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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.92: L’altra faccia della luna. Roberta Degl’Innocenti, “I graffi della luna”

Creato il 23 marzo 2012 da Retroguardia

QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.92: L’altra faccia della luna. Roberta Degl’Innocenti, “I graffi della luna”L’altra faccia della luna. Roberta Degl’Innocenti, I graffi della luna, prefazione di Paolo Ruffilli, Venezia, Edizioni del Leone, 2012

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di Giuseppe Panella*

I graffi della luna, pubblicato dalle Edizioni del Leone nel 2012 con una prestigiosa Prefazione di Paolo Ruffilli, è un libro “capitale” (secondo una definizione che campeggia nella quarta di copertina). Il libro continua la linea descrittiva presente in D’aria e d’acqua le parole (uscito sempre presso le Edizioni del Leone nel 2009). Di quella prova lirica conserva il nitore e la passione struggente, il languore del ricordo, la manutenzione della memoria. Ma ora il mondo intorno sembra essere più aperto e meno sfumato nel tratto, i colori più intensi, l’occhio più vivo e meno velato dalle lacrime. La luna, nume tutelare dei poeti, non è soltanto la guardiana silente degli amori degli umani ma è anche un personaggio teatrale di cui ci si può garbatamente prendersi gioco nel descriverla:

«La luna dei poeti è vagabonda, / tappa le orecchie ai versi, alle canzoni, / sogghigna delle lacrime disperse, s’indigna degli improperi improvvisi. / La luna quando è allegra starnutisce: / il rimbombo si muove nella valle, / alza polvere bianca e si confonde, / una fessura gli occhi, ciglia umide. / La  luna dei poeti è una briccona, / promette spesso e non mantiene mai…» (p. 52).

 

La poesia di Roberta Degl’Innocenti è leggera senza essere frivola, è cantante e melodiosa senza sciogliersi in canzonetta, è sorridente e pensosa insieme, si concede al lettore ma gli nega, però, la parte nascosta di se stessa che bisognerà trovare frugandone a fondo tra le righe.

 

« I graffi della luna si confondono, / sono farfalle adulte, la cantilena / dolce della neve, due labbra rosse / invito della pelle. / Un sogno di coralli sulle mani» (p. 21).

 

Questi versi, qui riportati solo in parte, sono un trionfo della mente colorata di Roberta Degl’Innocenti, la dimostrazione che le parole della sua poesia sono fatte di luce e di colori e che sono la dimostrazione della sua capacità pittorica di trasformare il mondo a sua misura.

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[Leggi tutti gli articoli di Giuseppe Panella pubblicati su Retroguardia 2.0]

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*Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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