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Questa terra è la mia terra, di Woody Guthrie

Creato il 28 gennaio 2011 da Libriconsigliati

Questa terra è la mia terra

Questa terra è la mia terra

Questa terra è la mia terra

Autore: Woody Guthrie

Editore: Marcos y Marcos
Pagine: 378
Prezzo: € 16,00
Pubblicazione: 2006 (@Riscoperti)
ISBN: 978-88-7168-199-1

Valutazione Libri Consigliati: imperdibile.

È l’America dei vagabondi in viaggio, delle grandi metropoli, dei salti da un vagone all’altro per raggiungere una meta che forse neanche esiste. È l’America che non c’è.  O che forse esiste ancora, ma solo nel cuore della gente più umile. È tutto quello di cui ci parla Woody Guthrie, uno dei più grandi poeti e cantautori americani, punto di riferimento di molti artisti; tanto per citarne uno, Bob Dylan, il quale ebbe la fortuna di conoscerlo qualche anno prima che morisse su un letto d’ospedale nell’ottobre del 1967, ormai sfinito dal morbo di Huntington.

Dimenticato, tra i tanti altri nomi, per il suo spirito anticonformista e rivoluzionario, Woody Guthrie prese la decisione di vivere “in viaggio”, armato solo di una chitarra, sperduto in una società – quella americana di fine anni ’40 – borghese, iconoclasta, capace di giudicare spietatamente coloro ritenuti diversi o reietti, così da emarginarli definitivamente. Woody Guthrie decise con fermezza di dar voce a tutti loro: agli sconfitti, ai perdenti, ai diseredati, ai vagabondi, vittime del loro stesso destino, voci impercettibili nella società. Forse perché in fondo si sentiva come loro, semplicemente “diverso”. Lo ha fatto con canzoni e poesie che ha dedicato a loro; e lo ha fatto anche con la propria autobiografia che prende il nome dalla sua canzone più conosciuta, “This land is my land”, ovvero Questa terra è la mia terra (traduzione di Bound for Glory).

Il giovane Woody ben presto abbandona la città natale di Okemah, nello stato dell’Oklahoma, a seguito di una serie di tragedie familiari che lo segneranno per tutta la vita: il crac finanziario del padre, la sorella morta in un incidente domestico, la madre ricoverata per una strana malattia. Così il ragazzo intraprende un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti, arrangiandosi come può, facendo qualsiasi genere di lavoro o adattandosi a suonare pezzi folk con band di strada. Il resto è Storia.

Oltre a essere la sua vita su carta, l’opera è una sorta di reportage dell’America a lui contemporanea, figlia della grande crisi economica, che mette in luce, con estrema lucidità, gli aspetti più degradanti della povertà raccolta ai bordi delle strade di periferia o lungo i binari su cui scorrono vagoni merci e miseria umana. Nel romanzo di Guthrie, l’America dalla faccia sporca non perde mai la propria dignità, nonostante le difficoltà e la voglia di ribellarsi contro un sistema senza scrupoli. Per mezzo della chitarra, usata come fosse una macchina da scrivere, l’autore racconta la realtà che naturalmente gli si presenta agli occhi, per poi proseguire sempre più a fondo nella sua personale odissea:

Non so per quanto dovrò cercarlo, ma so che troverò un posto dove poter cantare quello che voglio. Ho il cervello pieno di idee per chissà quante canzoni, e mi sento come un albero carico di fiori e di colori. Canterò in tutti i posti dove mi staranno a sentire e ci penserà la gente a non farmi morire di fame.

Guthrie si mette alla ricerca dello “spirito americano” con l’umiltà di chi è incapace di scendere a patti se in gioco ci sono libertà individuali e rispetto sociale; anche a costo di protestare e impegnarsi in prima persona contro i nemici dei diritti fondamentali:

Devo confessare che la cosa che mi diverte di più è trovare un modo nelle mie ballate e nelle mie canzoni di sputare il rospo, di dire francamente quello che mi frulla per la testa. Adoro protestare sulle cose sulle quali vedo che c’è bisogno di protestare, come le situazioni tristi e spiacevoli che mi trovo davanti, i tumulti, i linciaggi, i bombardamenti, gli incendi, le uccisioni, tutte cose che succedono quando ci si lascia spaventare da ogni ombra, ogni forma, ogni accenno, ogni genere di odio razziale”.

È il suo modo di scrivere onestamente che rende questo libro una delle più interessanti e credibili testimonianze americane. Attraverso il coraggio delle proprie opinioni portate avanti con ostinazione fino alle ultime pagine del romanzo. Stavolta tocca quindi alle sue parole e al suo “sguardo” musicale, il compito di svelare l’America profonda degli anni ‘40, intollerante, razzista, povera, ma anche solidale e fraterna con tutte le sue contraddizioni, pronta ancora a credere nei valori da cui è nata e in un sogno che, col passare degli anni, diverrà sempre più lontano.

I numerosi slanci poetici, nascosti tra una descrizione e l’altra del viaggio, impreziosiscono il racconto come piccoli gioielli di vita, riportando alla mente lo stesso sguardo poetico di Walt Whitman, assieme a quello di tanti altri testimoni-scrittori della grande letteratura americana di metà Ottocento. Eppure lo stile è secco, immediato, a metà tra il resoconto di viaggio e un romanzo vero e proprio; il tono gergale e fantasioso – tipico del folk singer che Woody Guthrie era – anticipa i ritmi irrefrenabili della Beat Generation. Il lettore ha come l’impressione di viaggiare con lui in quella terra che è “sua” ma anche nostra, fatta di “muratori, falegnami, carrettieri, orde di commercianti di cavalli e affollatissimi e sgangheratissimi carri di girovaghi. Giocatori d’azzardo, ruffiani, prostitute, spacciatori di droga e venditori di cianfrusaglie, suonatori ambulanti e cantanti di strada, predicatori che sbraitavano invocando l’amore fra gli uomini e chiedevano l’elemosina agli angoli delle strade, indiani in abiti variopinti e luridi che salmodiavano sui marciapiedi mentre i loro bambini accanto giocavano nella sporcizia e nella polvere di carbone; ma soprattutto intrisa di uno spirito che Guthrie ha cercato di interpretare – anche con le sue canzoni – restando, anch’egli come l’oggetto della sua narrazione di cui ci parla con grande orgoglio critico, perennemente in movimento, mutevole.

Filippo Infante per Libri Consigliati

L’AUTORE

Woody Guthrie

Woody Guthrie

Dimenticato per decenni forse a causa del suo spirito rivoluzionario, sempre fuori dal coro, Woody Guthrie (1912 – 1967) è stato il più grande poeta e cantautore popolare americano. Ben due generazioni di folksinger debbono qualcosa a quest’uomo leggendario, che con grande modestia scrisse di se stesso: “In fondo, sono come un fotografo senza macchina fotografica… perciò in realtà considero voi il poeta e voi il cantante, perché voi leggerete queste righe con una voce che ha più musica della mia”.
Negli ultimi anni, Guthrie è stato riscoperto grazie al tributo di alcuni fra i più importanti personaggi del mondo della musica, da Pete Seeger a Bob Dylan, da John Mellencamp a Bruce Springsteen (tratto dal sito web di Marcos y Marcos).




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