Non è solo per 20 centesimi. È per molto di più. Questo è lo slogan che accompagna le rivolte che stanno avvenendo in Brasile durante la disputa della Confederation Cup. Tutto questo è vero.In Brasile fino ad alcuni giorni fa, si è disputato il torneo internazionale che precede di un anno la famosa Coppa del mondo di calcio; i cittadini brasiliani però invece di festeggiare questo grande evento internazionale stanno manifestando per le strade la loro indignazione per le spese “eccessive” che il governo ha effettuato per i nuovi stadi. I cittadini vorrebbero che il loro governo si impegnasse di più in finanziamenti per la sanità, l’istruzione, per i trasporti pubblici più che per un evento calcistico.
Il Brasile è una delle culle del calcio mondiale: nella sua storia ci sono stati campioni come Pelè, Ronaldo e ora Neymar, è l’unica nazione che abbia disputato tutte le edizione della coppa del mondo ed è anche l’unica ad averla vinta per ben 5 volte. Tuttavia i brasiliani non sembrano molto interessati a questo motivo di orgoglio nazionale.
Le manifestazioni che stanno avvenendo nello stato sudamericano portano in strada lo scontento popolare verso la presidentessa Dilma Rouseff, succeduta al famoso presidente di sinistra ed ex sindacalista Lula. Dilma Rouseff, dello stesso partito di Lula, sta governando il Brasile portando avanti lo stesso progetto di sviluppo del suo predecessore. Quest’ultimo è stato il primo presidente di sinistra dello stato tropicale dopo anni di governo militare e di destra (ha vinto con il più alto consenso alle urne della storia brasiliana), è stato l’unico presidente a pagare tutti i debiti nazionali verso il FMI e il Club di Parigi per poi dare una fortissima spinta all’economia del paese, portandola tra le prime 10 economie del mondo e permettendole di entrare a far parte dei BRICS, acronimo che comprende le nuove forze economiche mondiali (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa).
Lula e Dilma Rousseff, il giorno della presa di possesso come presidente del Brasile di quest’ultima, nel gennaio 2011
Cosa è accaduto da portare la presidentessa Dilma Rousseff ad avere cosi tanti brasiliani che l’accusano di una cattiva condotta come capo dello stato? Per capire bene cosa sta succedendo in Brasile bisogna andare oltre le notizie che ci giungono dai mezzi d’informazione ufficiali. I telegiornali e i giornali ci dicono che le proteste sono iniziate dopo l’aumento di 20 centesimi sul prezzo del biglietto dell’autobus. Parzialmente vero. Le proteste per l’aumento del costo del biglietto dei mezzi pubblici non sono una novità in Brasile. Il partito universitario di sinistra si è sempre opposto all’aumento del costo del biglietto non per una questione di prezzo elevato, ma per la loro idea di servizio pubblico che vedrebbe l’uso gratuito dei mezzi da parte della popolazione. L’aumento del prezzo ha portato la gioventù brasiliana, soprattutto quella che frequenta le scuole, a manifestare la propria disapprovazione nelle strade come già è avvenuto in passato. Questa volta però alle manifestazioni hanno partecipato un numero elevatissimo di persone e, a differenza delle altre volte, portando anche un’ondata di violenza nelle città. Sono stati bruciati pneumatici, si sono registrati scontri con la polizia e alcuni i manifestanti hanno morso, strappato e dato alle fiamme le bandiere del partito di Lula e Dilma Rousseff. Tutto questo ha l’aria di una rivolta popolare contro un governo corrotto che ha danneggiato la propria popolazione.
Il Brasile da qualche anno, esattamente dall’avvento di Lula al potere, ha spezzato le catene che lo tenevano legato agli Stati Uniti, al FMI e al Club di Parigi e che lo strangolavano sfruttando l’economia brasiliana. Ha cominciato a dialogare con i governi “nemici degli USA”, quelli che gli americani descrivono come dittature nocive alla popolazione, come il Venezuela di Chavèz, ora governato da Maduro, uomo fidato del capitano della rivoluzione Bolivariana, però eletto regolarmente alle urne (uno strano tipo di dittatura); ha dialogato anche con Cuba, Cina, l’Iran e la Russia in campo economico.
Questo atteggiamento ovviamente non è stato ben visto dagli USA che, in questi anni, stanno perdendo il forte consenso mondiale che hanno sempre avuto e si stanno indebolendo sempre di più come forza economica mondiale, affievolendo la propria influenza sulle scelte economiche di alcuni stati chiave nei vari angoli del mondo. Questa forte influenza, che ha sempre caratterizzato gli USA nell’ultimo secolo, è sempre stata particolarmente evidente in politica estera. Gli Stati Uniti non sono mai stati a guardare cosa succedeva nel mondo, hanno sempre cercato, e molte volte con successo, di tracciare linee guida per gli altri stati, linee guida che volgessero a loro favore. Dove non riuscivano nell’impresa di convincere i governi a collaborare con loro allora è stata chiamata in campo la CIA.
Il Sud America ha subito forse più di tutti quest’ultima strategia da parte degli USA. Ricordiamo dagli anni ’50 fino agli anni’70, dove in Sud America stati come l’Honduras, la Bolivia, il Cile, Il Guatemala, Cuba, il Venezuela, il Paraguay, l’Argentina, le Filippine hanno subito questo trattamento. In tutti questi paesi sono stati registrati colpi di stato che negli anni sono stati riconosciuti come piani d’azione della CIA, messi in atto per portare al potere uomini di fiducia degli Stati Uniti, affinché questi stati adottassero leggi in ambito economico che andassero a favore degli USA (e di multinazionali statunitensi) e molte volte, se non praticamente tutte, a sfavore della popolazione locale.
Le lotte delle realtà locali contro le multinazionali come la United Fruits, che sfruttava i contadini sud americani e esportava a costi praticamente nulli la frutta, hanno portato ad atroci interventi dei servizio segreti americani con, in alcuni casi, l’uccisione dei presidenti “nemici”. Negli anni ’70 questa cosa era davanti agli occhi di tutta la popolazione mondiale, anche se non proprio in maniera del tutto conscia, sino ad arrivare al caso di un presidente americano, Jimmy Carter, che è dovuto ricorrere ai ripari facendo una legge che proibiva a qualsiasi funzionario statale di pianificare o effettuare omicidi di esponenti politici degli stati esteri.Sembrava che la storia dovesse cambiare in meglio, invece la CIA e i suoi uomini hanno solamente cambiato modo di passare all’azione. Le rivolte popolari “pianificate” non avvengono più con colpi di stato militari, con l’esercito in piazza e i carri armati nelle strade, ma vengono camuffate sotto le spoglie di una rivolta partita dal basso, dallo scontento popolare, proprio come sta succedendo in Brasile.
Ci sono alcuni fatti che andrebbero chiariti con cura, in questo articolo purtroppo non si possono spiegare i minimi particolari, ma il tentativo è quello di porre il lettore comunque davanti a fatti e quesiti (a mio avviso importanti) che possono far ragionare al di fuori dello schema comune fornito dai servizi di informazione ufficiali. Innanzitutto andrebbe notato come la maggioranza dei manifestanti che si vedono per le strade sia bianca: fatto alquanto strano per una popolazione meticcia di prevalenza scura di carnagione. Andiamo oltre: nella città di Brasilia ci sono state grandissime manifestazioni e violenze; tuttavia proprio a Brasilia, centro finanziario del Brasile, il costo del biglietto per i mezzi pubblici è tra i più bassi dello Stato.
Terzo punto: come è possibile che la popolazione brasiliana, di sponda comunista, vada a manifestare davanti alla casa dell’ex presidente Lula, l’uomo che li ha liberati dalle catene di schiavitù del FMI e dagli Stati Uniti e che ha dato loro una nuova vita alla nazione? Tra i manifestanti sono stati rintracciati i tradizionali teppisti costituiti da gruppi e partiti come i trotskisti del Psol, sarebbero loro i responsabili degli “eccessi” perfettamente pianificati. Un rapporto dei servizi segreti, la sezione P2 della Policia Militar della SP, ha dimostrato che i militanti del PSOL hanno reclutato “puankkabbestia” per saccheggiare negozi e incendiare veicoli. I manifestanti arrestati a Brasilia hanno ammesso di aver ricevuto da 30 a 250 real per portare pneumatici da incendiare. Saman Mohammadi su The Excavator, il 22 giugno 2013 ha scritto: “Non si tratta di 20 centesimi, ma di un cambio di regime voluto dagli USA”.
La domanda che viene spontanea in questi casi tuttavia è: se la polizia e l’esercito stanno difendendo la presidentessa Dilma Rousseff placando i manifestanti, in alcuni casi anche in modo del tutto violento, con i proiettili di gomma sparati che hanno causato alcune vittime, come si può parlare di colpo di stato? Come precedentemente scritto, la CIA e i suoi alleati hanno dovuto cambiare strategia per i loro scopi. Un documento di Wikileaks tradotto e divulgato dal gruppo guidato dal famoso Julian Assange ha portato alla luce la possibilità di un complotto militare in Brasile. Il dialogo tra alcuni cospiratori, non ancora identificati, direbbe cosi: “Si sta creando la necessità di una riunione di emergenza tra i principali leader brasiliani. Alcuni di loro saranno tutti insieme su un elicottero, diretti verso una destinazione sconosciuta. All’interno del velivolo vi saranno la Presidentessa Dilma, il suo Vice Temer, Enrique Eduardo Alves, presidente della Camera dei Deputati e Renan Calheiros, attuale presidente del Senato. Questo elicottero subirà dei guasti meccanici, precipitando in mare e uccidendo tutti i passeggeri. Da quel momento l’attuale presidente della Corte Suprema, Joaquim Barbosa dovrà obbligatoriamente assumere la presidenza. Barbosa s’è affiliato al PMB, Partito Militare Brasiliano, (appena nato!)”.
Il vicepresidente statunitense Joe Biden e la presidentessa brasiliana Dilma Rousseff a fine maggio 2013, in Brasile.
Il Brasile starebbe affrontando uno degli inganni più sofisticati nella storia senza che nessun colpo sia stato sparato e nessun soldato nemmeno inviato in piazza.
Appare così curiosa anche la visita da parte del Vicepresidente degli USA Joe Biden in Brasile alla fine di maggio 2013. Il vicepresidente Biden vanta stretti legami con la CIA: sarebbe tato lui, con l’approvazione del Senato, a mettere a capo della CIA il famoso John Brennan, già vicedirettore dell’agenzia ai tempi dello scandalo delle torture afflitte ai sospettati dell’attentato dell’11 settembre 2001 da parte della CIA. La difesa di Brennan dalle accuse sarebbe stata: le torture erano decise dal presidente Bush, io ho solo eseguito gli ordini. Sembra di sentire l’eco dei nazisti processati a Norimberga.
In tutto questo la presidentessa Dilma Rousseff ha allungato la mano verso i manifestanti, accusando però i disordini dicendo di non poterli più tollerare. Ha ascoltato le richieste della popolazione e la sua risposta è stata: “Presto vareremo un piano in tre punti per migliorare i servizi pubblici: destineremo il 6% delle entrate petrolifere all’istruzione, faremo arrivare medici dall’estero per coprire le carenze nella sanità (questa politica ricorda molto i migliaia di medici cubani che andarono in Venezuela per aiutare la popolazione più povera che i medici venezuelani si erano rifiutati di curare, nonostante le leggi popolari del presidente Chavèz, NdA) e faremo un piano nazionale per la mobilità.” Ha anche aggiunto che avrebbe fatto di tutto per rendere le azioni della sua politica ancora più trasparenti limitando la corruzione. È proprio vero: in Brasile tutto quello che sta accadendo è molto di più di una semplice manifestazione contro i famosi 20 centesimi.
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