E poi c’è qualcuno che pensa che intervistare autori per il blog sia una passeggiata. Si sta fermi davanti a un computer e si ideano domande. In effetti, il più delle volte è così, ma non oggi, non se le persone che devi intervistare ti aspettano nella loro dimora e tu, per parlare con loro, devi calarti in panni adeguati per l’occasione…
Mi guardo allo specchio e sì, indosso un abito da favola, uno di quelli che ho sempre sognato di poter mettere, ma ora che il sogno è realtà, vi assicuro che non è molto piacevole. È un abito medievale di stoffa pregiata. La seta che Donatella mi ha fatto arrivare da S. Leucio è stata cucita per me da un’abile sarta. L’abito è lungo fino ai piedi impaccia i miei movimenti, temo che se non camminerò attenta, come se stessi attraversando un sentiero fatto di cristallo preziosissimo, combinerò un disastro.
E allora, cosa penseranno di me i due principi?
Il viaggio in carrozza non è dei più piacevoli, avrei preferito di gran lunga poter cavalcare fino a Castel Fiammante, ma voglio dare una buona immagine di me, soprattutto al primogenito di re Felmasio!
Il castello si erge davanti a me, imponente e maestoso, il sole s’infrange sui muri di pietra rossa e sembra mandarlo in fiamme, ora capisco perché lo chiamano Castel Fiammante. Le mani mi tremano un pochino, le nascondo nelle pieghe dell’abito verde che indosso e penso che se mi vedesse Donatella, in questo momento, si farebbe una grande risata.
Ecco…adesso dove dovrò bussare per farmi annunciare?
Mentre ancora sto pensando a come fare, il ponte levatoio si abbassa e la carrozza inizia a percorrere un lungo viale acciottolato fino a fermarsi davanti a un enorme portone sul quale riconosco lo stemma della famiglia reale, i Noctiluca. Mentre sto ancora scendendo dalla carrozza il portone si apre e mi accoglie un uomo di poche parole. Il cortile è ampio e luminoso, ma l’uomo mi fa cenno di seguirlo su per una scalinata che mi porta alla loggia. Mi guardo intorno meravigliata, sul soffitto del loggiato il vistoso affresco dell’albero genealogico dei Noctiluca mi provoca un brivido d’emozione. Il nome di Letanzio, il capostipite, è il primo a comparire alla base del tronco, dopo di lui tanti regnanti e poi Nem, il padre di Mitrio e quindi i suoi figli Fredric e Nem sono gli ultimi a spiccare su una ramificazione in attesa di essere proseguita. Nem, solo a leggerne il nome, un brivido mi attraversa la schiena. Il solo pensiero che finalmente lo incontrerò mi mozza il respiro. Sono due anni che lo sogno, due anni che fantastico su di lui tessendo con gli occhi della mente un ritratto dettagliato del suo aspetto. Mi deluderà? No, sono certa di no, ma lo scoprirò a momenti. Il silenzioso attendente spalanca una porta e mi fa cenno di entrare. So che quella è la biblioteca, la stanza in cui il rethor istruiva i due principi, non mi chiedo il perché hanno deciso di incontrarmi li, non riesco a pensare lucidamente e l’unica mia speranza ora è di riuscire a porre loro le domande che mi sono prefissata e di non fare la figura dell’ebete. La stanza è luminosa, dalla grande finestra scorgo in lontananza il borgo e più lontano il verdeggiare di Mezzombra e Boscobuio. Sono già stata qui, con il cuore, ma esserci fisicamente è altra storia. I libri ricoprono le pareti della stanza, di fronte alla finestra la legna scoppietta nel camino e non mi accorgo, presa da tanto stupore che proprio la regina Irmin è ferma accanto al camino ad attendermi.
È bella, come potete immaginare, di una bellezza magica. Non mostra più di sedici anni, ma il suo sguardo è gelido e distaccato, nonostante mi accolga con un sorriso.
Mi conduce in un’altra stanza, immagino sia la sala delle udienze poiché è povera di arredamento e molto spaziosa. I principi sono lì, ridono insieme ed io provo una fitta al cuore, perché so ciò che accadrà loro.
Lei mi fa cenno di entrare, ma non mi segue «Attenta a quello che fai, incompleta.» si limita a sibilare alle mie spalle «Non dire e non chiedere nulla più di quello che è concesso o sarò costretta a colpirti con un Obnubila eterna» Mi volto di scatto, ma lei è già andata via. Deglutisco nervosa e oltrepasso la soglia. La porta si richiude alle mie spalle con un tonfo.
Il primo a venirmi incontro è Nem, sorride con gli occhi e accenna un inchino rispettoso.
«Benarrivata a Castel Fiammante Laura, siamo tutti molto felici di poterti conoscere. La nostra storiografa ci ha parlato tanto di te, sappiamo che anche tu ami narrare novelle. È un onore per me poterti stringere la mano.»
Rimango imbambolata a guardare i suoi occhi verdi, quei capelli neri, lucidi come una pietra di opale, il suo fisico prestante e i meravigliosi tratti del suo viso. È ancora più bello di quanto lo avessi immaginato. Poi un brivido mi scuote, la storiografa ha parlato tanto di me? Spero solo che non gli abbia detto quanto il mio cuore sia stato rapito da lui! Sto ancora tentando di distogliere il mio sguardo imbambolato da Nem, quando Fredric mi saluta. Non ha nulla da invidiare al fratello maggiore per quanto riguarda la bellezza, ma la sua non riesce a colpirmi come quella di Nem. Il secondogenito di re Felmasio è meno ligio all’etichetta, mi bacia la mano e fa una battuta accorgendosi che ancora non riesco a staccare gli occhi dal fratello.
«Nem sarà meglio tenere la tua gatta lontana dalla nostra ospite se non vogliamo che affili le sue unghie sul suo bel viso.» sghignazza indicando una gatta grigia che fa capolino da dietro le gambe di Nem e mi soffia contro minacciosa.
È Cenere, la riconosco, lei deve aver percepito la mia emozione nell’incontrare Nem e non deve averla gradita. La capisco. Cercando di mantenere il contegno dovuto, mi siedo cercando di trovare una posizione comoda con tutta quella stoffa addosso, ma non ci riesco. Il principe Fredric si passa una mano tra i capelli e sorride divertito, un sorriso sbilenco che lo rende irresistibile e per un attimo, confesso, comincio a capire Roswita. Il mio sguardo però viene di nuovo calamitato da Nem. Lui mi guarda senza scomporsi, anche se noto un sorrisino che affiora anche sulle sue labbra. La gatta è la sua ombra e mi mette a disagio trafiggendomi con i suoi occhi d’oro liquido. Mi viene offerto un calice di una bevanda scura, la assaggio, assomiglia lontanamente alla nostra birra, e io penso che avrei bisogno di ben altro per riuscire a sciogliermi.
Sono qui per un motivo, ricordo a me stessa, non per sbavare di fronte a Nem!
«Vi ringrazio per il tempo che mi avete concesso, principi. Se non vi dispiace, vorrei partire subito con l’intervista. Come sapete, il mio viaggio non si conclude a Castel Fiammante e non vorrei ritrovarmi ad attraversare il bosco di notte. Vi conosco molto bene, ho letto le vostre gesta più di una volta e la vostra storia mi è rimasta nel cuore. Mi piacerebbe però che foste voi, con le vostre parole a presentarvi ai nostri lettori.» Cerco di misurare le parole, non devo dimenticare chi ho davanti e neanche l’avvertimento di Irmin.
Li guardo con attenzione prima di cominciare. Si vogliono bene, si vede, Nem è protettivo nei confronti del fratello e sente tutto il peso delle responsabilità di cui è investito. Fredric tenta di mostrarsi spensierato, ma i suoi occhi azzurri rivelano il tomento che lo divora. Lui, diviso tra buio e luce è quello che dovrà affrontare il percorso più difficile. Quello che accadrà a Nem preferisco non ricordarlo, tremo al solo pensiero, ma so che la sua forza d’animo, il suo coraggio lo aiuteranno a non perdersi. Nem si siede di fronte a me, è alto ed emana forza a ogni gesto, ma allo stesso tempo trasmette sicurezza e il mio desiderio di sentirmi stretta nelle sue braccia aumenta. La gatta gli sale subito sulle ginocchia e gli si strofina contro quasi a rivendicarne la proprietà. La ucciderei. Sento il rossore infiammarmi le gote e mi schiarisco la voce. Fredric è smaliziato, mi guarda arrossire, ha capito il mio debole. Ecco, mi dico, ora mi schernirà, penso, ma lui mi sorprende. Si avvicina e mi siede accanto, mi prende una mano e me la stringe con delicatezza. Mi sta incoraggiando e cerca di farmi capire che non è il caso che io mi sdilinquisca di fronte al fratello. Lo apprezzo per questo e lo fisso. Cavolo se è bello. Vicini i due sembrano il giorno e la notte, tanto diversi eppure tanto affascinanti ognuno con le loro peculiarità. Basta ora, mi dico, e decido di iniziare l’intervista:
«Principe Nem» decido di iniziare da lui prima di perdere il coraggio. La voce mi trema, spero non se ne accorga. «Sei il primogenito di una dinastia, colui che un giorno dovrà ereditare la corona. Come ci si sente a nascere investiti di un tale obbligo?»
«È difficile da spiegare.» Esordisce il principe «Mio padre ha fatto sì che sin da piccolo io venissi istruito e preparato al ruolo di regnante. I valori che mi sono stati inculcati sono gli stessi che anche suo padre, mio nonno Mitrio, ha voluto per lui. Sono stato cresciuto per essere un sovrano illuminato, un re dedito al benessere dei sudditi e farò di tutto perché sia così. Sono stato preparato per eccellere in ogni attività, ho studiato strategie di guerra, le origini della mia razza e le risorse del territorio e del popolo così da saperle accrescere e sfruttare per il bene di tutti. Dovrebbero essere queste certezze a darmi la convinzione che sarò il re che tutti si aspettano, eppure sono convinto che sarà dura non deludere le attese della mia famiglia e dei sudditi.»
«Hai perso tua madre molto presto. Cosa ricordi di lei? E cosa ci puoi raccontare invece che ti è stato narrato?»
Il suo volto diviene triste, lo sguardo si scurisce. Tira un profondo respiro prima di rispondere ed io mi mordo un labbro pentita di aver posto una domanda forse troppo delicata. «Di mia madre non ricordo nulla, non potrei. Quando svanì io ero ancora in fasce. So che ha lasciato un vuoto nel cuore di mio padre, una voragine che non è stata mai colmata… » si ferma per un attimo, cerca Fredric con lo sguardo poi continua «Quello che so è che i miei genitori si amavano, spero di avere la fortuna un giorno di amare ed essere riamato come loro. Erano felici, ma d’improvviso tutto cambiò. Era il giorno in cui sarei stato presentato al popolo. Tutto era pronto per la cerimonia, mio padre era già nella madornale e comunicava ai presenti la sua decisione di sopprimere le gabelle sull’utilizzo dei forni bannali, voleva che tutti fossero felici quanto loro. Mia madre avrebbe dovuto raggiungerlo con me, ma non lo fece mai. Le guardie diedero l’allarme, qualcosa era accaduto negli appartamenti reali. So solo che quando mio padre arrivò mia madre non c’era più. Io ero nella culla e una megera mi minacciava, non so altro, so che mio padre si liberò di lei, ma non è mai riuscito a raccontarmi di più ed io ho preferito non riaprire una ferita a stento rimarginata. Quando sarà pronto sarà lui a raccontare.»
Sì, ho fatto una domanda troppo delicata. Cerco di tornare su un argomento meno spinoso e gli pongo il nuovo quesito:
«Com’è il rapporto con Fredric? Quali i sentimenti che vi legano?»
Nem si rilassa subito, i due fratelli si scambiano un’occhiata complice ed io percepisco il grande affiatamento e l’affetto che li unisce. La risposta di Nem è concisa, ma esaustiva:
«Fredric è mio fratello, la mia famiglia. Ammetto di essere forse un po’ troppo protettivo, ma non ho difficoltà a confidarti che darei la vita per lui e sarei pronto a uccidere chiunque tenti di fargli del male.»
«Per me è lo stesso.» interviene serio Fredric.
«Lo so fratellino.» annuisce Nem «A volte ci capita di capirci senza parole e questo credo ti basti per capire che tipo di rapporto abbiamo, vero Laura?» conclude fissandomi con i suoi meravigliosi occhi verdi.
Annuisco senza riuscire a impedirmi di arrossire, ancora, e sempre più. È in questo momento che la gatta salta sulle mie gambe. La accarezzo sorridendo e lei inizia a fare le fusa. Forse ha capito che non ho speranze con Nem e che non ha nulla da tenere da me. In questo mondo, dovete sapere, non tutto quello che si vede, è esattamente quello che si conosce!
«Hai qualche sassolino nella scarpa che vorresti toglierti nei confronti di Donatella?»
Ecco che Nem s’irrigidisce di nuovo: «La nostra storiografa?» sbuffa cercando di allentare la tensione «Avrei dei macigni più che sassolini di cui liberarmi, ma la prudenza mi dice di non sbilanciarmi troppo in proposito…sai lei sta scrivendo la fine della nostra storia e non vorrei che prendesse decisioni poco piacevoli per qualcuno di noi…» si propende verso di me e mi sussurra «Neanche Deiwsa è in grado di farla calmare quando s’infuria.» E mi fa un occhiolino che mi provoca un leggero batticuore. La gatta smette di fare le fusa e lascia le mie ginocchia per saltare su quelle del principe. Mi schiarisco la voce e deglutisco prima di continuare…guardo la porta nel timore che Irmin possa tornare e punirmi con uno dei suoi malefici:
«Se potessi far arrivare un messaggio ai lettori, quale sarebbe?»
«Spero che chi verrà a conoscenza della storia del mio popolo, riuscirà a trarre qualche insegnamento dai nostri errori. Gli direi: Tenete stretta la Scelta e non lasciatevi andare alle Scorie. A volte cedere alla tentazione del male è la strada più facile, ma non è mai quella giusta. Vorrei che tutti ricordassero che superare le difficoltà senza rinunciare ai propri principi, rende forti e che l’amore non si può pretendere, non è una proprietà che si può defraudare. L’amore va guadagnato donando amore. Se solo Irmin lo avesse capito…»
Potrei continuare all’infinito a fare domande a Nem, solo il suono della sua voce riesce a farmi accelerare i battiti del cuore, ma questo è il mio lavoro e devo concentrarmi su Fredric, così mi sforzo di distogliere gli occhi da Nem e rivolgo la mia attenzione al fratello:.
«Fredric tu e Nem siete figli di madri diverse, ma c’è qualcosa che vi accomuna ed è vostro padre Felamsio. Vorrei tu mi raccontassi i rapporti che ci sono nella vostra famiglia e quali i valori che vostro padre vi ha trasmesso.»
«Quello che accomuna mio fratello è me l’affetto profondo che proviamo l’uno per l’altro. Grazie alla saggezza di nostro padre siamo cresciuti senza sapere cosa siano la rivalità o la gelosia tra di noi. Credo che sia questa la nostra forza e che il rispetto, la considerazione e il sostegno che ci doniamo reciprocamente, ci rendano più che fratelli. Ammetto di essere tra i due il più vulnerabile, l’influenza negativa che ha di me mia madre e quella parte di me che ho ereditato da lei, rischiano spesso di indurmi a compiere sbagli, ma non farei mai del male a mio fratello o a mio padre. Loro sono la mia famiglia e morirei per difenderli.» Risponde accorato stringendo tra le mani il ciondolo di ametista che porta al collo.
Mi si riempiono gli occhi di lacrime sentendolo parlare, perché è sincero, si vede, ma io so quanto negativa possa essere su di lui la malvagità della madre. La tentazione di metterlo in guardia è forte, ma so che devo tacere, non ho alternativa e gli pongo la seconda domanda:
«Noi lettori sappiamo che sei innamorato. Senza svelare ciò che non vuoi, puoi descriverci cos’è per te l’amore e come hai capito che l’avresti amata per il resto della vita?»
Fredric mi elargisce uno dei suoi mezzi sorrisi, quelli che gli illuminano il volto e lo fanno sembrare più giovane e vulnerabile. Si massaggia la nuca con una mano e scuote il capo prima di rispondermi:
«Inutile nasconderlo, non potrei. Quando si parla d’amore, per me non c’è che un nome da fare ed è quello di Roswita. Per me l’amore è lei, non ho altro da spiegare. Prima di incontrarla non mi era mai capitato di sentirmi così vivo, eppure ti confesso che le ancelle di corte con me sono state sempre molto disponibili e generose…ma non sono mai riuscite a darmi quello che mi da Roswita solo con uno sguardo. La prima volta che ho incontrato i suoi occhi, dentro di me qualcosa si è acceso…una parte di me che fino a quel momento non sapevo neanche che esistesse! Io…io..non so che altro dire…non posso…non mi è permesso parlare di lei, ma tu, Laura, hai mai visto i suoi occhi? Li hai mai visti accendersi di rabbia o di emozione? Come spiegarti ciò che non si può spiegare, ma solo provare?»
Annuisco e sorrido anch’io e chissà perché d’impulso i miei occhi si posano di nuovo su Nem. La gatta mi guarda minacciosa e soffia pronta ad attaccare. Torno a guardare Fredric e continuo la mia intervista:
«Ho chiesto la stessa cosa a tuo fratello, ma questa è una delle poche occasioni che avrete per poter dire alla vostra creatrice quello che pensate di lei, quindi sciogli la lingua e dille tutto ciò che vorresti»
«Sciogli la lingua? Che modo strano hai di parlare, Laura!» Ride divertito, ma poi si rabbuia e mi punta contro un dito minaccioso. La parte sua oscura, quella fomoriana, prende il sopravvento:«Creatrice? La nostra creatrice è Deiwsa e solo lei riconosciamo come tale. Puoi anche dire alla nostra storiografa saputella che sarà meglio che non osi fare del male a coloro che amo, che non le venga in mente di toccare Roswita, perché sarei capace di andarla a cercare in qualunque posto si nasconda e allora per lei non ci sarebbe scampo! Dille anche che non s’illuda di poter influire sul nostro futuro, perché noi non lo permetteremo…siamo più influenti su di lei e le sue decisioni di quanto creda.»
Divento rigida e impallidisco sgranando gli occhi. Ora capisco tanto di più delle Scorie e della Scelta e comprendo quanto il loro equilibrio sia precario in Fredric. Il mio odio per Irmin aumenta, ma lo respingo. Non voglio rischiare di divenire anch’io preda delle Scorie. Nem interviene in mia difesa e ammonisce il fratello:
«Fredric, Laura non ha alcuna colpa di quello che ti è accaduto e neanche Donatella ha potuto impedire certi avvenimenti. Tu stesso hai detto che noi influiamo sul nostro destino e sulle decisioni che Donatella prende. Tua madre Fredric, è lei che dobbiamo biasimare per le nostre sventure e lo sai.»
Fredric si passa nervoso una mano fra i capelli e annuisce. I suoi occhi azzurri si velano di lacrime. Capisco che soffre e non posso che sentirmi vicina al suo dolore. La domanda che gli faccio dopo è spontanea e diretta:
«Come ci si sente a essere divisi da due mondi tanto diversi? Tu sei nato e cresciuto qui, fra gli incompleti, ma tua madre sarà regina di Fomoria. Cosa differenzia i mondi in cui vivete? E tu, a quale ti senti più legato?»
«Non sono mai stato a Fomoria e non sento di appartenere a quel popolo. Io sono figlio di Re Felmasio dei Noctiluca e Fratello del futuro Re, è alla loro casata che appartengo. Sono un Noctiluca e non mi riconosco in altra razza se non in quella incompleta. Come ci si sente a essere condannato a dover riconoscere di possedere una parte nera dentro di me? Come ti sentiresti se ti dicessero che la tua mano destra potrebbe agire contro la tua volontà e fare del male a chi ami, alla tua famiglia? Come sarebbe per te vivere la tua vita cercando di tenere sotto controllo la tua mano traditrice?»
Deglutisco in imbarazzo e non rispondo. Lui continua: «Te lo dico io, te la amputeresti quella mano pur di sapere al sicuro i tuoi cari. Io però non posso strappare via quella parte del mio animo, posso solo lottare ogni giorno perché non prevalga.»
«A cosa saresti disposto a rinunciare se ti dicessero che dal tuo sacrificio dipende il futuro del mondo?»
«Il mio mondo è Roswita, rinuncerei a tutto per lei, anche alla vita.»
Sorrido comprensiva e sospiro desiderando di essere amata quanto Fredric ama Roswita e se a farlo fosse Nem, sarei la donna più felice del mondo penso guardandolo sognante. La gatta gli si strofina contro come per farmi capire che dovrei prima passare sul suo cadavere ed io penso che sarei disposta a farlo…non ho mai trovato tanto insopportabile un felino prima d’ora.
Istintivamente mi guardo il polso per controllare l’ora. Non indosso un orologio, così alzo gli occhi verso la finestra dove le tende sono scostate e mi accorgo che il sole è già molto alto nel cielo ed io ho ancora della strada da fare. I principi si offrono di accompagnarmi per un pezzo di strada ed io accetto con piacere. Non voglio ancora staccarmi da Nem, chissà quando lo rivedrò!
Davanti a me si erge la quercia madre, la riconosco subito, tocco affascinata il tronco scuro e mi avvio verso la direzione che indicata sulla piccola bussola che porto al collo.
Il bosco sembra volermi indicare la via, qualcosa so di questi posti grazie a Donatella che mi ha spiegato come raggiungere la casa di Roswita, ma il vestito m’impaccia. Avrei dovuto indossare i jeans, ma a corte non avrebbero ammesso un abbigliamento simile.
“Maledette gonne!” Penso tentando di liberare la stoffa dall’intreccio di un rovo. Cerco di districarmi da quei piccoli spini che insidiano le mie gonne, ma peggioro la situazione, Quel maledetto arbusto si attorciglia alle mie caviglie graffiandomi e facendomi perdere l’equilibrio. Cado a terra con un sonoro tonfo e sento la risata di qualcuno alle mie spalle. È Anacleto dal berretto rosso, lo riconosco dagli scomposti ricci verdi che gli arruffano la testa e dal fatto che le sue parole mi arrivano dirette nella mente senza che lui abbia bisogno di dirle ad alta voce:
«Allora straniera, benvenuta a Boscobuio! Devi avere conoscenze importanti per essere riuscita ad avere il lasciapassare!» pensa divertito.
«Beh, Donatella mi ha concesso…»
«Pensa, non parlare.» mi ammonisce «Non ne hai bisogno con me. In questo bosco non sai mai chi può stare ad ascoltare e non vorrai far sapere al nemico quello che è bene non sappia, vero?»
Scuoto la testa con decisione in segno di diniego e gli chiedo :«Ho bisogno di parlare con Roswita…non ho ancora molto tempo per stare qui e non vorrei perderlo girovagando nel bosco.»
«Seguimi, siamo vicini.» mi rincuora Anacleto strappando con un gesto secco la mia gonna dai rovi.
Lui conosce il bosco come le sue tasche, arriviamo in pochi minuti. Alla piccola casa in cui abita Roswita. Il brunetto non resta con me. Ha un cervo da curare, dice, e mi saluta con una pacca sulla spalla che mi fa quasi perdere l’equilibrio.
È una costruzione deliziosa, tanto immersa nel bosco che se non si conosce la strada non la si può raggiungere, un rampicante la ricopre quasi per intero, la porta è aperta e lei è lì. Roswita mi aspetta sull’uscio, Lupa è al suo fianco. Chiedo se posso accarezzarla e la ragazza mi risponde con un sorriso. Lupa ha il pelo folto e morbido e si lascia toccare da me come fossimo amiche.
Roswita mi fa accomodare, la casa è piccola ma accogliente. Tutto è condensato in un ambiente sul quale affaccia un’unica porta, «quella deve essere la stanza di Roswita», penso. Il camino è acceso e la fiamma illumina di rosso e arancio la piccola stanza. Iosò è intenta a rimestare in un pentolone che emana un odore invitante, quando mi vede e mi si avvicina e prende la mano che le porgo tra le sue. I suoi occhi verdi scrutano i miei, cerca di capire se posso rappresentare un pericolo per la sua protetta, poi si rilassa e mi sorride. È anziana, la sua pelle è avvizzita, ma emana un’energia incredibile. M’imbarazzo non poco quando il mio stomaco brontola. Iosò mi offre di mangiare con loro ed io non rifiuto, il profumino è invitante.
Roswita apparecchia la tavola con tre semplici scodelle e altrettanti bicchieri intagliati nel legno. Le posate sono rudimentali, nulla a che vedere con quelle che sono abituata a utilizzare, ma sono funzionali e non ci faccio caso più di tanto. Iosò riempie le scodelle con la zuppa.
«Cos’è?» chiedo incuriosita odorando lo strano piatto.
«È una zuppa povera» risponde Roswita «Noi non abbiamo spesso la possibilità di mangiare carne, ma vedrai che squisitezza, assaggia!» m’incita puntandomi addosso i suoi incredibili occhi viola.
In effetti la zuppa ha un profumo delizioso, assaggio il primo boccone e mi lascio sfuggire un mugugno di piacere. «Riconosco il sapore del burro, le uova, farina…» tento di indovinare, ma Iosò scuote il capo e continua per me:
«Niente farina» spiega «è pane raffermo bagnato nel latte appena munto, poi strizzato e lavorato con uova, burro, sale, pepe, cacio e un pizzico di noce moscata. Non credo tu abbia mai mangiato prima questo piatto.»
Scuoto il capo per dire di no e continuo a mangiare avida quella delizia cercando di memorizzare gli ingredienti. Mi ripropongo di riprodurre quel piatto una volta a casa.
Casa…già devo tornare a casa prima del tramonto o sarò bloccata qui per il resto della vita, non che la cosa mi dispiacerebbe, ma conoscendo gli sviluppi della storia, forse è meglio che io ritorni al mio presente o finirei per cambiare il corso degli eventi e Donatella non sarebbe molto contenta!
Roswita è bella, proprio come l’immaginavo, di una bellezza semplice e delicata. I suoi occhi violetti nascondono quello che ancora lei non sa di possedere, un coraggio e una forza non comuni per una ragazza della sua età.
«Com’è stato crescere e vivere in mezzo ai boschi, fra creature magiche, ma lontana da qualsiasi essere umano simile a te?»
Roswita mi guarda un po’ stupita, è evidente che la mia domanda la mette in imbarazzo. Guarda Iosò, poi arrossisce e si tocca la piccola voglia a forma di cuore che spicca sulla pelle chiara della fronte.
«Cavolo» penso mordendomi la lingua «Sono stata superficiale, spero di non averla messa nei guai. Lei vede Fredric di nascosto di tutti e se Iosò capisse qualcosa…»
«Nonna» dice d’un tratto lei mentre io cerco un modo per rimangiarmi la domanda «È quasi ora che la nostra ospite ritorni a casa, non vorrei restasse bloccata qui. La accompagnerò alla porta per il suo mondo per evitare che si perda durante il cammino.»
«Ma non ha finito di mangiare!» protesta la nonna.
«No, non ti preoccupare Iosò» mi affretto a dire «Sono sazia ed è quasi ora che vada…»
Iosò si stringe nelle spalle e agitando una mano fa cenno a Roswita che possiamo andare. Lupa ovviamente viene con noi, non si allontana mai dalla sua amica incompleta.
Ci allontaniamo solo di qualche passo dalla casa prima che Roswita mi afferri per una spalla «Sei impazzita Laura? Sei forse venuta qui per mettermi nei guai? Avrei potuto tradirmi, nonna avrebbe potuto capire che Fredric ed io…»
«Scusa ti prego, sono stata presa dall’emozione di parlare con te…sono tante le cose che vorrei sapere…»
«Come vuoi che sia stata la mia vita? L’ho accettata per quello che era fino a quando non ho visto il mio sole sulla riva di Lago Umidiccio. Mi sono sempre chiesta il perché dei divieti voluti per me da mia nonna, ma anche se sentivo la mancanza di vedere altre persone come me, giocare con altri bambini e crescere come gli altri incompleti, mi fido di mia nonna. Lei vuole il mio bene e so che qualsiasi sua decisione è stata presa per proteggermi. Comunque non mi posso lamentare, il bosco è la mia casa e ora che ho Fredric …» Arrossisce di nuovo al pensiero del ragazzo che ama.
«Iosò è la persona a te più vicina, ma con lei c’è Lupa e anche Anacleto. Vuoi raccontare ai nostri lettori chi sono e quali sono i vostri rapporti?»
«Lupa è la mia migliore amica e Iosò e Anacleto la mia famiglia. Non mi sono mai sentita sola con loro. Mi fanno sentire amata e protetta, farebbero qualsiasi cosa per me ed io per loro,vero Lupa?» termina accovacciandosi per abbracciare l’animale che uggiola felice.
«Qual è il tuo desiderio più grande? E la tua più grande paura?»
«Il mio desiderio più grande e non deludere chi si aspetta da me più di quello che credo di poter dare. La mia più grande paura è di perdere coloro che amo e spero che una cosa così orribile non mi accada mai.»
Guardo altrove e passo velocemente alla domanda successiva, mentre Roswita riprende a camminare e si addentra nel sottobosco seguendo un sentiero che da sola neanche avrei individuato.
«L’ho già chiesto ai ragazzi, ma voglio conoscere anche la tua risposta. Cosa vorresti dire a Donatella, se fosse qui al mio posto?»
«I ragazzi?» fa una strana espressione stupita, poi annuisce sorridendo «Ah i principi, vorrai dire dovresti mostrare un po’ più di rispetto per loro, lo sai?.Comunque Donatella ha buoni rapporti con Deiwsa, tanto che a volte è anche in grado di influire sulle sue decisioni, per questo vorrei che sapesse che non sarò sempre disposta a seguire il filo che Deiwsa intesse. La mia testa funziona, la mia anima non si piega con facilità al volere altrui e prendo ordini solo dal mio cuore. Che Donatella si limiti al suo lavoro di storiografa e non s’illuda di potermi imporre decisioni non mie.»
Annuisco impressionata dalla sua forza d’animo, ma conoscendola attraverso i racconti di Donatella, mi sarei meravigliata del contrario:
«Perché i lettori del mio mondo, dovrebbero scegliere di leggere la vostra storia?»
«Non saprei…a voi piace emozionarvi? Vi piacciono le storie d’amore travolgenti? Vi piace vivere incredibili avventure con i protagonisti? Amate i colpi di scena?»
Annuisco decisa.
«Ecco perché dovrebbero leggere la nostra storia,è un concentrato di tutto questo e anche di più ci sono tante altre cose che ora però non posso dirti.»
«Tu sei la protagonista del romanzo e solo a te posso fare questa domanda. Puoi svelarci qualcosa di piccolo piccolo in merito al prossimo capitolo della saga?»
Il suo volto si rabbuia. Siamo arrivate alla porta del mio mondo, lei me la indica aggrottando la fronte. La crepa che si è aperta nel tronco di un’enorme farnia vibra di vita. Potrebbe richiudersi da un momento all’altro e allora rimarrei intrappolata qui, per sempre. Non posso attendere oltre e la guardo per sollecitare la sua risposta.
«Non so nulla del mio futuro e forse è bene così perché potrei provare a influire su di esso e cercare di cambiare eventi che non gradisco. Una cosa però posso dirtela perché la conosco dal momento in cui vidi per la prima volta Fredric. Non lo abbandonerò mai, non permetterò a Iosò di impedirmi di vederlo o sua madre di prendere il sopravvento su di lui. Non consentirò a nessuno di allontanarci perché lui è tutta la mia vita ed è bene che questo lo sappia anche la tua amica storiografa!»
Stringo la mano a Roswita senza riuscire a dire altro. Sono emozionata è anche un po’ invidiosa. Lei è coraggiosa, volitiva e il suo sguardo emana una forza che tante volte ho desiderato di possedere. Il varco per il mio mondo mi aspetta, è ora che vada. Dovrò tenere per me e altre domande che mi frullano per la testa.
Amo questo mondo creato da Donatella e vorrei correre a Castel Fiammante per avvertire re Felmasio della malvagità di Irmin, vorrei dire a Roswita di non accettare nulla in dono e vorrei dire a Nem che non deve fidarsi, nemmeno del suo stesso cuore, ma non posso. Devo tornare a casa e togliermi questi abiti. Non li butterò, ma li riporrò con cura perché sono sicura che, presto o tardi, tornerò a far visita ai miei beniamini!