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Quello che il renzismo non dice (50) – Dietro il dantesco Jobs Act “dello schermo”, la battaglia per portare Prodi al Colle. O assicurarsi che ne stia ben lontano. E sul paradigma giornalistico di Arbasino applicato alla Politica.

Creato il 13 dicembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Alberto_Arbasino_1di Rina Brundu. Qualche nota di background. Tra i tanti articoli quotidianamente dedicati a Matteo Renzi dal Corriere.it, oggi ce n’é uno il cui titolo si fa notare più della gigantografia nazional popolare che immortala il premier con famiglia in visita dal Papa. Il pezzo è titolato: “Per il Colle lo “schema Renzi” che elimina Prodi e D’Alema”. Fin qui tutto ok se non fosse che nella stessa homepage campeggia un altro articolo trattante la stessa tematica ma di segno opposto: “Pd, Civati minaccia la scissione: «Se Renzi continua così faccio un nuovo partito»”.

Dopo la lettura di quest’ultimo pezzo (mini pezzo), il messaggio subliminale che arriva al lettore (o almeno che é arrivato a me) è che Civati, impegnato in una girandola di meeting e “a Bologna insieme a Corradino Mineo (è attesa anche Rosy Bindi)”, in stretta collaborazione con “Silvia Prodi, neoeletta consigliere regionale nipote dell’ex premier e Vittorio Prodi, ex presidente della Provincia ed europarlamentare e fratello di Romano”, stia minacciando la scissione del PD causa la battaglia per il Colle che impazza da settimane. Le questioni del Jobs Act sarebbero (come di fatto sono), solo secondarie.

Scagli la prima pietra chi, dopo avere così “interpretato” il pezzo, non parteggerebbe per il Renzi strenuo difensore del diritto della Politica a rifondarsi? Della necessità di rottamazione a tutti i costi, costi quel che costi e prima che Juncker perda definitivamente le staffe pungolato a dovere dalla Merkel e dai falchi della Bundesbank? Tuttavia, l’aspetto della questione che non si può non considerare è che il fare-fuori Prodi é soprattutto una mossa politica strategica fondamentale per il premier stesso. Per meglio scrivere, una volta cancellato Prodi dall’equazione, é indubbio che Renzi rafforzerebbe la sua leadership di “uomo solo al comando” e si garantirebbe la riconoscenza di Berlusconi nei secoli dei secoli. Forse anche dopo dato il carattere immortale del signore di Arcore.

Il problema che rimarrebbe sul piatto se lo accollerebberero invece (e tanto per cambiare), gli Italiani che cascherebbero dalla padella nella brace: e se la Presidenza della Repubblica (dato che i  pochi politici validi e provati, penso per esempio alla Bonino, verranno esclusi in partenza), andasse ad un altro volto nuovo della sconfinata scuderia renziana? È noto che non c’é nulla di meglio di un volto-nuovo (per quanto in età), per avere certezza di poterlo tenere a freno. Senza considerare che per il giovane premier sarebbe come fare un decisivo primo piccolo passo sulla strada dell’inaugurazione del personalissimo ventennio, che sfortunatamente per noi non farà equazione con l’epico grande balzo per l’umanità di cui tutti sappiamo.

La preoccupazione non è peregrina. Cito dalla pagina di Wikipedia Italia di Matteo Renzi, sezione Biografia: “….. studia a Firenze: prima al Liceo Ginnasio Dante (60/60 nonostante sia vicino alla bocciatura per il rifiuto, da rappresentante d’istituto, di ritirare le copie del giornalino scolastico in cui c’erano forti critiche alla prof di matematica) e poi all’Università degli Studi di Firenze dove si laurea nel 1999 in Giurisprudenza….. Ha una formazione scout nell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani e ha collaborato, firmandosi Zac, con la rivista nazionale della branca Rover/Scolte Camminiamo insieme della quale è stato anche caporedattore. Ha lavorato con varie responsabilità per la CHIL Srl, società di servizi di marketing di proprietà della sua famiglia (il cui nome è ispirato dall’omonimo personaggio del Libro della giungla), in particolare coordinando il servizio di vendita del quotidiano La Nazione sul territorio fiorentino con la diretta gestione degli strilloni. Inoltre consegnava volantini e distribuiva elenchi del telefono”.

Ottimo il 60/60 e la critica alla professoressa di matematica (un caso di rottamazione ante litteram?): la capacità di critica è la conditio-sine-qua-non che dice tutto della nostra intelligenza, e del nostro coraggio. Confesso però che l’unica considerazione che mi viene da fare dopo avere letto una simile biografia-curriculum è: ma Renzi ha mai lavorato? Insomma, Grillo non aveva tutti i torti quando gli rinfacciava lo status-quo e l’idea che anche all’interno del quadro-rottamativo renziano, la “carriera politica” possa essere un’alternativa “fascinante” a lavoro tout-court,  non è completamente da scartare.

Non si vorrebbe, insomma che, accortamente aggiustando il celeberrimo paradigma giornalistico di Alberto Arbasino, in virtù del quale «In Italia c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di “brillante promessa” a quella di “solito stronzo”. Soltanto a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di “venerato maestro”», nell’Italia politicante post-rivoluzione digitale si passasse troppo velocemente dalla categoria di brillante rottamattore a quella di venerato padre della Patria ignorando l’imprescindibile step di astuto-stratega. Insomma, meditiamo gente, meditiamo!

Featured image,  Alberto Arbasino.

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