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Sgombriamo il campo dalle implicazioni religiose precisando che nulla c’entra il periodo legato al culto cristiano che precede la Pasqua, anche se la sfida prende spunto da una battuta di mia nipote che, un paio d’anni fa di fronte a un dolce offertole nel periodo quaresimale, disse “No, grazie, in quaresima non mangio dolci”.
Mi piacque la cosa per due motivi: primo perché sembrandomi inappropriata per il personaggio che ritengo un tipo piuttosto libero nel pensiero e gaudente nel cibo stimolava la mia curiosità riguardo alle motivazioni, secondo perché mi sembrava, sì di difficile attuazione, ma soprattutto senza senso e il senza senso mi attrae irrimediabilmente.
Così negli ultimi due anni, in quaresima (tempo scelto per comodità, perché abbastanza lungo e lontano da vacanze, feste e compleanni per quanto concerne la mia cerchia), ho raddoppiato cercando di rinunciare ai dolci e pure all’alcol. Perché? Essenzialmente per una sfida con me stesso, per capire se sarei in grado, nel caso che se ne dovesse presentare una reale necessità, di rinunciare a qualcosa che mi piace parecchio. Le rinunce all’alcol e ai dolci, seppur di scarso impatto mondiale, hanno di fatto una discreta rilevanza sulla persona perché in 40 gg ci sono centinaia di momenti nei quali veniamo o potremmo venire in contatto con essi. E non è facile.
Avrei potuto anche scegliere di rinunciare ai film con Ryan Gosling, alle partite della viola (quanto sarei stato meglio!), alla Cucinotta o al tennis, d’accordo, ma qualcosa alla fine andava scelto e io ho puntato sull’alimentazione. Anche per un comodo secondo fine legato al peso, difficile infatti che finisca per ingrassare a meno che non mi butti sulla pasta a pranzo e a cena.
Epperò c’è un’eccezione fondamentale che riguarda l’educazione, vale a dire che non ci si deve incaponire nella rinuncia quando questa diventa uno sgarbo nei confronti di un ospite, classico caso quando inviti amici a cena e questi portano un dolce: non ti puoi esimere dal gustarne una fetta, per educazione.
L'ultima postilla riguarda i giorni aggiuntivi da scontare a fine quaresima: ogni sgarro nel periodo vale ulteriori tre giorni di astensione in fondo.
L’episodio più duro del primo anno riguardò una cena in pizzeria dove coraggiosamente ordinai da bere solo acqua. Da quel momento ho deliberato che non bere birra con la pizza è maleducazione.
L’anno scorso, invece, ho avuto in casa per un mese un vasetto di confetti di pinoli acquistati da Romanengo, a Genova, ed è stato un vero supplizio offrirli e non assaggiarli mai fino a Pasqua.
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