di Rina Brundu. Il problema è che quando il prodotto non è Doc ci si mette sempre quel tanto in più a capire di cosa si tratta. È questo il caso dell’odierna “intervista” fatta da Massimo Giletti al Premier Matteo Renzi durante l’ultima puntata de L’Arena (Rai1), il programma di approfondimento giornalistico della domenica pomeriggio. Data la speciale occasione, sarebbe da scusare qualsiasi telespettatore che avesse pensato l’ospitata eccellente come un “regalo” dell’illustre ospite al conduttore, anche compagno di partite di pallone (almeno a sentire Giletti), in vista della chiusura stagionale.
Sbagliato, naturalmente! Il regalo in realtà lo ha fatto Giletti a Renzi e per averne certezza basta controllare il contestuale titolo a caratteri cubitali (con incluso poster size-lenzuolo) comparso sul Corsera: “Pensioni, Renzi in tv – Il 1 agosto rimborso di 500 euro per quattro milioni di italiani” (vedi featured image). Crepa d’invidia Grande Fratello orwelliano e i tuoi messaggi occulti e subliminali, oggidì il renzismo fa tutto alla luce del sole e in maniera matematicamente trasparente: ospitata televisiva = appuntamento elettorale in arrivo, appuntamento elettorale in arrivo = balla spaziale mediatica sparata.
Il va sans dire, che non ci sarebbe stato niente di male nell’intervista citata, se questa fosse stata davvero tale e se ci fosse stato un qualche contradditorio. Ci si chiede insomma se Giletti abbia usato tutta la sua capacità di indignazione civile con Mario Capanna e se tutta quella passione mediatica fosse un bluff. Perché il conduttore non ha fatto nessuna domanda pertinente al Presidente del Consiglio proprio nel giorno in cui la Francia – accodandosi all’Inghilterra nell’idea di rigettare le quote di migranti proposte dalla Mogherini – ha finanche minacciato di bloccare Shengen? Perché non lo ha pressato sugli impresentabili PD alle prossime regionali? Sul malessere civile che dilaga da nord a sud? Sugli effettivi problemi del mondo scolastico oltre le questioni epidermiche delle comunicazioni digitali trendy scelte da colui per far conoscere il suo pensiero?
C’era un tempo una trasmissione di approfondimento politico che si chiamava appunto TRIBUNA POLITICA. Era di una pallosità unica e costringersi a guardarla era un poco come condannarsi ad una salutare dieta a base di olio di ricino. Tuttavia, oggi come oggi, davanti alla pessima qualità del giornalismo politico proposto dal nostro Servizio Pubboico, non si può che riscoprirne i meriti: primo fra i tanti l’onestà deontologica e la determinazione a dare voce a tutti. Un esempio, insomma, da un passato tanto deprecato, rottamato ma che forse ha ancora infinite lezioni da insegnare, mentre ad un tempo ci dà certezza che il peggio deve ancora arrivare.