L’interazione spin-orbita ci dà una mano
di Andrea Signori
Il 2010 si è concluso ed è tempo di bilanci. Come sempre ci auguriamo che il nuovo anno possa essere migliore, anche in ambito scientifico. Ma allora, cara Stella dell’Anno Nuovo, perché non ci liberi da tutte le supercazzole pseudoscientifiche e dal genio (o il portafogli?) di coloro che le sostengono? A buon intenditor poche parole. Forse, più che alla Stella, sarebbe meglio affidarsi al lavoro concreto delle persone che di scienza ne sanno davvero qualcosa. Così, per addolcire l’inizio del 2011, gustiamoci l’ultima novità di informatica quantistica.
Quattro scienziati olandesi hanno realizzato un qubit in un nanotubo di materiale semiconduttore sfruttando l’interazione spin-orbita fra elettroni e nucleo atomico. L’importanza della ricerca, pubblicata su “Nature” il 23 dicembre, risiede nell’ottima “governabilità” del qubit.
Il qubit (abbreviazione di quantum bit) è l’unità fondamentale dell’informatica quantistica, come il bit lo è dell’informatica classica. Il bit può assumere due valori, 0 o 1, alfabeto del linguaggio binario con cui si immagazzina l’informazione nei dispositivi elettronici. Lo stato del qubit, invece, è una generica combinazione lineare dei valori 0 e 1: l’alfabeto dell’informatica quantistica è vertiginosamente più ricco. In termini matematici, al qubit è associato uno spazio di Hilbert a due dimensioni, i cui elementi sono i possibili stati del qubit. Graficamente possiamo immaginare i valori attribuibili al bit (0 e 1) come i due Poli, Nord e Sud, di una sfera, mentre lo stato del qubit può essere uno degli infiniti punti sulla superficie sferica. Già, infiniti. Questo però non significa che sia possibile immagazzinare infinita informazione in un singolo qubit. Com’è ormai consuetudine in fisica da cent’anni a questa parte, c’è di mezzo la meccanica quantistica.
Bit e qubit a confronto. La sfera di Bloch degli stati del qubit è costituita da infiniti punti, ma l’informazione immagazzinata nel qubit è pari a quella del bit, a causa della "riduzione" dello spin all’atto della misurazione. (Cortesia: VMengine Business Blog)
Come sottintende il nome, i sistemi fisici candidati al ruolo di qubit sono quantistici. Ad esempio fotoni ed elettroni. Per entrambi lo spin esiste in uno stato che è combinazione di due stati “di base”: chiamiamoli 0 e 1. Come le particelle quantistiche non hanno una posizione ben precisa ma sono sparpagliate nello spazio, così lo spin della particella non ha valore 0 o 1, ma è “sparpagliato” nello spazio bidimensionale del qubit: lo spin sarà un po’ 0 e un po’ 1, entrambi nel contempo. Tuttavia, eseguendo una misurazione dello spin, lo sparpagliamento si annulla e lo stato “collassa” in uno dei due di base. Quale? 0 oppure 1? Con certezza non si sa. Conosciamo solo la probabilità associata ai due esiti.
Ricapitoliamo. L’unità fondamentale dell’informatica quantistica è un oggetto con stato definito in parte 0 e in parte 1. L’informazione è estratta dai qubit mediante processi di misurazione. Perciò quello che il qubit può “dirci” è: 0 oppure 1. Esattamente come il bit. Nel qubit c’è la stessa quantità di informazione che nel bit, nient’affatto infinita. Ma allora perché il qubit? Potenza e velocità: l’indeterminazione degli stati consentirebbe a un sistema di qubit di svolgere calcoli “paralleli” (contemporanei) con prestazioni fuori dalla portata dei moderni calcolatori.
Il condizionale nella frase precedente è d’obbligo: lo sviluppo dei quantum computer non decolla perché i singoli qubit sono sistemi molto difficili da maneggiare. Prendere degli elettroni e orientare il loro spin in modo da ottenere 01000101 non è uno scherzo. Ad esempio, con un campo magnetico uniforme è facile orientare tutti gli spin in una direzione: così si può avere 00000000 oppure 11111111. Per riprodurre 01000101, invece, servirebbe un campo magnetico variabile su scala atomica, in modo che agisca sugli spin attribuendo a ciascuno il corretto valore. Una strada difficilmente praticabile. E qui prendono la parola Stevan Nadj-Perge, Sergey M. Frolov, Eric P.A.M. Bakkers e Leo P. Kouwenhoven, scienziati del Kavli Institute of Nanoscience della University of Technology di Delft, in Olanda. Nel loro articolo su “Nature” propongono un efficace metodo per preparare lo spin elettronico nello stato desiderato, metodo che sfrutta l’azione del campo magnetico del nucleo atomico sullo spin dell’elettrone, l’interazione spin-orbita. Dal punto di vista dell’elettrone lo spin è influenzato da un campo magnetico. Ma questo, secondo le leggi della relatività speciale, altro non è che la manifestazione del campo elettrico atomico vista dall’elettrone in moto. In ultima analisi, è un campo elettrico che interagisce con lo spin dell’elettrone. L’obiettivo degli scienziati di Delft è disporre di elettroni facilmente “controllabili”, vale a dire fortemente interagenti con il nucleo. Pertanto utilizzano nanotubi (tubi con un diametro di circa 1 nanometro) di arseniuro di indio, un materiale semiconduttore i cui nuclei esercitano forti campi elettrici sugli elettroni, avendo elevata carica elettrica. Forti di questo “cemento elettromagnetico” tra elettroni e campi elettrici atomici, Nadj-Perge e i suoi colleghi orientano ogni singolo spin nella direzione voluta modificando il valore dei campi elettrici atomici attraverso elettrodi applicati al nanotubo. Con l’opportuno voltaggio si può preparare il qubit nello stato 0 o 1, corrispondenti a spin parallelo o antiparallelo al verso del campo magnetico sentito dall’elettrone (o viceversa). Quindi l’interazione spin-orbita fa da mediatrice tra l’elettrone e il nucleo: li lega e trasmette l’istruzione impartita dagli elettrodi esterni per ruotare lo spin. Convincente. Ed efficace, come dimostrato nell’articolo.
Rimangono tuttavia alcuni punti critici. Ad esempio, il legame spin-orbita ottenuto nei nanotubi di arseniuro di indio è intenso ma breve. “Il suo tempo di vita è inferiore a quello creato con elettroni in arseniuro di gallio”, nota Dane McCaney, dell’Università di Sydney, in Australia. Il risultato è comunque di grande importanza: il controllo del qubit è irrinunciabile e questo è un primo passo convinto verso la nascita dell’informatica quantistica.