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Quando la violenza prende il posto della ragione.

Creato il 25 novembre 2012 da Fmrt
Quando la violenza prende il posto della ragione.Sono più le cose che ci uniscono o quelle che ci dividono?
Aizzatori, facinorosi, vendicatori, falsi profeti di promesse fittiziamente salvifiche, corrotti, malevoli, infingardi, meschini, violenti, volgari, pretestuosi, genti che si son fatti e si fanno ancora oggi portatori di giustizia divina, comunicatori di un verbo scritto e non praticato, impuniti macellai di spiriti, assassini, stupratori di corpi, stupratori di anime, stupratori di principi, macellai della ragione, oscurantisti, indottrinati prosecutori ciechi, bestemmiatori e usurai di vite altrui,, presuntuosi, arroganti.
Pensate ad anni su anni di storiografia. La violenza contro la ragione. Il disordine cieco e bieco contro la pacatezza e la pace. La maligna cospirazione empia contro il confronto ragionevole e costruttivo. Saggi di sociologia studiano lo "Scontro di civiltà" come fosse una frattura importante. Sentiamo parlare costantemente di fratture centro-periferia, di frattura settentrione-meridione...fratture...divisioni, muri.
Quel che ci divide. Mai quel che ci unisce. Oggi è la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. Doppio insulto. Insulto alle donne che dopo più di due mila anni ( secondo il computo gregoriano e quindi cattolico ) hanno bisogno di una giornata tutta loro per ricordare quanto ancora non abbiamo fatto, quanto ancora siamo arretrati, quanto ancora non concepiamo alcuna idea di vita egualitaria e giusta; e insulto per noi perché dobbiamo ricorrere ad una finzione così palese e così umiliante come una giornata internazionale per ricordare a noi stessi quanto siamo privi di una cultura che ci renda cittadini alla pari di un mondo che non riusciamo a vivere.
Quanta violenza c'è dietro una giornata come questa? Quanta violenza ancora? Quante donne, ragazze, figlie, mamme, nonne, zie, cugine, tacciono e rimangono violentate nella loro individualità. Quante ancora chiedono un permesso per uscire? Quante ancora non possono fare qualcosa per paura di una reazione? Quante volte ancora si dovrà sentire "lei lo sa che sono così, fa quella cosa e mi provoca"? Quante ancora non sono libere di camminare per strada come vogliono, quando vogliono? Si risponderà, sia una questione di sicurezza. Finiamola! Considerare il pensiero che l'uomo deve proteggere la donna, che una donna non possa uscire da sola, che una ragazza non possa avere l'indipendenza di crearsi la propria vita è quanto di più degradante esista non per una società che abbia la presunzione di definirsi civilizzata. La donna non deve avere nulla da cui proteggersi, questo è il pensiero cui dovremmo tendere. A tal proposito propongo anche di ridimensionare le nostre pretese altisonanti e di porci non a "società civile" ma di "società in via di conquiste civili"
Finché continueremo a mantenere questa cultura di violenza, non ci sarà spazio per un diretto confronto egualitario che porti ad una crescita sociale reale.
Violenza. La violenza non è banalmente solo quell'espressione fisica che lascia un segno visibile in un corpo. Esistono violenze ben peggiori, violenze cui siamo abituati. Violenze culturali. Violenze ideologiche. Violenze religiose. Violenze dettate da tradizioni sedimentate, nascoste seppur palesemente in vista. Sedimentate perché le abbiamo fatte diventare parte della nostra formazione culturale. Le vendiamo. Vengono rilasciate come fossero speranze di salvezza. Nascoste perché nei secoli, negli anni, i più malevoli tra noi sono riusciti a farle somministrare come abitudini giornaliere. Le insegniamo ai nostri figli, sorelle e fratelli, cugini. Li vestiamo di candido biancore e li spacciamo come principi sacri cui appellarci in caso di necessità. Diventano valori e ci cambiano prima di potercene rendere conto. Perché diciamo 2012? 2012 a partire da cosa? Qual'è l'evento che utilizziamo come segnatempo nel computo dei nostri anni? Un'atto di ragione? Un ragionamento scientifico? L'anno zero. La nascita di Cristo. Questa è una sconfitta per ogni essere dotato di ragione.
Non è uno scontro di civiltà. È improprio. È inesatto e risulta peraltro una grave reiterazione di un errore già compiuto più e più volte. Le civiltà sono credenze sedimentate e loro conseguenze. Lo scontro è tra le differenze che vogliamo considerare tali tra noi esseri umani. Le finzioni cui abbiamo deciso di credere. Le religioni non hanno distrutto nulla. Le culture non sono inconciliabili tra di loro. I libri, non sono veicoli di sofferenza. Sono veicoli di idee. Sono le persone ad incarnare le idee. Sono le persone a rendere violento qualcosa che nasce come un confronto.
Avevo scritto già qualcosa circa le parole. Sono parole come ERETICO, PAGANO, INFEDELE, RAZZA...sono parole come queste a marcare l'animo e l'intento del mio o dei miei interlocutori. Voi non mettete in discussione quello in cui credete, voi non potete. Io posso e devo. Il fanatismo è quanto di più violento esista.
Contrastare la violenza con la violenza non ha mai portato altro che a sofferenza. Pensate a quanti anni e quante forze sono state spese per conflitti razziali, pensate a quanti sono stati gli sforzi profusi per arginare il progresso della scienza, pensate a quanto il cattolicesimo e altre comunità religiose si pongano a vertici di giustezza e giustizia. Pensate a chi punisce in nome di un Dio di cui poco o nulla si sa. Bestemmia. Summa dell'arroganza. Epifenomeno dell'ignoranza cieca, bieca ma fedele. Fedele, già perché si può essere fedeli ad una dottrina, fedeli ad un'idea. A quanto pare però non si vuole essere fedeli all'unica cosa che potrebbero salvare davvero le persone da loro stessi e che potrebbe dar loro ben più di una pallida speranza in una vita senza affanni: la fede nella ragionevolezza.
Con grande umiltà, mi auguro ancora una volta di riuscire in una sola cosa: avervi fatto sorgere una domanda. È la domanda che conta, non la risposta.

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