Sono scontento del mio ritmo di lavoro, lo ammetto. C’è chi dice che scrivo tanto, perché riesco a produrre più romanzi in un anno. È vero, le prime stesure, come ho già detto altre volte, mi escono veloci e in meno di 3 o 4 mesi, scrivendo solo nel week end, sono già a riposo in attesa di revisione.
A questo ritmo riesco tranquillamente ad avere circa 3 romanzi pronti in un anno, oltre a varie novelle da 7000 a 10000 parole.
Eppure non sono soddisfatto. Leggo da tempo autori che scrivono tutti i giorni, poco o tanto che sia. Lansdale, per dire, dice di scrivere tutti i giorni. Così King. Elmore Leonard, quando era ancora un impiegato, si svegliava presto per poter scrivere prima di andare in ufficio. Io sono da sempre incapace di fare questo.
Mi sono sempre autolimitato, non riuscendo a pensare di scrivere con poco tempo davanti. E pensare che Carver agognava a un’ora libera al giorno per poter scrivere, e non l’aveva. Era quindi costretto a scrivere nei week end, in un ufficio fuori di casa. Questo, ovviamente, prima di diventare scrittore di professione.
1 ora. Non sarebbe male provarci.
È anche vero che io scrivo tutti i giorni, in un certo senso, producendo articoli per il blog. Ed è sempre scrittura, allenamento utile perché ti fa comunque muovere il cervellino nel buttar giù frasi e pensieri. Non è poco, calcolando che serve anche per rimanere in contatto con i lettori e farsi promozione*.
Il caffè è un buon compagno? Una pubblicità diceva così.
Più e più volte, però, ho tentato e mi sono ripromesso di produrre qualcosa tutti i giorni. Tempo fa, e lo scrissi da qualche parte in un post che ora non trovo più, attrezzai una postazione in salotto. Poi il nulla. Mi rimisi a scrivere solo nel week end. E dire (ma me lo ripeto, davvero) che basterebbe un’ora al giorno per buttare giù qualcosa come 2000 parole e terminare in fretta le prime stesure, quando magari le idee sono più fresche e i collegamenti ben delineati.
Cosa dite, ci riprovo?
E voi, quando scrivete?
*Sul dovere avere un blog ne parlano tutti gli autori esteri, che consigliano di averne uno o almeno un sito, e di mantenere un’attività massiccia sui social per promuoversi e rimanere in contatto con il pubblico. Stranamente, qui nel nostro paese succede il contrario…