia segreta e separata“), è l’esempio perfetto di come sono stati condotti i giochi in una città, abituata a vivere di rendita (culturale e finanziaria), in cerca di un metadone che rimandasse il momento della disintossicazione“, come dice ancora Montanari nel suo articolo.

L’invito conclusivo è diretto ai senesi, a prendere in mano le redini della città e reinventarsi, senza dover aspettare il “contentino” di 40 milioni di € dalla Regione che, secondo quanto si legge sugli organi di stampa (La Regione Toscana a fianco di Siena per la valorizzazione delle politiche culturali), dovrebbe arrivare a breve: dopo “Babbo Monte”, tocca a “Zio Enrico” ?


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