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Quell’elio che si finge idrogeno

Creato il 05 febbraio 2011 da Stukhtra

Basta trafficare un po’ con i muoni

di Silvia Fracchia

E’ il piccolino della tavola periodica, l’elemento chimico forse più conosciuto. Nella corso della sua storia plurisecolare, l’hanno studiato personaggi del calibro di Paracelso, Boyle, Cavendish e Lavoisier. Ha la struttura atomica più semplice in assoluto, ma è indispensabile per la vita e per l’evoluzione stellare. E possiede un gran numero di affascinanti proprietà.

Parliamo naturalmente dell’idrogeno: numero atomico pari a 1, con un protone e un elettrone, come ci ha insegnato il professore di chimica. O, perlomeno, ciò è quanto ha in mente la maggior parte delle persone quando pensa all’idrogeno. Ma è un’immagine un po’ riduttiva, che non rende giustizia alle belle esperienze che si possono realizzare con altri tipi di idrogeno, meno diffusi ma non per questo meno interessanti. Non solo: con un artificio piuttosto scaltro, possiamo addirittura convincere degli atomi di elio a “travestirsi” da idrogeno, come ci riferisce Donald Fleming, dell’Università della British Columbia a Vancouver, in Canada, con alcuni colleghi in un articolo pubblicato di recente da “Science”.

In natura esistono gli isotopi: atomi dello stesso tipo, con lo stesso numero atomico e le stesse proprietà chimiche, ma con un diverso numero di massa. In altre parole, un isotopo avrà lo stesso numero di protoni e di elettroni dell’atomo di riferimento, ma un diverso numero di neutroni nel nucleo. Anche il nostro piccolo idrogeno esiste in alcune varianti: accanto all’isotopo più famoso e diffuso, detto anche prozio, troviamo infatti il deuterio e il trizio, rispettivamente con uno e con due neutroni nel nucleo.

Quell’elio che si finge idrogeno

Se vogliamo andare oltre e considerare isotopi più pesanti, però, dobbiamo fare i conti con la loro grande instabilità: questi atomi decadono infatti in un tempo brevissimo, che non ci permette di utilizzarli nelle sperimentazioni. Ecco allora che entrano in gioco Fleming e i suoi collaboratori: “Se riuscissimo in qualche modo a far catturare un muone a un atomo di elio, con due protoni, due neutroni e due elettroni”, si sono detti, “potremmo far sì che l’elio assuma le sembianze di un isotopo di idrogeno più massiccio”.

Il muone è un particolare tipo di leptone, ossia una particella elementare leggera che, per certi versi, può essere considerato il “cuginetto” dell’elettrone: possiede infatti la sua stessa carica elettrica e le stesse proprietà elettromagnetiche, ma ha una massa circa 207 volte superiore. Se allora riuscissimo a scambiare un elettrone dell’atomo di elio con un muone, questo andrebbe a occupare un’orbita molto vicina al nucleo atomico. La carica negativa del muone schermerà quella positiva di uno dei due protoni e il risultato sarà un atomo apparentemente uguale all’idrogeno, ma circa quattro volte più pesante. Il gruppo di Fleming è riuscito a creare questi atomi di idrogeno superpesanti presso il laboratorio di fisica subatomica TRIUMF di Vancouver, mandando un fascio di muoni provenienti da un acceleratore in una miscela di elio, ammoniaca e idrogeno molecolare. D’altro canto esiste anche una sorta di idrogeno superleggero, il cosiddetto muonio: questa volta un antimuone, ossia l’antiparticella del muone, con la stessa massa e carica elettrica di segno opposto, va a rimpiazzare il protone nel nucleo, dando così origine a un atomo del tutto analogo all’idrogeno ma molto più leggero.

Quell’elio che si finge idrogeno

Elio, elio travestito e idrogeno a confronto. (Cortesia: New Scientist)

L’importanza di avere a disposizione una vasta gamma di isotopi (o pseudoisotopi) dell’idrogeno è legata alla possibilità di studiare una reazione chimica assai interessante e dibattuta: quella che coinvolge l’atomo e la molecola di idrogeno, costituita da due atomi. Nel corso della loro interazione, l’atomo di idrogeno può infatti strappare un suo simile dalla molecola, diventando a sua volta idrogeno molecolare, a patto di avere un’energia sufficiente a rompere il legame.

Tuttavia la meccanica quantistica ci dice che una particella può varcare una barriera di energia più alta di quella posseduta dalla particella stessa: è l’effetto tunnel, uno stupefacente fenomeno che non trova analogo nella fisica classica. Inoltre la teoria afferma che la particella sarà soggetta tanto più facilmente all’effetto tunnel quanto più piccola sarà la sua massa. Secondo le previsioni della meccanica quantistica, dunque, la reazione dovrebbe avvenire meno frequentemente con gli isotopi di idrogeno più pesanti.

Fleming e i suoi collaboratori hanno confrontato i dati delle reazioni eseguite con idrogeno normale ed elio travestito con quelli, risalenti al 1987, di una reazione in cui si era stato usato il muonio. Le loro aspettative non sono state deluse: la reazione con il finto idrogeno superpesante è risultata infatti essere la più lenta, mentre quella con il muonio la più veloce.

Che cosa possiamo dedurre da tutto ciò? Un esperimento di questo tipo ha fornito una brillante verifica sperimentale delle ipotesi della teoria quantistica, sfruttando un sistema semplice come l’atomo di idrogeno. Anzi, come gli atomi di idrogeno: ormai l’avrete capito.


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