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Quello con i soldi

Creato il 22 gennaio 2010 da Lindaluna
Una persona che segue il mio blog mi ha chiesto: “Ma uno con i soldi non l’hai mai incontrato?”
Ovviamente sì, ma era quello sbagliato.
E non per la storia dei soldi che non comprano l’amore, come ci insegnano Flavio Briatore e sua moglie. No. Il problema era un altro.
Questo tizio con i suoi soldi voleva farci solo ed esclusivamente quello che voleva lui.
E’ giusto? Ma come è giusto? E allora dov’è l’affare, scusate?
Ti metti con un portafogli con un uomo intorno, e quello si comporta come un erogatore impazzito, che va sempre nella direzione sbagliata.
No, no. Articolo difettoso da restituire subito.
Mi comprava cose assurde, che non avevano nulla a che vedere con i miei gusti.
Roba con le piume, strass, pizzi.
Pensai che forse era alla ricerca di un trans. Però poi passò alla fase fiocchi, nastri e merletti, e mi confuse le idee.
Una volta si presentò con degli stivali di Fendi tutti borchiati, con zero tacco e pellicciotto rosso strabordante.
“Ma insomma, pure Claudia Shiffer con questi cosi sembrerebbe un’esquimese gobba.
Cosa ti fa pensare che al mio polpaccio doni il tacco raso terra e la pelliccia di scoiattolo assassinato! Un semplice paio di stivali neri, tacco dodici – che ne ho bisogno - no?”
La cosa che mi fece incazzare di più fu che con quella cifra io mi sarei rifatta il guardaroba.
Misi quegli stivali solo una volta, per andare in ufficio, sperando che passassero inosservati.
Illusa.
“Stamattina si va a caccia di balene?”
“Ce la fai a salire sulla sedia o ti prendo in braccio?”
“Che ti sei messa due cincillà nei calzini?
Arrrrgh!
Era fatto così, decideva quello che voleva per me, se mi stava bene, ok, altrimenti niente.
Un giorno mi accompagnò dal parrucchiere. Mentre quello tagliuzzava, l’ex-emplare sfogliava un catalogo con certe modelle superatomiche. Ad un certo punto si alza e viene verso di noi con la faccia invasata.
“Fammela così!” Dice al mio parrucchiere.
“Parli di me? E che sono una pizza?”
L’esagitato indicava una modella con i capelli rosso Tiziano striati di ciocche d’oro, nel senso che alla base dei capelli erano intrecciati proprio dei fili d’oro.
Al mio parrucchiere si fecero gli occhi così: $ $.
“Bene! Questa è un’acconciatura molto impegnativa e costosa, ci vorrà molto tempo…”
Ma io intervenni in scivolata
“Vai a sederti per favore. Valerio tu fai il solito. Non dobbiamo andare alla Notte degli Oscar.”
“Ma a me piace così!”
“Guardi, se proprio le piace potremmo vedere di…”
”Non vediamo niente! Fatteli mettere tu i capelli alla Wonder Woman!”
Lui si arrese e tornò a sedersi sognando modelle con ciocche da cento euro l’una.
Alla fine indovinate chi pagò il parrucchiere?
Un’altra volta l’ex-emplare venne a prendermi in piscina con quell’aria pericolosamente raggiante.
“Ti voglio fare un bel regalo!”
“Ma non è necessario…”
Non volevo fare complimenti, ormai avevo imparato.
Infatti mi trascinò nell’atelier più vetusto, costoso e pretenzioso della città.
E quando dico “trascinò” non uso un eufemismo.
Provai ad attaccarmi al palo della luce, ad una cabina telefonica, ad una signora con passeggino. Ma niente da fare.
Tentai un’ultima resistenza aggrappandomi all’anta chiusa della porta di ingresso, che però cedette aprendosi di botto e catapultandomi al centro dell’atelier.
Tutto questo sotto gli sguardi impassibili di due cariatidi messe lì a servire le clienti.
“Prego signora, si accomodi”
Lo sguardo di una di loro cedette per un attimo alla vista del mio abbigliamento.
Ne vengo dalla piscina, madame, mica dal concorso di bellezza per barboncini.
Una prese in consegna il mio bomberino nero, tenendolo come un topo morto, l’altra cominciò a mettermi addosso nell’ordine un cappotto rosa confetto, un soprabito celeste angelo e una giacca giallo paradiso.
Non capivo quell’ebete cosa avesse da guardare con quell’aria appassionata. Io nello specchio vedevo solo una specie di Troll camuffato da caramella.
Se avessi riposto uno di quei capi nel mio guardaroba, con ogni probabilità i miei vestiti l’avrebbero preso a botte. Bullismo tessile.
Ero avvilita. Quel cretino non mi poteva pagare qualcosa di più utile con tutti quei soldi? Che ne so, il tesserino per la piscina, l’assicurazione della macchina, una capsula nuova al molare!
Intanto ad una delle due mummie il rossetto arancio aveva invaso i denti e minacciava pericolosamente mento e naso. All’altra penzolavano dalle palpebre le ciglia finte in procinto di scollarsi.
Che schifo. Voglio le commesse smutandate della Benetton!
Alla fine quella con le ciglia cascanti mi mise addosso una palandrana di broccato color oro, verde e turchese, che costava quanto un motorino.
“Mamma mia, sembro la nonna di Alì Babà”
La vecchia mi sentì e riportò via stizzita quel monumento che stava in piedi anche da solo.
“Ce ne vogliamo andare di qui?! Alla Sisley ci sono dei saldi pazzeschi!”
“Quella roba te la puoi comprare pure da sola.”
Adesso convenite con me che l’affare non c’era?
Concludo con questo episodio e ditemi se avevo torto.
Pasqua.
Bussano alla porta, vado ad aprire e trovo un uovo di cioccolato alto quanto me, avvolto nel cellophane trasparente. Sul davanti un cuore enorme e la scritta “Ti amo”.
Che romantico? Aspettate un attimo.
Glie l’avrò ripetuto centinaia di volte che a me piace UN SOLO tipo di cioccolata.
Lindt al latte. Al massimo con le nocciole. Stop. Semplice e veloce.
Non costa poi questa cifra, si trova ovunque, pure in macelleria, sottoforma di tutto: tavoletta, pallettoni, uovo, coniglio, gallina, Babbo Natale e forse anche Berlusconi.
Uè, quell’uovo di dinosauro non era di cioccolato fondente?
Porca miseria e che stizza!
Squilla il cellulare. È lui.
Ok, controllo.
“Hai ricevuto il regalino”
“Eh, sì, grazie, sono dovuta uscire di casa per farcelo entrare”
Controllo.
“Visto che bello? Lo so che non ti piace, ma questo laboratorio artigianale fa solo cioccolato fondente. Ci sono andato apposta perché mi hanno detto che fa le uova della misura che vuoi tu.
Ne ho chiesto uno alto e pesante esattamente quanto te.”
Ma che carino. Un gemello uovo. Controllo.
“Ho capito. E… un ovettino Lindt al latte no?”
“Ma dai! La Lindt, non le fa queste cose in grande.”
“Già. E hai qualche idea di cosa dovrei farci adesso con questo meteorite?”
“Eh, non lo so, lo sciogli nel latte al mattino.”
“Come no, perché io a colazione c’ho la Nazionale di calcio.”
“Spero di no. Comunque qual è il problema? Non mangiarlo, tienilo così com’è, per bellezza.”
“Giusto. Adesso gli pago pure l’affitto di un monolocale, all’uovo”.
“Ma sei nervosa?”
“No. SONO INCAZZATA, perché hai gettato una cifra pari al mio stipendio per comprare una cosa che sapevi non mi sarebbe piaciuta, solo perché piaceva a te! Adesso vienitelo a riprendere questo frittatone e non comprarmi MAI più niente! Perché tu non SAI comprare niente. Consegni soldi qua e là come la lotteria Italia, senza un criterio logico! Se ti dicessi che ho fame mi compreresti un lucido per scarpe, se ti dicessi che ho freddo, mi compreresti una pomata per le emorroidi!”
Non avevamo detto “controllo”? Vabbè.
Chiusi il telefono e guardai il mostro.
Sperai di rifarmi con la sorpresa.
Provai a spostarlo dall’ingresso ma senza successo.
“Porca miseria, peso così tanto io!?!”
Tolsi il cellophane e andai a prendere un martello.
Salii su una sedia e…sbam! sbam! sbam!
Alla terza martellata il gigantuovo si aprì in due.
Una metà si abbatté sul portaombrelli di ceramica mandandolo in pezzi.
L’altra metà si sfracellò su una pianta già moribonda, stampandola sul pavimento.
Da questo disastro venne fuori il peluche più brutto che avessi mai visto in vita mia.
Colore carota, orecchie da coniglio, naso a proboscide, zampe caprine e nessuna traccia degli occhi.
L’invasore di cioccolato conteneva un alieno.
In conclusione, io dico che un uomo con i soldi è come un’aspirina: serve sempre e male non fa.
Ma un uomo che non sa usare i propri soldi è come un vigile urbano: inutile la maggior parte del tempo e pericoloso quando si mette in funzione.

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