Personalmente amo sempre molto scoprire i dettagli relativi alla creazione di un personaggio o di una serie, le versioni che definisco in modo po’ troppo arzigogolato “ciò che avrebbe potuto essere e invece non è stato”. Prima di arrivare alla versione finale di un’opera, infatti, spesso gli autori compiono parecchie modifiche all’idea originale, che, magari pur rimanendo intatta nello “spirito”, subisce ampi rimaneggiamenti nei dettagli. È stato così anche per Mazinga Z, che nell’ipotesi iniziale di Go Nagai (e dei suoi collaboratori) era molto differente da quello che in seguito esordì in televisione.
A occuparsi del design artistico fu Tadanao Tsuji, che iniziò a svolgere tale professione proprio con Mazinga Z, dopodiché lavorò su serie del filone robotico come Getter Robot,Getter Robot G e UFO Robot Grendizer, portando avanti una solida cooperazione con Nagai. Ai tempi di Mazinga Z Tsuji e tutto lo staff avevano a disposizione poco tempo per fissare tutti i particolari rilevanti, spesso si ritrovavano a prendere decisioni lampo all’ultimo momento. In particolare, Tsuji ricorda che pensò a lungo a come caratterizzare il deposito in cui era contenuto Mazinga Z: l’idea finale di collocarlo in una sorta di gigantesca piscina, la cui acqua scompariva al momento dell’uscita del robot, gli venne casualmente guardando il film I dieci comandamenti e le acque del Mar Rosso che si aprono al passaggio di Mosé.
![Quasi Mazinga Z ></div>> LoSpazioBianco “Quasi” Mazinga Z](http://m2.paperblog.com/i/97/971140/quasi-mazinga-z-L-R54uav.jpeg)
Ma torniamo al primo Mazinga Z. Inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi Iron Z (in seguito Fuji TV impose il nome Energer Z, che solo dopo Nagai cambiò in Mazinga Z), il suo aspetto era più grossolano e il pilota, Koji Kabuto, sarebbe dovuto arrivare al posto di guida, collocato sopra la testa del robot, grazie a una moto che si incastrava proprio in mezzo agli occhi del colosso di metallo. La scelta del Pilder è ovviamente più logica e credibile. Inserire in una moto i comandi per pilotare un robot gigante appare impresa assai complessa, mentre l’idea che un pilota possa starsene seduto su una moto (quindi privo di qualsivoglia protezione) durante un combattimento tra robot giganti sembra una follia. Per non parlare di quando il robot deve volare… Tuttavia, almeno su chi scrive, l’idea della moto che si incastra nella testa del robot esercita un fascino difficilmente eguagliabile, anche dal bellissimo Pilder (che comunque trovo geniale con le sue ali pieghevoli). La moto non fu l’unica modifica apportata al robot. Mazinga Z ha il “naso” più pronunciato e la “bocca” più piccola rispetto all’originario Iron Z, è una sorta di castello di ferro in cui sono state sistemate molte e potentissime armi. Il suo corpo è stato realizzato con la superlega metallica Z, ottenuta raffinando un nuovo elemento, il Japanium. Sempre dal Japanium viene estratta l’energia fotonica necessaria per farlo muovere. Mazinga Z è alto 18 metri e pesa 20 tonnellate. E Iron Z (o Energer Z che dir si voglia)? Gianluca Maconi: Rocket Punch! (clicca per ingrandire)
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> LoSpazioBianco" alt="Quasi Mazinga Z >> LoSpazioBianco" height="197" />Per raggiungere tale posizione, Koji avrebbe dovuto esibirsi in una sorta di acrobazia da stunt-man, lanciando la moto a tutta velocità sulla schiena di Iron Z (costruita come una rampa verticale) e piombare sul posto di guida.
Nella versione finale, ovvero in Mazinga Z, rimase l’idea del mezzo che si incastra nella testa del robot, ma si trattò di qualcosa di molto più avveniristico e tuttavia credibile. Stiamo parlando dell’HoverPilder, elegante, oltre che piccolo e maneggevole, mezzo volante in grado di muoversi sia in orizzontale che in verticale (per scendere sulla testa di Mazinga Z) grazie alle doppie eliche a posizione variabile. Nella settantunesima puntata l’Hover Pilder (distrutto nella sessantanovesima) viene sostituito dal più moderno Jet Pilder, che al posto delle eliche usa dei jet, comunque orientabili per permettere i due differenti assetti di volo.
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Tra le sua armi preferite vi sono: il Raggio Fotonico (in originale Koshi Ryoku Beam) usato fin dall’episodio due, migliorato nell’episodio ottantaquattro; il Pugno a razzo (ovvero il Rocket Punch), per cui il pugno si stacca dal braccio e vola a colpire l’avversario, la cosa è possibile grazie a dei razzi sistemati all’interno del pugno; il Fuoco pettorale (Breast Fire), l’arma finale, che produce un raggio di calore di trentamila gradi e può colpire fino a un chilometro di distanza, e che viene utilizzata per la prima volta nel quinto episodio, ma che richiedendo molta energia rappresenta anche un punto debole.
Inoltre Mazinga Z può utilizzare il Jet Scrander, delle ali create per permettergli di volare. Questo congegno si aggancia con un’apposita manovra, detta Scrander Cross, alla schiena del robot, inoltre può lanciare iSouthern Cross Knife (lame della Stella del Sud), in grado di fare a fette i nemici.
Non è stato dimenticato. In anni recenti la Bandai gli ha dedicato dei Soul of Chogokin, riproduzioni in scala in metallo, grazie alle quali abbiamo potuto finalmente vedere in 3D il “Mazinga Z che avrebbe potuto essere e invece non è stato”…OMAGGI A MAZINGA Z
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