Quel Porsche di Calearo

Creato il 31 marzo 2012 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si sa Olivetti era morto, Saccucci era francamente un po’ troppo sovraesposto. Ma al partito liquido serviva un imprenditore dinamico, moderno e effervescente. Così non appagato dal moscio Colaninno, la scelta di Veltroni cadde su Calearo, poco noto fuori dai confini veneti, ma abbastanza per suscitare una defezione elettorale da parte di chi invece ne ricordava le performance passate e immaginava quelle future.
E infatti avevano ragione. Dopo la prima euforia per essere stato giubilato, dopo qualche passaggio televisivo, dopo la soddisfazione di poter contare su emolumenti certi per pagarsi il mutuo di 12 mila euro per una magione doverosamente spaziosa, il Calearo ha dato i primi segni di scontentezza. Insieme a Berlusconi era rimasto l’unico a temere i comunisti e il solo a pensare che qualcuno se ne annidasse nel centro-sinistra. Così dopo un breve attraversamento dell’Api, forse invogliato dalla libera iniziativa del Lusi, approda in un contesto più appropriato, il movimento dei responsabili, per coronare infine il suo sogno, entrare nell’entourage di Berlusconi del quale diventa radiosamente consulente per il commercio estero. E ti credo: in una intervista-confessione alla Zanzara, un’esuberante elargizione all’antipolitica, rivela una certa competenza in materia. Oltre a essersi collocato con un certo successo all’interno della campagna acquisti dei scilipotiani, infati, il Marchionne in scala minore rivela di preferire le mete estere per le sue fabbriche di antenne per auto e anche per l’immatricolazione della sua Porsche, auto che anche nell’avvicendarsi dei governi resta molto gettonata.

Imprenditori e manager interpretano la globalizzazione a modo loro, se ogni mondo è paese, l’importante è stare lontani da proprio, mungerlo come una vacca, approfittarne come un macrò, evaderne le tasse, dileggiarlo perché è più spiritoso e moderno irriderlo che sostenerlo. Gli unici caratteri nazionali apprezzati da questi improbabili attrezzi che dovrebbero rimettere in moto la crescita grazie a aiuti, incentivi, facilitazioni e licenze infami prima di tutte quella appunto di licenziare, sono quelli deteriori: clientelismo, avidità, cinismo e furbizia, impudente e approfittatrice.
Infatti nella stessa intervista confessa che lui in Parlamento ci resta ancora, anche se muore di pizzichi e infatti non lo frequenta più preferendo scorazzare con la sua Porsche in Croazia, solo per finire di pagare l’oneroso mutuo. Ma in verità anche con uno scopo morale: non lasciare scoperta la sua meritata e conquistata postazione, nella quale subentrerebbe un figuro esponente dell’esecrata sinistra, tal Andrea Colasio, cui va il nostro pensiero solidale.

Basterebbe questo a disegnarne un ritratto completo, ma Calearo invece non vuol lasciare nulla di inesplorato, se deve essere al servizio dell’antipolitica, se deve aiutare il Paese a consegnarsi a frigidi bancari pur di non aver nulla a che fare il ceto dirigente espresso dai partiti, se deve dare una mano all’impoverimento della democrazia e al declassamento da partecipazione a tele utenza, allora l’uomo, si fa per dire, ce la mette tutta e si svela anche in un risvolto segreto e intimo, che peraltro non ci sorprende. “Due gay che si baciano? Mi fa schifo, lo facciano a casa loro”, dice. “Mi giro dall’altra parte. Io sono normale e mi piacciono le donne, loro hanno altri gusti. Io io ho i miei, normali, e mi tengo i miei. La normalità è soggettiva, ma per me non sono normali”.

Ecco non vorrei mai che Calearo avesse ragione. Che lui proprio lui rappresentasse la normalità oltre che un becero conformismo, un turpe adeguamento al peggio che alberga nei peggiori. Tante volte ci si lamenta che questo non è un paese normale, che passa dal pagliaccio al lacchè dei poteri forti, dalle ganze sul calendario alle kapò implacabili. Speriamo che Calearo sia solo uniforme e adeguato a quella cattiva politica che aveva ispirato il disegno di un agglomerato informe e eterogeneo che era arduo chiamare partito, dichiaratamente privo di memoria e frettolosamente intento a negare e allontanarsi da tutti i “passati” e indifferente a tutti i “futuri”. E che infatti va bene per tutte le stagioni, tutti i programmi immorali, tutte le cattive azioni. Ma non va bene per noi, che vogliamo riprenderci scelte, idee, vita e anche baci, amori e felicità.


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