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Quel “grazie” che dobbiamo pronunciare

Creato il 13 giugno 2010 da Gadilu

Quel “grazie” che dobbiamo pronunciare

Solo per un momento, lo confesso, sono stato tentato di dedicarmi a un commento leggero, tipicamente domenicale. Da due giorni sono infatti cominciati i mondiali di calcio, in Sudafrica. E cosa ci sarebbe di più domenicale che divagare un po’ su squadre e ambizioni, campioni e bandiere, accantonando così la fatica di pensare a tutte le altre questioni che ci tengono occupati gli altri giorni della settimana? Mi ha fermato però uno scrupolo. La preoccupazione che, così facendo, chiuderemmo gli occhi su cose molto importanti, fatti sui quali è bene che non cali mai il silenzio.

Anche Riccardo Staglianò – in un bellissimo libro appena uscito e intitolato “Grazie. Ecco perché senza gli immigrati saremmo perduti” (Chiarelettere) – ci ha dapprima forse fatto sorridere ricordandoci la notizia apparentemente futile che almeno un terzo dei calciatori della serie A sono “stranieri”, ma poi ha chiarito in modo esaustivo e puntuale come in realtà gran parte della nostra economia e del nostro sistema sociale e previdenziale, oggi, non sia più neppure lontanamente concepibile (concepibile: non solo gestibile) senza l’apporto del loro preziosissimo e spesso sottopagato lavoro.

Ci si aspetterebbe dunque che almeno fossimo in grado di ringraziarli, questi nostri concittadini, e non certo a parole, bensì con opportune misure d’integrazione e di riconoscimento dei loro diritti fondamentali (cioè dei diritti di ognuno). Non di rado le cose vanno però diversamente e all’incapacità interessata della politica debbono così supplire i giudizi dei tribunali, almeno finché la politica non si preoccupa di ostacolarne il lavoro.

È quanto accaduto anche qui da noi, a proposito di una recente delibera della Giunta provinciale. Emanata in origine per smussare il cosiddetto vento di destra, essa istituiva un limite dei primi 4 mesi dell’anno in ordine alla domanda di sussidio casa per gli extracomunitari – extracomunitari ovviamente dotati di permesso di soggiorno indeterminato, non “clandestini” – e dunque alimentava graduatorie separate per “indigeni” e “stranieri”. Una cosa un po’ da vecchio Sudafrica, insomma. Questa delibera è stata adesso annullata dalla Corte dei Conti perché ritenuta (a ragione) discriminatoria e in contrasto con un modello di legalità (e si vorrebbe dire anche di umanità) eccedente le ristrettezze opportunistiche fatte valere anche col contributo governativo di una sinistra imbolsita, anestetizzata o forse semplicemente incapace di corrispondere al suo autentico ruolo. Speriamo che la lezione serva a reimpostare delle norme che non facciano più pensare a goffe scorciatoie.  

Corriere dell’Alto Adige, 13 giugno 2010



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