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Quello che il renzismo non dice (90) – Se la “resistenza” politica diventa DOVERE MORALE.

Creato il 22 marzo 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Partigiani_sfilano_per_le_strade_di_milanodi Rina Brundu. Mi ha colpito un commento in calce a uno dei tanti articoli che questa mattina raccontavano l’ennesimo passo-avanti del renzismo: ovvero, il settaggio dell’asticella della “moralità” politica un tantino più in alto. In virtù di questo nuovo “exploit”, essere indagati dalla magistratura non è politicamente riprovevole, non determina alcuno scrupolo di carattere morale e di conseguenza non si pone il lecito dilemma del doveroso passo-indietro, di un eventuale abbandono della poltrona, neppure momentaneo.

“Perché non abbiamo il coraggio di chiamarlo con il suo nome?” si chiedeva un sagace commentatore. “Quello che viviamo è un REGIME. Certo, un regime fanfarone in pieno stile italiano ma sempre di regime si tratta!”. C’é tanta verità in quest’altra “illuminazione” improvvisa e c’é tanto motivo di preoccupazione per le sorti della nostra democrazia. Per la prima volta dai mitici anni 60 ci si sente in dovere di spolverare un vocabolario che pensavamo consegnato agli scaffali della Storia per sempre. Parole come “resistenza”, “lotta politica”, “moralità amministrativa e istituzionale”, finanche “libertà civile” riprendono ad avere quel giusto senso che avevamo completamente dimenticato.

Forse il tutto è dovuto al fatto che la “casta” che avevamo nutrito fino ad ora, quella d’antan, quella socialista, comunista, democristiana, quella delle infinite coalizioni, del fatta la legge trovato l’inganno, del politichese forbito e forgiato nel dettaglio, poneva comunque molta attenzione nel mantenere una parvenza di modalità democratica. Anche il berlusconismo – per quanto vituperato, o forse proprio per questo – ha sempre mantenuto un dato “rispetto” del sentire altrui, si è sempre autoimposto un limite oltre cui non era consentito andare.

Col renzismo – e in virtù dell’ideologia pseudo-rottamante che lo sostiene, secondo la quale tutto è concesso perché il presente politico-amministrativo sarebbe il male minore (chi l’ha detto?) – è invece venuto a mancare completamente quel sentimento di “vergogna” che a suo modo frenava gli “ismi” che lo hanno preceduto. Al tempo del Renzi I ogni mood, ogni esternazione dell’Esecutivo in carica, è diventata lecita, a condizione che tale “perla” sia stata enunciata dal Verbo. Ad un tempo tale imperioso “dettame” si può modellare come il Verbo meglio ritiene, customizzarlo alle necessità morali e contingenti.

Fa senz’altro “strano” raccontarla così, ma fa ancora più strano scoprire che quell’anonimo commentatore di cui sopra ha ragione. Solo pochi decenni fa un simile status-quo avrebbe segnato l’inizio di una dittatura da regime nord-africano; se oggidì così non è possiamo solamente ringraziare il contesto europeo e democratico, nonché virtuale, che viviamo, il quale permette davvero a tutti i cittadini di mettersi comunque en-guard. Eppurtuttavia è indubbio che di questi tempi la “resistenza politica” al renzismo sia diventata per tutti noi un DOVERE MORALE. Il dovere di tramandare ai nostri figli il paese democratico che i nostri nonni hanno plasmato: con il loro sangue non con la dialettica retorica e post-edonistica.

Featured image, partigiani italiani sfilano per le strade di Milano appena liberate nel 1945.

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