Lo sposalizio Orsoni – PD non poteva funzionare. Quattro anni fa gliel’ho letto in faccia che qualcosa non andava…
Il Partito però ha detto che era la persona giusta: capace, affidabile, discreta (e questa caratteristica adesso mi fa pensare). Ero ingenua e fedele: se era lui il nostro uomo, se serviva lui per fare fuori Brunetta “il fastidioso”, allora avanti tutta.
I giovani in campagna elettorale sono molto richiesti. Stanno bene sulle foto di gruppo dei giornali insieme ai candidati. Fanno notizia. Una allegra cornice. E poi era commovente vedere un candidato “anziano” sostenere un candidato più giovane. Il rinnovamento dicevano. Poi , una volta arrivati al sodo, i giovani sarebbero stati scaricati senza tanti complimenti, ma questo i giovani lo sapranno solo ad elezioni concluse (beata ingenuità ed inesperienza). Le poltrone valgono di più dei buoni propositi.
Noi giovani eravamo un po’ VIP, venivamo invitati a tutti gli incontri. L’ho visto quindi più volte Orsoni parlare in pubblico e ogni volta non mi ha convinta. Quell’aspetto da Babbo Natale (e spesso lo chiamavamo così), lo faceva apparire sicuramente bonario ed affidabile, ma aveva sempre quell’espressione spenta, sembrava fosse altrove: stringeva mani di persone che non guardava, sorrideva con difficoltà, presenziava di malavoglia. Aveva l’appeal di un ragno peloso, l’entusiasmo di un salice piangente.
Ha parlato anche a Campalto una mattina al Bar ai Cacciatori. In terraferma era un pesce fuor d’acqua (metafora quanto mai azzeccata). Ci ha trattati da sconosciuti, noi elettori da periferia. Ci ha promesso di tornare a trovarci, di essere vicini ai problemi dell’entroterra un po’ dimenticato. Sapevo già che erano promesse da marinaio.
Qualche giorno dopo, a Mestre, al Teatro Corso era prevista la presentazione ufficiale del programma del Candidato Sindaco. La sala era piena, la gente lo aspettava. E poi finalmente arriva, in ritardo, con la solita aria spaesata.
Gli mettono in mano un foglio con degli appunti e lo spingono sul palco. E’ imbarazzato, a disagio. Io gliel’ho letta in faccia quell’espressione che diceva: “Perché sono qui? chi me l’ha fatto fare?”.
Pedina di un malsano progetto politico che forse gli è sfuggito di mano?
E oggi, a distanza di quattro anni, ricordo chiaramente quello sguardo.
Non ci credo a chi dice che è stata solo colpa sua. Qualcuno l’ha messo lì, imboccato, incoraggiato e poi aiutato a spartire (o spartito per lui).
Non credo si sia fatto incastrare e sia un incolpevole capro espiatorio, ma sono sicura che dietro a questa brutta storia non ci sia solo lui. Ne sono certa ma non ho dati, non ho prove, solo un po’ di capacità di osservazione.