“Il Jobsact rottama i cococo cocopro vari” tweetta Matteo Renzi, si ma andateci piano e agite con intelligenza. Abolito il precariato? Mah… vedremo.
Non abbiamo ancora validi elementi per giudicare nel merito il tanto decantato Jobsact, possiamo però provare a fare alcune riflessioni partendo dall’esistente. Partiamo proprio dal cavallo di battaglia del premier Renzi, l’abolozione dei contratti a progetto, demonizzati come fossero l’unica causa del precariato.
A partire dal 1 marzo non sarà più possibile assumere tramite contratti a progetto, rimarranno solo quelli attualmente in essere, ma fino al 2016, quando si dovrà decidere in cosa e se eventualmente convertirli.
Per certi versi in questi ultimi anni queste forme contrattuali hanno facilitato abusi e hanno indubbiamente alimentato la piaga del nostro decennio: il precariato. Per cui dire “rottamiamo i cocopro” può aver il suo indubbio effetto positivo in termini di consenso, ma il vero problema non sono queste forme contrattuali, ma l’uso distorto che i datori di lavoro ne hanno fatto.
Il contratto a progetto in realtà ha i suoi indubbi vantaggi per il lavoratore, se applicato secondo quanto prevede la legge. E’ una forma di lavoro flessibile, legata al raggiungimento degli obiettivi relativi al progetto e che non vincola il lavoratore ad un ufficio e agli orari di lavoro standard. Una formula che sta nel mezzo tra il lavoro totalmente autonomo (quello su partita iva per intenderci) e il lavoro subordinato, ma con i vantaggi di aver uno stipendio e non dover aspettare il pagamento di una fattura. Tra l’altro, se vogliamo, un modo di svolgere il proprio lavoro tipico dei nostri tempi, dove ci spostiamo da un luogo all’altro coi nostri pc e tablet e con la nostra connessione portatile. Per alcuni può essere davvero il lavoro ideale e in Italia ci sono stati casi in cui il contratto a progetto è stato applicato alla lettera. Non neghiamo che si sia trattato di casi sporadici, ma riteniamo che davvero il nocciolo della questione non sia questa forma contrattuale.
Per cui ci chiediamo, spariranno davvero le forme di sfruttamento? Perché di questo si tratta. Rottamare cocopro e cococo ci protegge davvero dal rischio di abusi e soprusi? Probabilmente no e se pensiamo che molte scuole private assumevano con contratti a progetti capiamo facilmente dove sta il problema. Continuiamo a pensare che la vera arma contro gli abusi siano maggiori controlli e forme di tutela verso il lavoratore che dovrebbe essere messo nelle condizioni di denunciare casi come questi. Tuttavia è vero anche che adesso i furbetti avranno uno strumento in meno.
Per adesso è ancora presto tirare le somme, si può supporre che i furbetti probabilmente non assumeranno più o forse assumeranno col tanto famigerato contratto a tutele crescenti, ma forse con uno stipendio da fame così avranno sgravi fiscali di cui beneficeranno soltanto loro.
Ma non lanciamo giudizi affrettati, è probabile che davvero sul lungo periodo tutto questo condurrà ad una propensione a stabilizzare il lavoratore e a riconoscergli una serie di diritti che fino ad ora gli sono stati negati, ma abbiamo esordito dicendo “andateci piano” perché il rischio che dietro norme di questo tipo, alla fine si punisca il lavoratore, è sempre dietro l’angolo.
Alessia Gervasi