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Quei 72 minuti…

Da Fishcanfly @marcodecave

Okay.

Sto vedendo Goku, e avevo intenzione di vederlo fin dalla prima puntata. Non volendo scaricarlo per non favorire la cosiddetta pirateria informatica, ho fatto ricorso a un vecchio sistema, quello dello streaming.

Lo streaming, ma in genere anche il download delle serie tv, è uno dei motivi principali per i quali sostengo che il mondo della televisione non è in crisi, anzi, al contrario, non è mai stato così forte.

Abbiamo semplicemente cambiato alcuni mezzi, con l’arrivo del digitale e soprattutto con la digitalizzazione, trasmissione e condivisione dei contenuti via Internet.

Poi un bel giorno, proprio quando dovevo vedermi l’inizio del primo torneo di Goku, clicco e un’inquietante scritta da scena del delitto mi vieta di accedere al servizio di streaming.

Quei 72 minuti…

Ma il vero problema non è tanto il dibattito intorno alla pirateria vs. condivisione, né la controversia legale in sé, questioni nelle quali non entrerò nel merito.

Ciò di cui mi sento davvero defraudato, da utente, sono quei 72 minuti di attesa che Megavideo dettava nel bel mezzo di una scena d’azione, qualunque fosse il film.

Per continuare a vederlo dovevamo aspettare 72 minuti. Oppure in alcuni casi si poteva cambiare l’ IP del modem e riavviare la connessione o sottoscrivere l’abbonamento. Ma non è questo il punto.

Il punto è che quei 72 minuti erano essenziali alla nostra sopravvivenza. Erano un rito, in quanto scandivano il tempo.

Nell’intermezzo in cui Indiana Jones sta per buttarsi tra le fiamme per recuperare il tesoro o poco prima che il Tirannosauro Rex inghiotti l’uomo che si è rinchiuso nella toilette in Jurassic Park, avevo 72 minuti a disposizione per fare una telefonata, sistemare casa, preparare la cena e via dicendo.

Ora senza quella parentesi di 72 minuti, senza quel preciso segmento di tempo, come faremo? Orfani del tempo lanciati nello streaming di un’infinita, noiosa, eternità.

Quei 72 minuti…



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