Magazine Famiglia
Quando lo incontro finisce ogni volta a dirmi "grazie per quello che hai fatto per mio figlio". Per le cose che ha imparato, per la passione e l'attenzione. Per la follia di fare cose contro corrente e contro tutti.
Già, c'è stato un periodo durante il quale ho cominciato a cambiare il mio modo di concepire la didattica, non più solo l'attività con i bambini finalizzata all'apprendimento, ma qualcosa a più ampio respiro che orientasse bambini e famiglie. Che la scuola diventasse un punto di riferimento, non come dice Roberto Vecchioni un luogo per esercitarsi alla vita, ma luogo di vita, dove si concepiscono progetti del quale la scuola è il primo passo.
Forse altrove lo facevano già ma per noi erano le prime esperienze. Il teatro (farsi anche 200 km coi i bambini di tre, quattro e cinque anni, per partcipare a rassegne internazionali), i giochi con i genitori, i laboratori genitori/figli/insegnanti. Ma anche la fine delle recite tradizionali così poco adatte a mio avviso a valorizzare tutti, più che altro passerella per le riprese da far poi vedere orgogliosamente al parentado. E questa della recita l'ho capita un pò grazie anche a lui quando disse senza mezzi termini che la recita faceva schifo, perchè i bambini stavano in piedi ad aspettare le maestre che preparavano, e mentre aspettavano le maestre li sgridavano perchè giocavano, insomma una cosa lunga, stressante e orribile che da quel giorno giurai di non ripetere mai più (promessa mantenuta tutt'oggi).
Di tutto ciò che mi racconta mi piace quando mi dice che la scuola Infanzia ha orientato suo figlio anche nel percorso scolastico successivo, ne ha nutrito le aspirazioni lasciando una traccia visibile tutt'oggi.
Credo che come genitori pensiamo poco a quest'aspetto. Oggi a distanza di tanto tempo da allora, le sue parole mi hanno permesso di riflettere su quella scuola dal quale ho iniziato davvero a concepire una nuova idea della didattica che mi porto ancora appresso. Quella era una scuola fatta, assieme alle poche colleghe che condividevano queste scelte, di consapevolezza degli obiettivi. Pur con bambini piccoli la nostra aspirazione era costruire percorsi dia apprendimento significativi, all'insegna del gioco ma orientati alla formazione della persona, non tre semplici anni di scuola infanzia, no, tre anni come primo grado dell'istruzione. Allora si cominciava appena a parlare di orientamento scolastico, ed ancora erroneamente si pensa che questo cominci alla scuola Media, al più al termine della Primaria. L'orientamento comincia molto prima come mi ha giustamente ricordato questo genitore. Orientamento come capacità di capire le proprie inclinazioni, di riconoscere in sé un talento, una passione, sviluppo della competenza al fine di comprendere cosa ci piace fare nella vita.
E voi che esperienza avete di orientamento alla scuola Infanzia? Come genitori?© Crescere Creativamente consulta i Credits o contatta l'autrice.
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