Nel lungo dibattito sul pagamento e risanamento del debito internazionale dell’Argentina, i cui attori fondamentali sono le banche argentine e i soci degli hedge fund statunitensi, non si è trovato nei giorni scorsi un accordo finale.
È questo che ha portato a parlare di default da 29 miliardi per il paese latino americano, perché è stato superato il termine di scadenza dell’acquisto dei bond senza che si sia riusciti a trovare una soluzione. Se da una parte l’Argentina dichiara, tramite le parole del suo Ministro dell’Economia, Alex Kicillof, che di default non si può parlare, e che la colpa è degli hedge fund che hanno fatto proposte illegali a cui l’economia argentina non poteva sottostare, dall’altra parte gli Stati Uniti i cui hedge fund sostengono che nessuna delle alternative è stata presa in considerazione dal ministro Kicillof.
Le dinamiche di ciò che succederà non sono ancora chiare: è l’ente Isda che dovrà decidere se si tratta di un default o meno, se ci sono altre possibili opzioni in extremis che possono saldare la rottura economica di quella che è comunque la terza economia dell’America Latina. Anche perché il default non è una mera definizione economica, ma avrà conseguenze anche sociali nella vita reale di tutti i cittadini, e chiuderà l’economia argentina in se stessa. Oltretutto, sarebbe la seconda volta in poco più di tredici anni che l’Argentina va in default. Un record nero, considerando che già con la crisi del 2001 lo stato latino aveva subito un duro colpo, da cui stava incominciando a uscire soltanto adesso.
Nel caso in cui la bancarotta dell’Argentina dovesse venire ufficializzata a tutti gli effetti, e non dovessero esserci soluzioni alternative, le conseguenze negative ricadrebbero in primo luogo sui cittadini argentini, ma anche su coloro che hanno investito fondi per salvarne il debito, tra cui molti cittadini italiani ed europei: la speranza è dunque per l’economia mondiale che si trovi all’ultimo una via d’uscita.