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Quant’è profondo il mare

Creato il 02 marzo 2011 da Parolecomplicate

Ho passato gli ultimi giorni a cercare di capire quale strano meccanismo mentale si sia instaurato tra me e il nord Africa. Che cos’è che mi fa stare attaccato al sito di Al Jazeera, che mi fa pensare di continuo ai volti di quei ragazzi per strada e alle loro mani alzate al cielo.

Una risposta parziale (ma credo vera) è che sono molto emozionato. E’ un’emozione sincera, quasi commossa. Da quando ho memoria sono governato dalle stesse persone, guardo le stesse tv, leggo di rivolte polacche o ungheresi solo sui libri di storia.Da 25 anni non è mai successo nulla di abbastanza vicino da sembrare reale. Come conseguenza (un po’ come con la storia del tipo nato, crocifisso e poi risorto) uno se la mette via. Certo, il popolo. Certo, la rivoluzione. Certo, le idee. Certo, camminare sull’acqua. E come no. E perché io non ho mai visto nulla di simile? Perché queste cose non succedono più? Perché non esistono, uno pensa. E invece.

Il nord Africa mi emoziona, mi coinvolge e mi sconvolge perché è vero. Perché succede, qui e ora. Perché dà una dimensione  all’inessenziale con cui mi ingozzano come un’oca da mattina a sera e su cui io scrivo, penso e dibatto pure. La verità è che il nord Africa, a prescindere dal chi viene dopo, ha un po’ cambiato chi ha avuto cuore di dargli ascolto. Non un cambiamento violento eh, e nemmeno una speranza che quello che succede lì accada anche qui (ci mancherebbe). Solo molta ammirazione e un briciolo di invidia per gli occhi sognanti di quei ventenni, che la mattina scelgono di prendere in mano i loro giorni senza neanche dover abbinare i gemelli con la cravatta.

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