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Questione di centimetri..

Creato il 13 novembre 2011 da Illcox @illcox

QUESTIONE DI CENTIMETRI..

Cominciamo col dire che non si tratta di ciò che alcuni di voi maliziosi pensa. Si, i centimetri contano anche nelle parti basse. Il mio, però, è un discorso un po’ più ampio. Si dice spesso che è importante cogliere l’attimo, che bisogna avere tempismo nello sfruttare le situazioni. Concordo. Ma a mio avviso, viene messo in secondo piano il fatto che la vita sia anche, questione di centimetri. Non sono un assolutista. Per intenderci non appartengo alla categoria di quelli che affermano con sicurezza “la vita è….” Coloro che hanno sempre certezze mi fanno un po’ paura. A mio modo di vedere, la vita è un insieme variegato di situazioni, fattori e circostanze . Vorrei, però, soffermarmi sul fatto che nella vita i centimetri sono importanti. Mi spiego con una serie d’esempi.

La distanza che separa Pescara da Parigi è di 116.300 centimetri. Quella che divide la capitale francese da New York è di 583.800 centimetri; per un totale di 700.100 centimetri. A me nell’estate del 1997 ne bastarono 200 per cambiare radicalmente la mia vita. Era il il 23 agosto. Insieme a quattro dei miei più cari amici decidemmo di andare in vacanza a Parigi. Ero stato appena mollato dalla mia ex e da quella vacanza volevo solo un po’ di spensieratezza e divertimento. La mattina del 23 decidemmo di andare alla Torre Eiffel. Arrivati alla sua imponente base c’erano due file per salirvi. Decidemmo di metterci in quella sul lato sud. Decisione che mi portò a 200 centimetri da ciò che avrebbe cambiato la mia vita per i prossimi 10 anni. A 200 centimetri da me c’era, infatti, Eliza. Newyorkese purosangue, bella e misteriosa come un dipinto di Jan Vermeer. Anche lei in vacanza per fuggire da un rapporto fallito. Non vi racconto gli ultimi 10 anni, sarà per un’ altra occasione. Anzi, li ci sarebbe da scrivere un libro. Vi dico solo che la sera stessa che la incontrai facemmo l’amore. A dire il vero fu sesso, l’amore venne dopo. Nei giorni seguenti ci vedemmo. Ancora sesso e tanto divertimento, Poi le nostre strade si separarono. Tornato a Pescara, non avevo un suo contatto e per me la storia era chiusa.
Qualche settimana dopo, tornano a farsi sentire i centimetri. Ero sulla riviera di Pescara a giocare a basket con Alessandro con il quale ero andato a Parigi e che aveva conosciuto e apprezzato, per usare un eufenismo, Eliza. A fine partita, parlando del più e del meno, uscì il discorso Eliza e lui mi chiese se l’avessi risentita. Alchè gli dissi di non avere nessun contatto e che ci contassi poco. A quel punto Alessandro lanciò una sfida. “A Massi, se la metti da oltre centrocampo la rincontri”. Essendo uno che vive sempre “on the edge” raccolgo la sfida, pur sapendo che metterla o meno non avrebbe cambiato nulla. Mi preparo, faccio un paio di passi e parte la bomba. La direzione c’era, la forza pure, la palla imapattò sulla parte frontale del ferro impennandosi. Poi ricadde verticalmente insaccandosi. Canestro! Era tutta l’estate che alla fine di ogni partita facevamo questa sfida. Un tiro secco a testa e chi perdeva pagava il gelato. Finivamo sempre per comprarsi ognuno il proprio gelato visto che non l’avevamo mai messa. Alessandro sbotta “E vaiiiiiiii. E’ un segno del destino!” “Sci, sci…sicuro. Ma sparati!” gli rispondo
Tre giorni dopo, all’una del mattino, arriva una telefonata che mette in subuglio la mia famiglia. Mia mamma subito a pensare che fosse morto qualcuno. Rispondo io. Era Eliza. Non so come avesse fatto ma era riuscita a procurarsi il mio numero di telefono. Con il mio inglese maccheronico, riesco a salutarla e a farmi dare il suo indirizzo e telefono. Due mesi dopo ci vedemmo a Roma e da lì parti’ la storia che vi raccontero’ in un’altra occasione. Ora, il fatto che avessi segnato quel canestro non aveva rilevanza a livello razionale, ma per gli scaramantici o quelli che vogliono sempre leggere qualcosa in cio’ che accade, sarebbe bastato un centimetro in meno e quella palla non sarebbe entrata. Appunto, questione di centimetri.

E parlando di basket anche lì le misure contano. Pur se non si direbbe, vista l’altezza, sono un discreto giocatore. Ho giocato a pallacanestro fino al’età di 12 anni. A quei tempi ero uno dei più alti del mio gruppo di amici. Poi quando arrivò il momento dello sviluppo qualcosa deve essere successo perchè madre natura si scordò di me. Gli altri fecero il fatidico sviluppo, io ancora l’aspetto. Mia madre mi diceva sempre “Altezza metà bellezza”. Questo detto mi ha sempre fatto incazzare. Tanta invidia naturalmente. Anche se, a dir il vero, ho i miei dubbi sulla sua veridicità. Soprattutto nella descrizione di un uomo si tende a dire “E’ un bel ragazzo…E’ alto!” Che cazzo vuol dire? Pure Dino Meneghin lo è ma non si può guardare. Sembra un quadro di Picasso. L’espressione “è alto” per gli uomini, a volte, mi sembra l’equivalente di “è simpatica” per le donna. Io ti ho chiesto com’è fisicamente, mica ti ho chiesto se mi avrebbe fatto piacere parlarci! Mi rendo perfettamente conto che la mia sia una battaglia persa. Purtroppo continuerà a essere un mondo nel quale gli alti, indipendentemente dal fatto che siano brutti, sgraziati o goffi, avranno sempre un leggero vantaggio su quelli “normali” come me. Appunto, questione di centimetri.

E per finire l’esempio più importante di quanto i centimetri possano fare la differenza e cambiare radicalmente la vita di una persona. Qualche mese fa, Dorothy, una ragazza cosnosciuta qui New York e poi diventata una cara amica, doveva andare ad un ricevimento al Lincoln Center di New York. L’occasione era un concerto di Allevi. La passai a prendere. Arrivato al suo appartamento, la trovai ad aspettarmi già pronta. Come si direbbe negli States era “stunning”. Indossava un semplice vestitino a collo alto che evidenziava ancora di più il suo lungo collo. Tacchi da capogiro è un’acconciatura che incastonava il suo volto alla perfezione. Un trucco leggerissimo. Veramente incantevole. Lei mi accolse con un sorriso tirato e degli occhi che indicavano che qualcosa non andasse per il verso giusto. Effettivamente era così. Dorothy aveva un “grande problema”. Nel farsi le sopracciglia, aveva fatto un classico errore. Per cercare di pareggiare la destra con la sinistra, aveva iniziato a tirare via ciglia fino a quando si era formato un gap più ampio del normale. Non mi ero accorto di una minchia. Ero ancora impegnato a recuperare la lingua che si era srotolata fino ai piedi. Effettivamente, il gap fra le sopracciglia c’era ma sono sicuro che sarebbe passato inosservato. Per lei, invece, diventò una questione di vita o di morte, al punto da rinunciare al ricevimento. Provai a convincerla, ma non ci fu niente da fare. Era inamovibile. Probabilmente non aveva tanta voglia di andare alla festa, ma diciamo che quel centimetro in più fu la goccia che fece traboccare il vaso. Andai solo. Serata stupenda. Tanta bella gente, ottimo cibo e bella musica. Conobbi anche un ragazzo molto simpatico e carino di Roma, Flavio, che era a New York per fare uno stage alla NBC. Era solo. Parlammo e scherzammo per tutta la serata e gli presentai le persone che conoscevo. Gli feci un po’ da Cicerone. Diventammo amici su FB e circa quattro mesi dopo mi invitò ad un altro ricevimento. Questa volta alla Reinbow Room, in cima al Rockafeller Center, dove ha gli studi la NBC. Uno dei posti più esclusivi e affascinanti di New York. Accettai l’invito e portai con me Dorothy che, come al solito, era stupenda, “gorgeous” a dir poco. Arrivati alla festa, ecco farsi avanti Flavio. Lo presento a Dorothy. I due scambiano quattro chiacchiere. Sembrava esserci una certa affinità. Poi Flavio si allontana. A quel punto Dorothy si gira verso me. Era in brodo di giuggiole.
Mi chiede ansiosa “Ma lo conosci bene? E’ troppo bello. Ho sentito a pelle qualcosa. Non mi era mai successo di provare queste sensazioni. Penso che sia un colpo di fulmine. Mamma mia…che faccio ora? Che faccio!!”
“Prima di tutto calmati” le rispondo “Non ti preoccupare. Quando torna ti faccio da spalla. Anche se non hai bisogno. Ma ti sei vista? Avrai fatto sicuramente colpo. Sii te stessa e soprattutto rilassati.” Le dissi per cercare di calmarla
“Ok” mi risponde ansiosa aggiungendo “Ero venuta a New York per trovare l’uomo della mia vita e forse l’ho trovato. Ti giuro Massimo, non mi sono mai sentita così. Sopratutto io che non credo nei colpi di fulmine…Mio dio, sta arrivando!”
Effettivamente Flavio si stava dirigendo verso di noi, ma non era solo. “Massimo ti voglio presentare Ellen- mi dice- Ci siamo conosciuti a quella festa al Lincoln Center. Ricordi? Poco dopo che te ne eri andato via. Ci sposiamo fra 3 mesi ed in parte è merito tuo. Quella sera ero molto teso e tu mi hai aiutato a farmi sentire a mio agio. Non fosse stato per te me ne sarei andato via e non avrei mai incontrato la mia future moglie.” Giro lo sguardo verso la mia destra e vedo il volto di Dorothy. Sembrava una maschera di cera. Gli occhi erano velati. La delusione si vedeva lontana un miglio. Il sogno era sfumato e tutto per una questione di centimetri, in questo caso un centimetro. Quello in più fra le sopracciglia.


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