La morte dei due clochard carbonizzati apre una riflessione sulla realtà di fame e di stenti che caratterizza le storie di chi vive sulle strade della Capitale senza avere una fissa dimora. Un popolo di 6mila unità che assieme alle prostitute è esposto alla mano violenta della criminalità.
Roma – Il 27 gennaio 2012 due senzatetto vengono trovati morti carbonizzati in un cunicolo adiacente al sottopasso di Corso d’Italia. Probabilmente somali, i due clochard, secondo una prima ricostruzione, avevano acceso un piccolo fuoco per riscaldarsi dal freddo. Rogo che però, a quanto sembra, è risultato fatale. A questo punto la storia potrebbe sembrare risolta, con buona pace per le due povere anime, se non fosse che due giovani fratelli pugliesi senza fissa dimora hanno cominciato a raccontare di un uomo fuggito prima dell’incendio. L’ipotesi omicidio comincia a gettare ombre e a far scricchiolare le prime apparenti certezze; ma sarà difficile capire cosa davvero è successo.
Di sicuro c’è che la morte dei due arriva solo dopo pochi giorni il ritrovamento del corpo inerte di un altro senzatetto. Stessa zona, stesso esito: questa volta sembra che però il clochard sia deceduto di stenti, tra freddo, fame ed escrementi di topo.
Dall’altra parte di Roma, in zona Prati Fiscali storie diverse ma stessi pericoli per due giovani prostitute che ieri sera hanno subito un tentativo di rapina da parte di due cittadini filippini, operai incensurati. A loro è andata bene, visto l’arrivo tempestivo della polizia; più sfortunata un’altra lucciola 23enne che solo alcuni giorni fa è stata condotta in una camera d’albergo da un italiano 33enne per poi essere picchiata e derubata.
Morire di fame e di stenti, vivere nelle latrine e degli avanzi altrui; cosa c’è di diverso rispetto alle donne sottoposte a regime di schiavitù che ogni notte si abbandonano tra le braccia di uomini che potrebbero benissimo essere i loro carnefici? Oggi piangiamo la morte di due poveri immigrati, domani sorridiamo dinanzi alle cosce infreddolite delle donne in vendita sui marciapiedi delle nostre città, salvo poi maledire il primo lavavetri. E ciò senza comprendere il velo incubo che getta un’ombra sempre più inquietante sulle nostre città: la piaga della fame.
Sì, tra le strade di Roma si muore di freddo e di fame, e quando non sono gli stenti ci pensa il criminale o il folle di turno a ricordare al povero senzatetto la sua condizione di non-esistenza. Poveri dimenticati dalle famiglie, spinti sulle strade dalla tossicodipendenza o dalle malattie mentali, quando non dai debiti o dalla fuga da querra e disperazione. Il popolo dei senzatetto domina le strade delle metropoli mondiali ed è in continua crescita. In Europa, secondo l’Unicef, coloro che sono senza fissa dimora sono ben 3milioni; solo a Roma la cifra supera le 6mila unità. Senza contare coloro che vivono nelle case occupate, che sono a rischio sfratto, che si cibano presso le mense della caritas, e che, appunto, vendono il proprio corpo sui marciapiedi delle arterie consolari.
Ad aggravare la condizione miserrima di queste povere anime non solo l’indifferenza della gente, ma, come spesso succede, anche la criminalità. Pensate che il denaro reso al parcheggiatore abusivo rimanga tutto nelle sue tasche? Pensate che la misera paga per una prestazione sessuale vada ad “arricchire” la prostituta? Ebbene, dietro l’esercito dei senzatetto e di chi trascorre le notti sui marciapiedi della capitale ci sono organizzazioni criminali che si arricchiscono sulla pelle dei propri schiavi. E quando non sono criminali di professione ecco la microcriminalità che interviene nelle realtà dimenticate ed esposte all’arbitraria violenza di chicchessia. A tal proposito spesso sentiamo dire che Roma è una città “sicura”. Niente di più sbagliato. Il tasso di criminalità è in forte crescita, soprattutto negli ultimi anni; tanto che la Capitale è stata sistemata al secondo posto nella speciale classifica pubblicata alcuni mesi fa dal Sole24Ore sul rapporto tra numero di crimini denunciati e popolazione, che nel 2010 ha segnato un +7,8%.
Difficile quantificare la reale incidenza di violenza e criminalità sulla popolazione senza fissa dimora; altrettanto difficoltose le possibili soluzioni. Diverso, però, è negare il problema: Roma non è una città sicura e non è nemmeno una città ricca e civile perché per le sue strade si muore di freddo e di fame. La speranza è che, quantomeno, la prossima amministrazione cominci a prendere coscienza del problema.
Michele Trotta