Quanto è curiosa la vita.
Ti trovi a dover affrontare una partitura mai vista, di un brano mai sentito, che non sai neppure se sia swing, samba, (used to be a) cha cha o vattelapesca.
Ci sono solo sigle, nessun’altra indicazione.
Neppure la velocità.
[One, two, three, four]
La band attacca.
Un minuto di smarrimento, solo un minuto, ed ecco il miracolo: inizi a suonare su quel brano come se lo conoscessi da una vita. E anche se razionalmente non riesci a seguire perfettamente quel che stai facendo – perché la mente ha bisogno di tempo per ponderare, per valutare, per decidere – poco importa: lo senti sulla pelle se funziona, lo senti a istinto.
Come se ce l’avessi già nelle mani, nell’anima, da sempre.
Come se mancasse solo l’occasione (e il coraggio) per plasmare il sentire in suoni.
Per far uscire quello che c’è (già) dentro.