IMPARANDO A FAR CAMPAGNA ELETTORALE:
LEZIONE 1, I GIORNALISTI
Ebbene sì. Mi sono lanciata in questa mirabolante sfida elettorale senza armi né armatura.
Non solo, non dispongo nemmeno di un budget da spendere per sostenere la mia candidatura.
Insomma, mi son detta, farò una campagna low cost tutta web e social network. Con il massimo dell'energia e dell'impegno.
E così, fin dai primi giorni, mi trovo a scontrarmi con una categoria professionale molto particolare. Quella stessa categoria che i grillini hanno lungamente avversato: i giornalisti.
Ecco che pian piano comincio a capirne i motivi.
Premetto che, non essendo una politica di professione, non ho ancora le difese immunitarie e il know-how necessario ad evitare le insidie dei pennivendoli.
Se UNA PARTE DI LORO ha deciso che devi essere un personaggio negativo, così è, se vi pare. Ogni tentativo di difesa dai loro attacchi si trasforma in un pretesto per attaccarti ulteriormente.
Faccio salvi tutti quei giornalisti che hanno speso nei miei confronti parole di stima, pur non condividendo le mie stesse posizioni politiche, e che sono stati corretti e imparziali. Perché ovviamente molti giornalisti sono corretti e bravi.
Altri, invece, mi hanno chiamato con tono molto amichevole per chiedermi un'intervista. Salvo poi riportare nell'articolo finale le frasi più banali, quelle, diciamo, di rito (tipo: ho 27 anni). Ad esempio, tutti hanno sistematicamente saltato le frasi, a cui tenevo molto, nelle quali spiegavo le ragioni del continuo successo della politica di Berlusconi e alle quali loro non avevano saputo replicare.
Molti, ancora, sono dei "pressapochisti". Quando ti chiamano sono spesso impreparati. Ti fanno domande "tranquille". Salvo, poi, durante la riscrittura dell'articolo, nella calma dell'ufficio, modificare le loro domande per renderle argute e frizzanti. Ancora un modo per far sembrare le tue risposte misere. Incredibile il caso della Borromeo, che mi fece un'intervista banalissima ma poi, fatte due ricerche su di me su internet, cambiò il senso di una domanda, stravolgendo di conseguenza la mia risposta (che ovviamente era ad un'altra domanda).
(continua giù...)
LORO hannoilcoltellodallapartedelmanico.E non esitano a farne uso, se si tratta di stroncare un personaggio.
Dopo le prime due, tre interviste, perciò, ho imparato a non fidarmi. A centellinare le risposte. Perché più parli, più tagliano ciò che dici, più cambia il senso del tuo pensiero. Ma ho ancora tanto altro da imparare.
Ho dato un'intervista di 40 minuti, ne sono uscite fuori 5 righe. E delle varie intuizioni brillanti che avevo avuto, c'era ben poco.
A volte usano una tecnica per farti dire cretinate e ci riescono molto bene. Funziona così: ti pongono una domanda stupidissima, del tipo "Ma è vero che tu non ti paragoneresti mai alla Minetti?" e tu ovviamente rispondi "No, ma che c'entra?". Alla fine nell'articolo spunta fuori un tuo virgolettato "Io? Non mi paragonerei mai alla Minetti".
Se la procedura non fosse chiara, mi dilungo un po' a spiegarvela ulteriormente. Il giornalista mi chiede: "Ma ti sei pentita di aver fatto Uomini e Donne?" e tu, che avresti preferito parlare delle tue idee per l'Europa, ti trovi costretta a rispondere "Magari tornando indietro non l'avrei fatto, ma mi piacerebbe parlare di altro adesso, come ad esempio il mio programma elettorale... " ma poi il tuo virgolettato è "Tornando indietro non rifarei Uomini e Donne". E le tue idee per l'Europa? Forse, ai giornalisti importano poco. E alla fine nessuno le sa.
(a proposito, il mio programma è questo)
Infine, selezionerei anche un'altra "bella" prassi: la scopiazzatura.
Essendo, ovviamente, preclusa a tutti la Verità con la V maiuscola, ma essendo i giornalisti gli unici depositari della verità,LORO si accontentano di quella verità, quella che nasce dalle scopiazzature sul web e da una specie di telefono senza fili che cambia la frase iniziale con esiti a volte molto buffi.
Ad esempio: una volta alla Borromeo dissi che io facevo parte di liste di figuranti per fare il pubblico alla Rai. E i 25 euro al giorno che guadagnavo erano la mia paghetta durante gli studi. Lei, però, non capì. E così, mi chiese se erano liste del Pdl. Io negai, ma lei non capì di nuovo. E così il titolone dell'articolo fu: "Citino: a Uomini e Donne perché mandata da liste del Pdl". Sempre la Borromeo, che vanta il primato di aver creato una montagna di falsi miti sulla sottoscritta, disse che il Presidente Berlusconi mi aveva notata su Telelazio. E tutti gli altri colleghi giornalisti a ricopiare a valanga questa scemenza. Probabilmente Telelazio nemmeno esiste, ma nessuno se lo è mai domandato. Tutti hanno scimmiottato con il paraocchi.
La mia lezione numero 1 di questa campagna elettorale, allora, è: bisogna prendere sempre con le pinze quello che dicono i giornalisti. Il dovere di cronaca e di informazione, spesso, si scontra duramente con la volontà di diffamazione, con il pressapochismo e con la partigianeria. Non tutto ciò che è scritto sui giornali è vero.Ylenia Citino