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Guido Jucci. Avvocato, scrittore, abbiamo letto con grandissimo piacere il suo 16 Giorni.
Ora quattro chiacchiere eleganti e cortesi con questo neo scrittore.
Come nasce 16 giorni?
Avevo scritto due libri tesi ad affrontare le tematiche esistenziali da un diverso angolo prospettico, ma alcuni editori cui mi ero rivolto mi hanno cortesemente spiegato che il pubblico italiano non è disposto ad affrontare un nuovo in campo filosofico se l’autore è sconosciuto. Ho provato quindi a vestire parte di quei medesimi concetti con un romanzo, rendendoli più leggeri e alternandoli al ritmo dell’inchiesta e a spunti di ironia.
Quanto della realtà coincide con la finzione letteraria?
Come ogni bugia contiene un fondo di verità, anche la fantasia attinge dall’esperienza. La storia è in sé del tutto inventata ma, ad esempio, l’idea del puntatore laser mi è venuta per avere professionalmente seguito l’acquisizione di un’azienda che produceva mezzi di puntamento per carri armati che l’acquirente ha riconvertito in strumenti di guida per macchine da cucire. Alcuni personaggi rivelano tratti della realtà quotidiana, ma sono tutti veri, tutti fragili, ciò che li differenzia è che sono anche attenti e che, chi più chi meno, coloro i quali si impegnano a crescere ci riescono pagando forse anche volentieri i loro relativi prezzi.
Personaggi femminili assoluti protagonisti, perché questa scelta?
E’ vero, non c’è un solo personaggio e la sua antitesi, ci sono molti personaggi e la maggioranza di questi è donna. Sono donne diverse, dalla beghina alla licenziosa, dalla borghese all’intellettuale, che hanno in comune l’avere raggiunto il sogno della loro vita ma che ciò nonostante provano disagio. La ricerca di quel disagio porta ciascuna di esse a scoprire la matrice del sogno e la sua inconsistenza culturale figlia di una tradizione non indagata. Ho scelto volutamente di accentuare il processo evolutivo di quelle donne perché secondo me esse hanno maggiore apertura mentale e sono più coraggiose verso le diversità, sono quindi più pronte all’evoluzione. Pur non essendo cultore di dottrine orientali, ricordo però che nella Namaste la destra è il maschile, il materiale, il fare e il dare, mentre la sinistra è il femminile, il ricevere, il sentire e lo spirituale. Forse hanno ragione. Comunque troviamo anche degli uomini che, forse con minore determinazione ma con apprezzabile sforzo, sanno guardare avanti.
Sembra che il suo romanzo sia una specie di primo capitolo, ha in mente altre uscite legate a 16 Giorni?
Nella certezza del fatto che non sarei stato capace di impostare neppure il canovaccio di un romanzo, anche perché non ne ho quasi mai letti, lungi da me era l’immaginarne ulteriori. Allorchè i lettori della prima stesura furono concordi nel lamentarsi che con l’ultima pagina del libro perdevano i loro nuovi amici, pensai a quanto ancora ci sarebbe stato da portare all’esterno se la via del romanzo si fosse rivelata praticabile. Poi conobbi gli amici della Castelvecchi e tutto l’incoraggiamento che ne seguì. La risposta è quindi sì.
Da avvocato a scrittore: come è possibile? Lei compare anche in Miracoli di Carlo A. Martigli: le va di raccontarci la sua storia?
La mia professione è quella di avvocato, lo è stata e continuerà ad esserlo. Scrivere è diventato un piacere che occupa il tempo libero di chi per altro non ha obblighi di convivenza. Il perché del primo approccio letterario si trovano nella domanda successiva. In sintesi, ciò che mi ha portato dal più coriaceo ateismo alla convinzione che non siamo soli sulla terra è stato propulsivo del tentativo di diffondere quantomeno i concetti base di una diversa ottica esistenziale. Ciò che Martigli ha ritenuto di volere esprimere corrisponde a realtà, ma le considerazioni più convincenti e articolate si trovano proprio nel libro ancora inedito cui prima facevo riferimento.
Vedere il suo romanzo stampato cosa le ha fatto pensare?
Dal punto di vista emozionale sostanzialmente nulla. Ho invece auspicato che questa pubblicazione potesse dare una mano anche a qualcun altro così come qualcun altro l’ha data a me.
Come esordiente ha avuto ansia da prestazione?
La prestazione è quella dello scrivere, solo dopo si viene a sapere se li libro verrà pubblicato, per cui la risposta è no.
Ha qualche ispiratore per la sua scrittura?
Come dicevo, sono consapevole che altro di non materico è presente sulla terra e, a volte, interagisce in modo evidente e razionalmente apprensibile. Nella stesura di “Sedici Giorni” molto spesso mi è capitato di essermi cacciato in un cul de sac o, comunque, di non sapere andare avanti. Dentro di me sollecitavo un aiuto esterno e le mani improvvisamente riprendevano a digitare a una velocità maggiore di quella di cui sono capace.
Ci saluti come meglio crede.
Condivido l’opinione secondo cui il passo avanti compiuto dall’inconsapevole è più importante della staticità dell’illuminato. L’augurio è che “Sedici Giorni” possa offrire un pur modesto contributo nell’indurre qualche domanda e nel fornire spunto per qualche riflessione.
Grazie ancora per la cortesia.