di Rina Brundu. Scagli la prima pietra colei o colui che sa chi sono Travis Kalanick e Brian Chesky senza googlarne il nome. No, non sono due giocatori di scacchi dell’ex URSS, né gli ultimi ballerini trendy ma morti di fama di “Ballando sotto le stelle”. Kalanick e Chesky sono i CEO (Chief Executive Officer) di Uber e di Airbnob, due società americane che usano applicazioni di ultima generazione per offrire servizi più datati come, per esempio, il semplice servizio di taxi. Benché sconosciuti ai più (ammettetelo, dai, che non lo sapevate!), questi signori si sono piazzati al primo posto nella speciale classifica stilata da FORTUNE, degli under 40 più influenti nel 2014. Al secondo posto si è classificato Mark Zuckerberg, che non ha bisogno di presentazioni, e al terzo posto (udite, udite!), troviamo il nostro premier Matteo Renzi, che, bisogna concederlo, neppure lui ha bisogno di presentazioni e rispetto a Kalanick e Chesky un qualche punto in più di notorietà mediatica ce l’ha di sicuro.
Un grosso risultato come lo hanno enfaticamente salutato i nostri giornali? Un contentino, a mio avviso. Un contentino perché, come sovente accade, e come si usa dire a queste latitudini, the devil is in the details, ovvero bisogna andare a guardare il dettaglio per capire se di vera gloria si tratta. Di fatto è la stessa categorizzazione dentro la classifica under-40 a “sminuire” il risultato ottenuto, a farlo sembrare, appunto, un contentino. A dimostrazione del detto, basti pensare che Mark Zuckerberg compare, sì, al secondo posto in questa speciale classifica, però viene anche collocato al 24simo posto nella classifica di FORBES dei 72 personaggi più potenti. Del nostro Premier, invece, nessuna traccia altrove; per FORBES c’è senz’altro un italiano potente e influente tra i primi dieci al mondo (al nono posto per la precisione), ma non si chiama Matteo Renzi quanto piuttosto Mario Draghi. Come non bastasse sono molto interessanti anche le didascalie critiche di FORTUNE, laddove di Zuckerberg si dice che forse il numero di utenti di Facebook non sta crescendo in maniera esponenziale come prima, ma che finalmente il suo proprietario sta cominciando a mungere la mucca da latte e a riempire il portafoglio.
Del nostro giovane premier si ricorda, invece, che ha partecipato alla “Ruota della fortuna” (chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato elemento da citare nel CV di un leader politico?, chissà la gioia di Mike Bongiorno se avesse potuto sentirlo!), e che ritiene che la Silicon Valley sia la “capitale del futuro”. Buon per loro, anche se onestamente avrebbe fatto più piacere leggere che il nostro Presidente del Consiglio pensa che sarà qualche nostro centro di eccellenza scientifico-tecnologica (gli abbiamo!), la “capitale del futuro”. Del presente non si parla da nessuna parte ma questa è una costante del renzismo che delega al domani ciò che non può risolvere oggi. A suo merito, il fatto che lo fa con una vena di salutare ottimismo che leggendo tra le righe sembrerebbe essere pure la strategia vincente che ha portato i redattori della prestigiosa testata a concedere l’ambito riconoscimento mediatico. Speremo bene, del resto l’ottimismo ad oltranza lo predicava pure Berlusconi e tutti sappiamo come è andata a finire.
Il punto però è un altro. Il punto è: perché Matteo Renzi non si è ancora fatto vedere a Genova, dopo l’alluvione (curioso modo di “non lasciarli soli!”)? Forse perché era più mediaticamente “cool” arrivarci su motoscafo veloce onde precedere la Concordia all’entrata nel porto, o perché è rimasto prigioniero delle celebrazioni per la suddetta “investitura”? Lo stesso si potrebbe forse dire di Beppe Grillo che si legge impegnato ad incitare la sempre più sparuta folla di militanti in quel del Circo Massimo alla stregua di un Nerone che suona la lira mentre la sua città brucia; gridare che é “una vergogna” potrebbe non essere sufficiente per risolvere i problemi dei suoi concittadini della Lanterna. Per angusta ad augusta… pardon, per augusta ad angusta. E ho detto tutto!, garantiva Totò.
Featured image, Il rimorso dell’imperatore Nerone dopo l’assassinio di sua madre (1878) di John William Waterhouse