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Quattro passi nel delirio del califfo Renzi

Creato il 29 agosto 2014 da Albertocapece

7072_865684606777745_9078801549969892339_nAbbiamo traversato un confine: quello che separa l’universo delle bugie, sia pure inflazionato e marcescente, per entrare in quello del delirio nel quale ogni punto di riferimento è creato dal delirio stesso e non dalla realtà. Quest’ultima ricade totalmente sui cittadini ai quali non vengono offerte spiegazioni o prospettive, ma solo narrazioni evanescenti, twitter, chiacchiere, slogan e frasi fatte. Il cambiamento di verso annunciato da Renzi consiste proprio in questo: fare della crisi un oggetto di spettacolo politico.

Così alla vigilia del consiglio dei ministri delle meraviglie, in cui si aderirà alla visione della giustizia che ha Berlusconi e per la verità gran parte del Parlamento, oltre ad aprire il discount delle municipalizzate, rassicurare il corpus tangenziario delle grandi opere e i palazzinari sulla svendita degli edifici pubblici, sono già saltati i provvedimenti per la scuola. Oddio meglio così che “riforme” balorde e ridicole tese unicamente a risparmiare sulla testa dell’istruzione pubblica, ma il fatto è che la marcia indietro viene dopo un battage di dichiarazioni e di auto incensazioni per “lavorare” anche in agosto, un profluvio di frasi vaghe e generiche, una taranta di sciocchezze nel quale come sempre dominava la tracotanza di chi va avanti comunque contro i gufi e chi rema contro. Ma resosi conto di andare in rotta di collisione con un’ area elettorale imprescindibile per il Pd, avvertito da Napolitano, adesso Renzi scopre che è meglio rimandare e aprire un confronto più ampio. Anche i bulli piangono.

Così è se vi pare nel sonno della ragione, in una cultura in cui l’apparenza è tutto e la sostanza coperta da diversi di ogni genere per nascondere il fatto che il bullo fiorentino è l’epigono di vent’anni nei quali la svendita del patrimonio pubblico con le privatizzazioni, la progressiva precarizzazione del lavoro, lo smantellamento del welfare hanno via via congelato e avvilito il Paese, lasciandolo poi in balia dell’euro. Con il coro dei media, finalmente ridotto all’unisono, che accompagna il nuovo protagonista della tragedia italiana il quale non ha altra ambizione e mandato se non quello di terminare l’opera. Del resto è quello che il Paese si merita, volendo rimanere vittima della sua incapacità di pensare. Adesso per esempio ci si presenta una riforma della giustizia che in realtà vuole solo sanare le ferite di Berlusconi e della classe dirigente in generale, quella politica in primis, impedendo ai cittadini di conoscere i fatti dalle intercettazioni e agli  illustri tangentari di pagare pegno . E’ del tutto ovvio che alle piaghe della giustizia civile si può ovviare solo con un numero maggiore di magistrati, con un’informatizzazione degli uffici e soprattutto con una profonda revisione dei codici e delle procedure bizantine, senza i quali i processi brevi, le prescrizioni veloci e il ricorso alla giustizia privata non sono che un vulnus alla legalità stessa. Ma , si dice, bisogna fare in fretta perché senza questo passo non vengono gli investimenti stranieri: ci si dovrebbe domandare allora come mai quasi il 50% della nostra industria è a capitale straniero. Per carità che la ragione non scalfisca il lucido metallo delle frasi fatte e del panorama costruito dal delirio.

E così invece di battere i pugni a Bruxelles, andato in acido anche l’alibi di Hollande e le fantasticherie del fronte Sud, Renzi si batterà strenuamente per mettere la Mogherini all’inesistente ministero degli esteri europeo, chiedendo ai partner di salvargli al faccia che già ce la mette dappertutto, persino sotto ai secchi . Grande vittoria, stappiamo lo champagne per una carica che conta come il due di coppe quando briscola è a bastoni: ma si sa che un piazzista è in grado di vendere questo ed altro tra l’ennesima ondata di derisione che ci cade addosso. E per il resto piegherà volentieri la testa: alzarla con arroganza verso i deboli o abbassarla con i potenti non gli costa molta fatica, vista la sua insostenibile leggerezza.


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