Siamo punto e daccapo. Poco è cambiato rispetto a ieri. Anzi, ad essere pignoli la situazione è persino peggiorata. Paradossalmente, se Berlusconi avesse potuto contare sui voti di una larga maggioranza alla Camera, sarebbe stato meglio. La sua è stata una vittoria di Pirro, trionfante sul piano personale nei confronti di Fini, ma desolante politicamente. Ora il PresDelCons è chiamato ad una nuova campagna acquisti (più facile convincere qualche altro futurista, forse, che taluni tra le fila dell’Udc) se vuole governare. Altrimenti, una volta chiusi i bagordi, ci si ritroverà sul piede di guerra e chiamati di nuovo alle urne. Se prima il governo del fare faceva poco, ora c’è il rischio che non faccia nulla. Circostanza da evitare come non mai: l’Italia non cresce, produce poco, la disoccupazione non cala, urgono riforme di cui neppure si parla più. Il problema, tuttavia, è ampio. Di fatto si hanno due minoranze (tre, tenendo conto del nascituro terzo polo). E proprio qui sta il punto. Appare un esercizio retorico – e forse ormai lo è diventato – chiedere a Berlusconi, in tutti i modi possibili, di fare un passo indietro. L’Ocse sottolinea che la pressione fiscale nel nostro Paese è aumentata, altro che rivoluzione liberale. E in tutto ciò, ancora non si parla di lavoro e welfare. Non almeno in termini di priorità in agenda. Anche ieri, durante la presentazione del libro di Vespa, Berlusconi ha propinato la solita litania sull’immediato intervento in Abruzzo e a Napoli (e anche qui ci sarebbe da ridire abbastanza fermo restando che in casi di emergenza l’intervento dello Stato è il minimo che ci si possa aspettare). Lasciamo stare, invece, la storiella trita e ritrita sulla mafia che nel mondo è famosa a causa delle serie televisive. E su, presidente, da bravo. C’è molto altro da fare…
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Siamo punto e daccapo. Poco è cambiato rispetto a ieri. Anzi, ad essere pignoli la situazione è persino peggiorata. Paradossalmente, se Berlusconi avesse potuto contare sui voti di una larga maggioranza alla Camera, sarebbe stato meglio. La sua è stata una vittoria di Pirro, trionfante sul piano personale nei confronti di Fini, ma desolante politicamente. Ora il PresDelCons è chiamato ad una nuova campagna acquisti (più facile convincere qualche altro futurista, forse, che taluni tra le fila dell’Udc) se vuole governare. Altrimenti, una volta chiusi i bagordi, ci si ritroverà sul piede di guerra e chiamati di nuovo alle urne. Se prima il governo del fare faceva poco, ora c’è il rischio che non faccia nulla. Circostanza da evitare come non mai: l’Italia non cresce, produce poco, la disoccupazione non cala, urgono riforme di cui neppure si parla più. Il problema, tuttavia, è ampio. Di fatto si hanno due minoranze (tre, tenendo conto del nascituro terzo polo). E proprio qui sta il punto. Appare un esercizio retorico – e forse ormai lo è diventato – chiedere a Berlusconi, in tutti i modi possibili, di fare un passo indietro. L’Ocse sottolinea che la pressione fiscale nel nostro Paese è aumentata, altro che rivoluzione liberale. E in tutto ciò, ancora non si parla di lavoro e welfare. Non almeno in termini di priorità in agenda. Anche ieri, durante la presentazione del libro di Vespa, Berlusconi ha propinato la solita litania sull’immediato intervento in Abruzzo e a Napoli (e anche qui ci sarebbe da ridire abbastanza fermo restando che in casi di emergenza l’intervento dello Stato è il minimo che ci si possa aspettare). Lasciamo stare, invece, la storiella trita e ritrita sulla mafia che nel mondo è famosa a causa delle serie televisive. E su, presidente, da bravo. C’è molto altro da fare…
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