Poco più di un anno fa, Guido Tricarico fece incazzare i fedelissimi di Marco Pannella sollevando una questione tutta marginale ai suoi scioperi della fame e della sete: ). Era un articolo assai velenoso, ma tutto sommato, come scrissi su queste pagine, inoffensivo, buono tutt'al più a sollevare qualche dubbio sul vezzo radicale dell'esibita "C'è un equipe di professoroni - scrisse - che lo controlla notte e giorno in una clinica privata dei Parioli gestita da una congregazione religiosa che costa 520 euro + Iva a notte, e nel prezzo non sono inclusi i trattamenti terapeutici, né le prestazioni diagnostiche: chi paga?" ( La strana agonia di Marco Pannella - ). pauperitas di stampo monacale a fronte delle decine e decine di milioni di euro che da oltre vent'anni passano dalle casse dello stato a quelle della Lista Pannella. Scrissi che il problema non era la clinica privata, ma i bollettini medici, inspiegabilmente buoni per un ultraottantenne che dichiarava di non toccare un goccio d'acqua per tre, quattro o addirittura cinque giorni, prova evidente che si trattava di spudorate pagliacciate, parodie dei satyagraha gandhiani recitate sempre peggio da un istrione in finale di carriera (
Devo tornare a criticare un articolo di Guido Tricarico, oggi, perché commette lo stesso errore: cerca di eccitare il ventre del lettore, stavolta prendendo a spunto la relazione tenuta dal tesoriere di Radicali italiani, Valerio Federico, all'ultimo Comitato nazionale, la scorsa settimana. Per meglio dire: prendendo spunto dalle tabelle allegate a quella relazione e pubblicate alcuni giorni dopo su radicali.it. Si tratta delle tavole astronomiche della cosiddetta "galassia radicale": robe che in parte erano già note a chi avesse voluto cercarle, che in parte erano solo intuibili ma con ampio margine di approssimazione e che per il resto, sì, contengono qualche sorpresina, ma tutto sommato di scarso peso. Un articolo che sembra scritto apposta per far rumore, provocare l'indignazione di qualche moralista, scatenare gli automatismi della reazione difensiva che è tipica della setta, ma assai lontano da una seria riflessione politica.
Peccato, perché l'incipit era allettante. "A poche settimane dal suicidio collettivo dei 921 membri del Tempio del Popolo - scrive Tricarico - Ron Javers e Marshal Kilduff, due giornalisti de The San Francisco Chronicle che da tempo seguivano le vicende della setta e del suo capo carismatico, il reverendo Jim Jones, firmarono un'inchiesta (The Suicide Cult - Bantam Books, Inc., New York 1978), che in Italia fu pubblicata da Sperling & Kupfer Editori col titolo Guyana: la setta del suicidio, e dalla quale riporto un breve stralcio..." . Sembrava aver trovato la via giusta, sembrava andasse al cuore del problema. Rammento al mio lettore che qualche tempo fa ho scritto: "Di recente ho letto l'inchiesta sul reverendo Jim Jones e la sua setta del Tempio del Popolo che Ron Javers e Marshall Kilduff firmarono per The San Francisco Chronicle a poche settimane dal suicidio di massa del 18 novembre 1978 e ho trovato non meno di due dozzine di punti di concordanza con la storia della "cosa radicale"" ( ). Ho pensato che Tricarico ne avesse individuato almeno uno, e che su quello volesse costruire il suo articolo. Macché, ha subito deviato imboccando la china del pezzo di colore e dalle 178 pagine di The Suicide Cult è andato a pescare un dettagliuzzo irrilevante, al quale solo per il gusto dell'iperbole si può dare valenza emblematica: "Poi vi fu la crisi della carta igienica. Jones si mise al microfono nella sua stanza, collegata mediante altoparlanti con ogni altro locale della sede della setta, e disse ai suoi fedeli: "Non ho carta igienica, ne faccio a meno, e altrettanto potete fare voi". Ma io vidi che nella sua camera ce n'erano rotoli e rotoli" . Già qui si può smettere di leggere, sicuri che Tricarico non riuscirà ad andare oltre la battuta, peraltro moscia e di cattivo gusto: "Mentre il movimento non ha di che pulirsi il culo (calo degli iscritti, debiti, severi tagli di spesa, dipendenti senza stipendio da mesi, quasi niente in cassa per l'iniziativa politica), Marco Pannella, prestanomi, sodali e famigli hanno un grattacielo di morbidezza [...] Il mendicante che da decenni ci chiede un caffè al giorno è proprietario di una caffetteria" .
Le reazioni da parte radicale erano prevedibili, e non si è andati oltre le previsioni. Con la stessa logica che lo motivò a mettere on line il video in cui gli indignados lo coprivano di insulti e di sputi, Marco Pannella ha tempestivamente provveduto a segnalare l'articolo ai 40.000 del suo indirizzario, mentre i fedelissimi si stracciavano le vesti urlando allo scandalo di un così vile attacco a un santo: il solito polverone per occultare il merito della questione e stornare ogni imbarazzo in vittimismo. Sì, perché qualche imbarazzo era inevitabile a fronte dei dati che Valerio Federico si è limitato a ordinare in un quadro fin qui inedito nella sua organicità, perché la natura proprietaria della "cosa radicale" appare finalmente incontestabile, da un lato, e rivela aspetti sconcertanti, dall'altro. Anche da questo punto di vita, Tricarico va vicino al nodo della faccenda, ma poi, miserevolmente, lo elude: [Il] tesoriere di Radicali italiani - scrive - senza dubbio pagherà cara questa sua relazione all'ultimo Comitato nazionale" , ma non fa alcun cenno alle imputazioni che da subito, d ' altronde, gli sono state mosse, e che costituiscono la corretta chiave di lettura di quest ' ennesimo capitolo della lunga agonia radicale.
dalle imputazioni mosse a Valerio Federico, più ancora che dai dati resi pubblici con la sua relazione, che emerge, finalmente inequivoca, la natura della "cosa radicale" : gli si rimprovera di aver dato al Regime un pretesto per mettere in discussione l' "alterità antropologica" dei radicali, offrendo un quadro dell ' assetto della baracca che dall'esterno non può essere definita altrimenti ch e proprietà privata , pallone con quale Marco Pannella fa giocare solo chi gli sta simpatico, e solo dal suo interno può essere apprezzata per quello che in realtà sarebbe, cioè una garanzia di quella "durata" che lega indissolubilmente la "cosa radicale" all ' avventura terrena del suo leader carismatico. E basta una sbirciatina ai social network dell ' area per trovare riscontro di questo umore: è il fatto che Marco Pannella sia il padrone che dà sicurezza ai suoi servi, mentre solleva l ' ampia gamma delle reazioni che va dalla perplessità al franco sconcerto in chi non lo dava per scontato, povero fesso. La relazione di Valerio Federico ha questo enorme merito (o enorme difetto, secondo come lo si voglia intendere): allarga in voragine la dieresi tra chi accetta, e ha sempre accettato, che il partito fosse l ' incarnazione del suo leader e chi pensa fosse, avesse da essere, dovrebbe diventare lo strumento politico di un movimento che, dichiarandosi democratico e liberale, non può avere forma del gregge che segue il suo pastore, belando
È un merito di cui lo stesso Valerio Federico, forse, non ha piena coscienza. Di fatto, l ' aver messo nero su bianco che la cassa del movimento è nella piena disponibilità del solo Marco Pannella, e che i due polmoni economici della "galassia radicale" sono presieduti dalla sua tributarist a, è una pagina storica, perché segna una presa di coscienza. C ' è da sperare che, quando il reverendo Jim Jones di via di Torre Argentina chiederà ai suoi di mettersi in fila per l ' ultima e suicidiaria eucaristia, qualcuno si salverà. Quel cretino di Tricarico, invece, che cosa legge nella vicenda? Che Marco Pannella piange miseria e tiene i suoi a pane ed acqua mentre ha i milioni di euro sotto il culo. Lettura superficiale, perfino scorretta nella sostanza.