Quello che segue è un piccolo esperimento online. L’articolo che segue è stato pubblicato su questo stesso blog con il titolo “Nessuna indignazione”. Vi si sostiene che un fatto specifico di violenza sessuale mostri come la cultura dello stupro sia profondamente radicata in Italia. Lo ripubblichiamo identico, sostituendo solo il titolo con una frase allusiva e volgare. Speriamo di sbagliarci, ma la nostra previsione è che la stessa cultura pro-stupro che nelle righe che seguono denunciamo farà sì che il titolo di questo secondo articolo susciti l’interesse di molte più persone, rendendo perciò questo articolo più letto e cliccato del precedente. In quanto amministratrici del blog, potremo facilmente controllare questi dati. Ora potete chiudere questa pagina, che non parla di ragazzine facili e lamentose, oppure leggere ciò che, con il titolo originale, forse non avreste mai letto.
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Italia, dall’alto: i politici si vantano delle presenze femminili nella nuova squadra ministeriale. Italia, dal basso: qualcosa non sta (ancora) andando per il verso giusto.
La vicenda dello stupro a Montalto di Castro è relativamente nota. Montalto è un paesino laziale circa 100km a nord da Roma, meno di 10mila anime. Era il 2007 quando M., una ragazzina di 15 anni che stava partecipando a una festa, venne attirata in una pineta appartata, e lì violentata per ore da 8 coetanei. Quando M. riuscì a raccontare e denunciare il crimine di cui era stata vittima, non solo i suoi concittadini non le credettero, ma anzi l’accusarono di essere la vera colpevole dell’accaduto, di essere stata non solo “conseziente” ma in realtà la vera “provocatrice” che con la sua “minigonna” aveva fatto cadere in “tentazione” quei “bravi ragazzi”, così “normali”. Addirittura il sindaco di Montalto Salvatore Carai (Partito Democratico) anticipò dalle casse comunali i soldi per le spese legali degli 8 ragazzi. Evidentemente aveva buone ragioni per ritenere di ottenerne vantaggi politici. Chiunque può facilmente trovare notizie sull’iter giudiziario della vicenda, che qui non ripercorro. Il punto è che, in questi sei anni, questa vicenda è entrata in circolo nei mass media, e ogni volta che ne leggo o ne ascolto credo di leggere una notizia meritevole di suscitare la più grande, vibrante, giusta indignazione. Ma pochi giorni fa un’amica parlando mi ha detto una cosa molto semplice: non c’è nessuna indignazione. Nessuno è indignato, tranne noi. È vero. Se la gente fosse indignata come dovrebbe, se l’ingiustizia di uno stupro fosse percepita nel suo immenso orrore, Montalto di Castro non potrebbe essere Montalto di Castro. I suoi cittadini e le sue cittadine non si sarebbero schierati e schierate pro-stupro, a favore del branco. Il sindaco non sarebbe nemmeno stato eletto – oppure sarebbe stato cacciato a furor di popolo. I tribunali non avrebbero proposto dei blandi servizi sociali per gli 8 rei confessi. Montalto come un fedele microcosmo, una palla di vetro che rispecchia il macro: l’Italia non sarebbe l’Italia. Una donna viene stuprata e – nonostante le emozioni e le riflessioni di voi che state leggendo un articolo in un blog femminista – dobbiamo prendere atto che intorno a noi non c’è nessuna indignazione. Abbiamo guardato, ora abbiamo visto: questa è l’Italia dal basso. E in questa vicenda rimaniamo scandalizzate/i dagli effetti estremi di una cultura profonda che però, in realtà, sperimentiamo tutti i giorni – anche se spesso, per fortuna, in circostanze meno tragiche. Ma altrettanto inequivocabili: una donna non ha diritto a una sessualità libera. Una donna non è meritevole di essere creduta per ciò che dice su di sé. Una donna che si ribella dev’essere punita dalla comunità di appartenenza. Una donna non è profondamente un essere umano, comunque mai quanto un uomo.