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Quando le parole di una sola pagina sanno raccontare una lunga vita
Creato il 04 aprile 2010 da Sabrina2007_ L’amico dei gatti _
Ha quasi novantaquattro anni il vecchio Italo Peragallo, che passa questi giorni di calura nella Villa Rossa, dove è stato sistemato qualche mese fa. Quando vado a trovarlo, mi osserva con occhi un po’ opachi e mi dice in dialetto: “Siete proprio voi?”. E’ un problema far conversazione con lui, perché è quasi completamente sordo e ha un apparecchio acustico poco funzionale. In pratica, lui mi parla, mi racconta qualche storia passata e io lo ascolto, rivolgendogli cenni di assenso e partecipazione. Certo, non è molto contento di stare lì in un ricovero, o meglio in una casa per anziani. Vorrebbe poter uscire qualche volta per tornare al bar dove passava qualche ora o alla trattoria economica di cui era assiduo cliente. Ma non ce la fa più. Oltre al peso degli anni, sconta ancora le conseguenze di una polio subita da bambino, che gli ha lasciato una fastidiosa zoppia. Per questo il suo mezzo di trasporto è sempre stata la bicicletta, con la quale si spostava in giro per la città.
La famiglia di Peragallo era di origine genovese, di Pegli, e vantava, come mi dice, qualche quarto di nobiltà. In casa suo padre aveva appeso alla parete un quadro con lo stemma della casata e l’Italo, era ancora bambino, lo aveva irrispettosamente staccato e ritagliato per gioco. Rammenta ancora la reazione del genitore imbufalito, che non gli risparmiò una bella dose di schiaffi per questo affronto.
Gli ho portato un ritaglio da un libro in cui c’è una sua fotografia, tra le altre di
persone fermate perché sospette e portate in galera durante la guerra (era il 1943). Al vederla si anima e comincia a raccontare. “Una sera ero per strada, in Corso Italia, che allora si chiamava Principe Amedeo. Mi ferma una pattuglia, mi chiede i documenti. Non ne ho. Allora mi caricano su una camionetta e mi portano in Piazza Monticello, al carcere. Dopo un po’ vedo cinque persone condotte nella mia cella: erano partigiani, catturati per una spiata. Il giorno dopo saranno portati via e fucilati.
Invece io riesco ad uscire vivo, ma ancora oggi, quando guardo verso la Madonna degli Angeli, mi vengono in mente quei poveretti”.
Gli chiedo se ha presente mio padre, e lui: “Sì, sì, mi ricordo… Era già vecchio, ma camminava spedito: lo vedevo tante volte in Corso Benech, quando raccattava pinoli, e poi ci incontravamo al bar, dove ci passavamo il giornale”. In via Catalani Italo usava un vecchio magazzino, di cui gli erano rimaste le chiavi, che aveva un pertugio per i gatti e offriva loro un riparo nelle giornate fredde.
Mici ce n’erano due, una grigiona tigrata e una rossa, e tutti i pomeriggi, verso le cinque, portava loro un po’ di scatolette. Gli andavano incontro, quando arrivava, e si strusciavano sui suoi calzoni per dimostrargli tutto il loro affetto. Per anni li aveva accuditi con dedizione, finché ha potuto: negli ultimi tempi l’avevo sostituito io, in questo compito.
Italo non è proprio un misantropo, ma è vissuto sempre da solo, non ha una
famiglia sua. E in questi felini riversava tutto il suo amore per la vita.
Gli domando se si ricorda delle sue amiche gatte. “Me le ricordo – mi dice con un bel sorriso – soprattutto la grigia. Ma se ne sono andate tutte e due… e anch’io, che sono qui in questa Villa Rossa, sono quasi pronto a partire…”
Agosto 2009 Pietro Baccino
"Ho scritto una paginetta su Italo, se vuole gliela mando" mi aveva detto il suo amico Pietro Baccino il giorno del funerale di mio zio. Quando ho aperto l'allegato della mail e l'ho letto mi sono commossa. Quanti sentimenti si riescono ad esprimere in una sola pagina di word!Ho deciso di inserire questo post perchè mi fa piacere che rimanga un piccolo ricordo di Italo "o baŋ'ka" (il falegname)Marta