Quello offerto dal senatore Mario Monti è un esempio di come la rete – in questo caso mediante il suo account Twitter – può essere sfruttata come canale puramente divulgativo. Certo, chi legge i suoi tweet può rispondergli, e lui (o il suo staff) eventualmente potrebbe leggere queste risposte e controbattere, ma il fatto che chi gestisce questo account non segua nessuno (si noti quel 0 following) può avere due chiavi di lettura:
- l’intenzione di rimanere dichiaratamente super partes e di non voler esprimere un possibile accostamento ad altri Twitters appartenenti a determinati schieramenti
- la totale chiusura al contributo e alle opinioni altrui.
La prima ipotesi “ci può stare”, ma uno potrebbe anche essere follower di un primo ministro o capo di stato estero, oltre che di amici e famigliari, senza necessariamente manifestare accostamenti politici.
La seconda ipotesi (che comunque non esclude la prima) inquadra questo utilizzo nella sua funzione broadcast, che è come avere un canale televisivo o radiofonico, o un giornale. Non c’è interattività, e quindi manca una delle componenti essenziali che dovrebbero determinare la scelta di Twitter come piattaforma di comunicazione. A questa stregua, avrebbe potuto aprire un blog come quello di Beppe Grillo.