di Rina Brundu. Sono giorni di intensa attività per la macchina burocratico-politica italica: bisogna eleggere un presidente della Repubblica e bisogna tentar di farlo senza farsi ridere dietro troppo. L’ordine di Matteo Renzi è imperativo e categorico: ce ne freghiamo dei mezzi che ci offre la Costituzione per garantire che il presidente eletto sia espressione libera della classe politica (suo malgrado) scelta dal popolo, trastulliamoci con le schede bianche durante le prime tre votazioni e poi alla quarta, quando basta la maggioranza assoluta dell’assemblea, puntiamo direttamente sul nostro asso: la democrazia sarà servita! In the meantime, keep your mouths shut!
Mi chiedo, ma in che maniera – qualora si fosse costretti a farlo – si dovrebbe spiegare il deleterio status-quo ad un bambino, ad un giovane che guarda. Mi chiedo soprattutto come e quando sia accaduto che questa nostra nazione sostanzialmente democratica abbia toccato il fondo. Mi domando, inoltre, – ma se simili escatomages fossero stati usati negli Stati Uniti – cosa sarebbe successo in un Paese che ha fatto del principio di libertà e di onestà-politica (almeno quella di facciata, come solo può essere la verità “politica”) la sua bandiera. Mi faccio questo domande ma non so trovare una risposta. Vero è che il nostro concetto di “democrazia” è per sua natura ancora molto provinciale, ma se fosse tutta una questione di stile?
Per vantare lo stile dirigenziale e ad un tempo da gentile-signore-della-porta-accanto che è ormai proprio di Obama, ci vogliono senz’altro anni di studio, di esercizio e spin-doctors pagati profumatamente, nonché uno stuolo di professionisti che controllino ogni tua mossa, gesto, finanche tic facciale. Del resto, come potrebbe essere altrimenti quando si è il primo rappresentante della nazione più potente del pianeta? Tutto chiaro. Comprensibile. Comprensibilissimo. Ma che dire allora dello stile del giovanissimo Alexis Tsipras, fresco primo ministro di uno dei paesi più economicamente inguaiati? Di fatto ha colpito la sua freschezza, la sua spontaneità (a differenza di Renzi, Tsipras non guarda mai se l’obiettivo lo sta riprendendo ma guarda in faccia il suo interlocutore e gli sorride), la sua onesta contentezza bambinesca che come per miracolo è riuscito a trasformarlo da spauracchio delle borse di mezzo mondo in simbolo di una rinascita economico-politica diversa. E possibile.
Non so cosa determini quel “quid” che fa la differenza anche nelle questioni di “stile”; intuisco però che debba essere inversamente proporzionale alla furbizia comunicativa che si riesce a mettere in campo pur di raggiungere il risultato. Per certo si può dire che questo “quid” non sia dote naturale di Matteo Renzi come testimoniano anche i risultati degli ultimi sondaggi politici che vedono il suo gradimento “post-indefesso-lavoro” cadere a picco dale stelle alle stalle. Ad onore di verità, non sarebbe azzardato aggiungere che a suo tempo, persino lo stile del Berlusconi cotretto tra l’incudine che era la stampa-di-sinistra-contro e il martello delle assurde agiografie con cui tentavano di eternarlo i suoi “galoppini”, palesava una maggior dignità…. Un esempio? Basti ricordare quei mesi e mesi, forse anni, in cui il Premier in carica scelse di non farsi vedere in tv procurando il maggior sconforto di tutti i bruni-vespa nostrani… Poi naturalmente tornò… ma queste sono altre storie, fortunatamente finite!
Featured image, Alexis Tsipras.